L’asciugatrice girava ancora.

Lei l’aveva programmata per un’ora.

Avrebbe dovuto fermarsi cinque minuti prima.

Raccolse il cesto e si avvicino alla macchina. Il timer indicava che mancavano quattro minuti.

Devo aver sbagliato a programmare il timer in cucina, concluse Pen.

Cosi, oppure qualcuno e stato qui e ha trafficato con il quadrante della macchina.

Sono diventata paranoica, devo piantarla.

Chinandosi, piego le dita sulla maniglia dello sportello dell’asciugatrice. A un tratto, ebbe paura di aprirla.

Dentro potrebbe esserci qualsiasi cosa.

Magari un gatto morto? Con un biglietto legato alla coda: «Che ne dici del gattino?»

Stai perdendo la testa, Pen.

Si costrinse ad aprire lo sportello. La macchina era ferma; e lei respiro alla vista di un lembo di un lenzuolo.

Si accovaccio e guardo nel cestello buio. Sembrava che non ci fosse niente tranne la biancheria.

Allungo il braccio nell’interno e afferro la stoffa calda con tutte e due le mani.

Niente le si aggrappo alle dita.

Certo che no.

Non c’era niente di strano, tranne che nella sua mente.

Pen sollevo un mucchio di panni e li lascio cadere nel cesto.

All’inferno, penso mentre allungava di nuovo il braccio. Ci sono un sacco di cose che non vanno, il mondo intero non va.

Ma nessuno mi ha lasciato un regalo.

Almeno lo spero.

Fini rapidamente di svuotare il cestello della macchina.

Mise l’asciugamano con il coltello sopra al mucchio di panni, sollevo il cesto e si affretto a uscire dalla lavanderia.

Meta piscina era in ombra, ma lei cammino sotto il sole e scosse la testa.

Un gatto morto nell’asciugatrice.

Topi famelici.

Dio santo, le cose sono gia abbastanza brutte senza che io mi inventi delle sorpresine.

Raggiunse le scale.

Quasi al sicuro.

Mentre le saliva immagino Manny che la guardava dalla finestra.

Lui e l’ultima delle mie preoccupazioni, penso Pen. E un verme, non e quello delle telefonate. Posso manovrarlo.

Fu tentata di guardarsi attorno mentre percorreva la balconata, ma se Manny la stava osservando, proprio non voleva saperlo. Apri la porta, entro in casa e chiuse l’uscio con la schiena.

Salva.

La serratura scatto dietro di lei. I telefoni erano staccati. Il fucile sotto il letto.

Nessuno puo farmi del male, ora.

Pen tiro un lungo e profondo sospiro cercando di calmarsi, poi porto il cesto nella sua camera e lo rovescio sul materasso.

Comincio a dividere la biancheria: lenzuola e federe da una parte, un altro mucchio per gli indumenti da stirare. Un terzo mucchio per la biancheria intima. Compiuta l’operazione, prese i reggiseni e li piego accuratamente nel cassetto. Poi fu la volta delle mutandine. Tranne quel paio di vecchie mutandine bianche che aveva indossato a letto quel famoso venerdi sera, gli indumenti erano nuovi e colorati. Rosse, azzurre, rosa, color lavanda.

Mancavano le mutandine nere.

Sapeva di averle messe in lavatrice.

Percio, dov’erano?

Frugo fra le altre pile di panni, pensando che le mutandine nere fossero rimaste impigliate in una camicetta o in un lenzuolo. Non c’erano. Controllo il cesto, il pavimento accanto al letto. Poi guardo ancora una volta fra i panni, piu attentamente stavolta, sollevando ogni indumento e scuotendolo, sperando che le mutandine saltassero fuori.

Non c’erano.

«Maledizione!» sussurro Pen.

Sentiva una morsa allo stomaco.

Doveva aver lasciato le mutandine nella lavatrice o nell’asciugatrice. Erano piccole e nere, era facile non vederle quando aveva rimosso gli altri panni dalle macchine. Di solito faceva scorrere le mani sul cestello di metallo per assicurarsi di non lasciarvi nulla. Quel giorno non l’aveva fatto. Era troppo preoccupata, troppo ansiosa di tornare a casa.

Bella mossa.

Non voleva ridiscendere. Voleva restare la al sicuro, con i telefoni staccati e magari bere un bicchiere di vino e fare un lungo bagno caldo.

Meglio prendere le mutandine prima che lo faccia qualcun altro.

Si affretto a uscire ed era a meta scala quando si accorse di non aver preso il coltello.

Batte la mano sulla tasca dei calzoncini e non senti le chiavi. Il suo cuore galoppava. Batte la mano sull’altra tasca. Non teneva mai le chiavi in quella tasca, ma erano proprio li.

Grazie a Dio.

Sarebbe stato davvero fantastico se fossi rimasta chiusa fuori casa.

Camminando vicino alla piscina, prese il mazzo di chiavi dalla tasca e scelse quella della lavanderia, tenendola in mano mentre raggiungeva lo stanzone.

Appena entrata, si chino sulla lavatrice per sbirciare dentro, tasto i bordi del cestello e fece scorrere le dita sotto la cima nel caso l’indumento fosse rimasto impigliato. Si accuccio davanti all’asciugatrice e ripete l’operazione. Controllo perfino la lavatrice che aveva usato per i panni bianchi. Poi guardo sul pavimento.

Le mutandine erano decisamente sparite.

Qualcuno era entrato e le aveva portate via.

Manny? E se non era Manny?

Con un gran freddo dentro, Pen si affretto a tornare nel suo appartamento. Si appoggio tremando alla porta.

Ora calmati.

Calmati, maledizione. Qualcuno ha preso le mutandine, le desiderava e le ha rubate. Ora sono nelle sue mani.

Mi ha osservato entrare e uscire dalla lavanderia.

Devo andarmene da qui.

17

Dopo essersi svegliato, Bodie passeggio fino al gazebo. Caccio le dita nell’acqua fredda della jacuzzi e ricordo il caldo ribollire della notte precedente. Pen cosi bella, Melanie in topless che flirtava e piu tardi completamente nuda, ansiosa di distogliere l’attenzione di Bodie da sua sorella.

Dov’e adesso Melanie? Rannicchiata nell’armadio di Harrison? Nascosta sotto il letto? Magari era stata colta in flagrante dal giovane avvocato.

Pensava di dover fare qualcosa in proposito, ma che cosa?

Giro attorno alla piattaforma di legno, trovo i controlli. Girare una manopola, accendere un interruttore, e probabilmente sarebbe uscita acqua calda.

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