atteggiamento tipico degli uomini.

«Come sei arrivato qui, John?»

«Dravecky,» rispose l’uomo, senza nascondere una certa soddisfazione. «Persino gli psicopatici si vogliono liberare di te. Sei il rinnegato dei rinnegati. Non hai un posto dove andare.»

«C’e sempre un luogo,» disse Henrickson. «Trovare Dravecky e ucciderlo sara il primo obiettivo. Il numero due sara il suo amico della Sicurezza Nazionale a Los Angeles. Lo hai gia incontrato, Nina?»

«Si.»

«L’avevo immaginato. Non preoccuparti, sono molto meno importanti di quanto credano.»

Patrice vide l’uomo a terra muoversi improvvisamente. Aveva in mano una pistola, ma Henrickson si era mosso contemporaneamente, indietreggiando di altri due metri, e ora teneva la donna proprio davanti a se, facendosi scudo col suo corpo.

«Cosa farai, John? Le sparerai per prendere me?»

Patrice osservo il volto di Nina e capi che la donna non sapeva che cosa avrebbe deciso l’uomo a terra. Nina cerco di muoversi per concedere a John la possibilita di tirare su qualcosa che non fosse una parte del suo corpo, ma l’uomo dietro di lei era agile e rapido.

«Cos’e piu importante? Piazzarmi in corpo un proiettile per vendicare Karen e uccidere la tua amica? Forse dovrei risparmiarti la scelta e ucciderla subito.»

Zandt si era rimesso in piedi. La mano che teneva la pistola non sembrava molto ferma.

«Se la uccidi, io ti uccido,» disse.

Patrice era convinta che le speranze dell’uomo di battere Henrickson erano praticamente nulle. Sapeva che Henrickson ne era consapevole, ma sapeva anche che questo non avrebbe impedito all’altro di tentare lo stesso.

Poi si rese conto di una cosa: il suo aguzzino non aveva piu guardato verso di lei.

Henrickson non l’aveva piu degnata di uno sguardo da quando era ridisceso nella gola. Sapeva che questo non significava che si fosse dimenticato di lei. Era convinta che quell’uomo aveva il perfetto controllo della situazione, ma forse in quel momento le sue priorita erano altre.

Era in grado di farcela? Poteva saltare in avanti e gettarsi su di lui? Anche solo per sbilanciarlo quanto bastava per permettere all’altro di sparare?

Non ne era certa, ma penso che fosse il caso di provare.

Lentamente stese le braccia. Le facevano male come se qualcuno la stesse infilzando con ferri incandescenti. Cerco di muovere i piedi e il risultato non fu incoraggiante, ma non importava molto. Non aveva bisogno di arrivare a lui, doveva solo creare l’effetto sorpresa.

Si spinse in avanti.

Non si mosse. Ritento, ma era incapace di muoversi. Era come se qualcosa la tenesse inchiodata, era cosi irrigidita dal freddo, aveva le gambe cosi bloccate che…

No. C’era qualcosa che la teneva.

Giro lo sguardo. Qualcuno le aveva messo le mani sulle spalle. Volto la testa lentamente.

Tom Kozelek era accovacciato dietro di lei. Aveva uno strano odore, e con le sue mani enormi la tratteneva dolcemente per le spalle, impedendole di muoversi.

Tranquilla, le disse in un sussurro. Arriva qualcuno.

Poi la lascio e scomparve. Le sembro di sentire un leggero sciabordio nell’acqua dietro di se.

Non riusciva a muoversi, comunque. Dopo tutto, aveva le gambe congelate.

Avevo percorso i tre quarti del tronco, quando il mio piede scivolo. Come se avessi camminato sul ghiaccio calzando scarpe di ghiaccio. Stesi le braccia in avanti e pregai.

Atterrai sull’altro lato aggrappandomi a dei cespugli. Mi tirai su, mi feci strada tra rocce, radici e neve fino a quando trovai qualcosa su cui posare i piedi.

Cominciai a correre. I polmoni non mi facevano piu male e neppure le costole, la schiena e la spalla. I miei piedi sentivano ogni passo come se stessi correndo su un levigato prato all’inglese; i cespugli si dileguavano come sogni nebbiosi e gli alberi si aprivano per rivelare un passaggio che era sempre stato li, come se le montagne si fossero date la forma adeguata per accoglierlo. La mia visibilita era scarsa in mezzo alla neve che cadeva, ma sapevo dove dovevo andare — se fossi riuscito ad arrivare in tempo.

Fui costretto a risalire per una cinquantina di metri, poi curvai nuovamente a destra dirigendomi verso il ciglio della gola, che ora riuscivo a scorgere. Correvo veloce, senza preoccuparmi del rumore. Ormai era troppo tardi per farmi dei problemi.

Arrivato in cima scivolai dietro un albero e mi accovacciai di lato; estrassi la pistola, vi infilai un caricatore pieno, inspirai e mi alzai.

«Ciao Ward,» disse una voce da sotto. «Ti stavo aspettando.»

Feci mezzo passo avanti e poi mezzo verso l’albero. Guardai in basso nella gola. Vidi qualcuno sdraiato a terra ai piedi della parete sulla quale mi trovavo; teneva la pistola puntata davanti a se. Pensai subito che fosse Paul, ma poi mi accorsi che era John e capii che non era stato lui a pronunciare il mio nome.

A una decina di metri c’era Nina, su una linea diagonale rispetto al fiume. Aveva una posizione molto strana, proprio in mezzo al torrente. Poi vidi che aveva il braccio di un uomo intorno al collo e un’arma puntata alla tempia. L’uomo era Paul.

«Lasciala andare,» gridai.

«Non prima di averla uccisa.»

«Ti sparero.»

«Non credo. John non puo farlo, e nemmeno tu.»

Mi resi conto che aveva ragione. Si era messo dando la schiena alla parete opposta della gola. Con me e John entrambi dallo stesso lato, nessuno di noi due poteva sparare senza colpire Nina.

La guardai. «Fallo, Ward,» disse.

Feci un passo indietro per coprirmi. Paul sparo e io credetti che avesse ucciso Nina, ma poi capii che aveva puntato la pistola contro di me. Il proiettile mi passo vicino. L’arma torno immediatamente alla tempia di Nina.

«Si, fallo,» disse. «Dai, ora tocca a te.»

«Ward, sparagli, Cristo santo,» urlo John.

«Non e sulla mia linea di tiro.» Non sapevo che fare. Cercai di muovermi lungo la riva, ma Paul mi vide e modifico la sua posizione quanto bastava per proteggersi da me e da John.

«Cosa conti di fare adesso?» urlai. «Te ne torni a Seattle? E bene che tu sappia che non e esattamente dietro l’angolo.»

Paul si limito a ridere.

Per lui era come un gioco. Sapeva che stavo arrivando e mi aspettava. Voleva che fosse uno di noi a farlo, provocato fino al punto di commettere un terribile errore.

Altrimenti ci avrebbe pensato lui senza battere ciglio e allora sarebbe rimasto lui contro di me e contro un uomo ferito. Non nutrivo dei sentimenti particolarmente positivi nei confronti di John in quel momento, ma non potevo fare qualcosa che avrebbe potuto costargli la vita.

Proprio allora John sparo.

Manco il bersaglio. L’Homo Erectus fece un altro passo indietro trascinando Nina con se.

Guardai in su lungo la gola e mi resi conto che se l’avesse uccisa in quel momento e avesse poi risalito velocemente il torrente, sarebbe scomparso prima che io fossi riuscito ad avvicinarmi. Sapevo che il tempo a nostra disposizione stava scadendo.

Avrebbe ucciso Nina e poi sarebbe scappato.

Gli occhi di Nina erano fissi su di me. Vidi la sua mano che si muoveva. Sentii che mi diceva che quello era il momento di fare cio che ritenevo giusto e vedere come sarebbe andata.

Feci un passo indietro nella direzione da cui ero arrivato abbassando le braccia per un momento. Le mani si stavano congelando e cosi la mia testa, completamente vuota e al tempo stesso occupata da un unico pensiero.

Tutto quello che vedevo era il volto di Nina.

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