Riappendi, penso lei. Ma se lo faccio, lui richiamera.
O verra qui. Sa che sono in casa.
Pen si ricordo del fucile. L’aveva lasciato in soggiorno, appoggiato contro il muro vicino alla porta, dietro le tende.
Lascialo venire. Fagli una bella sorpresa.
«Oppure avevi paura di rispondere al telefono? Non avrai paura di me, eh, dolcezza?»
«Perche dovrei aver paura?» ribatte Pen, cercando di tener ferma la voce.
Lui rise. Una risata quieta e sicura che le diede una stretta allo stomaco.
«Speravo che richiamassi», disse Pen.
«Davvero?»
«Le cose che hai detto… Ho ascoltato tante volte il nastro. Mi piace.»
«Ti eccita?»
«Certo. Mi sto eccitando anche ora.»
«Che cosa indossi?»
Niente. Pen avrebbe voluto prendere la vestaglia mentre si precipitava al telefono.
«Jeans e maglietta.»
«Hai il reggiseno?» sibilo lui.
Per poco non rispondeva di si. Avrebbe voluto portare il reggiseno. Avrebbe voluto essere completamente vestita. Non si era mai sentita cosi esposta e vulnerabile.
Non mollare, si disse.
Con un brivido rispose: «No».
«Favoloso. Una maglietta senza reggiseno. Mi pare di vederla. Sicuro. Oh, il mio cazzo si sta ingrossando, diventa caldo. Sai che cosa vorrei fare? Sollevarti la maglietta e succhiarti le tette.»
«Vuoi che me la levi?» chiese Pen.
«Oh, si.»
Che diavolo sto facendo? Si chiese lei. Sono impazzita? «Ecco, l’ho levata.»
Lui sospiro. «I tuoi capezzoli sono duri?»
Lei guardo giu. Erano duri. Ma non per il desiderio. «Si, sono duri», rispose.
«Mi piacerebbe sfregarci sopra il mio cazzo. A te piacerebbe?»
«Certo.»
«Oh, lo so, lo so. Non ti toglieresti anche i pantaloni?»
«Solo un secondo.»
«E le mutandine. Ti voglio nuda.»
Pen senti il respiro aspro all’altro capo del filo. Mentre ascoltava, si appoggio allo stipite. Sfrego le gambe fredde e guardandole si accorse di avere la pelle d’oca.
«Va bene», disse. «Sono nuda. E tu?»
«Naturale. Il mio cazzo e grosso grosso. Lui ti vuole.»
«Lui?»
«Spike.»
Quasi divertente, penso Pen. Il verme ha dato un nome al suo pene. Un nome da cane, Spike.
«Scommetto che Spike e grosso e poderoso», riprese Pen. «Mi piacerebbe sentirlo.» Senti le proprie parole come in sogno. Non sono io, penso, e un personaggio di una delle mie storie che parla con un pazzo.
«Che cosa vorresti fare con lui?»
«Vorrei accarezzarlo. A lui piace essere accarezzato, ci scommetto.»
«Oh, si.»
«Poi lo succhierei.»
«Oh, tesoro!»
«Succhierei Spike e dopo inghiottirei ogni goccia, prima di pulirlo con la lingua.»
C’e del metodo nella mia pazzia.
«Ti piacerebbe?» chiese Pen con voce rauca.
«Si, si. E dopo?»
«Vuoi proprio saperlo?»
«Dimmelo.»
«Perche non vieni qui a scoprirlo?»
«Prima dimmelo.»
«Ti cospargo con il miele, e anche tu fai la stessa cosa, finche siamo tutti e due unti e appiccicosi. Poi ci lecchiamo a vicenda finche il miele e sparito. Allargo le gambe e…»
«Si, si!»
«Dio, che caldo. Non parliamo di questo.»
«Ti prego.»
«Voglio che tu mi prenda. Spike dentro di me. Lo desideri anche tu, vero?»
«Si!»
«Allora vieni.»
«Che cosa?»
«Adesso, subito.»
Segui un silenzio rotto solo dal respiro ansante dell’uomo.
«O sei uno di quelli a cui piace solo parlare? Tutte parole e niente fatti?»
Lui rise, la stessa risatina di prima simile a un fruscio di carta. «Te ne accorgerai, dolcezza. Ti spremero, ti faro saltare il cervello.»
«Allora vieni qui e fallo. Basta con le chiacchiere.»
Altro respiro.
Cielo, davvero ho intenzione di fargli esplodere la testa?
Sicuro, puoi scommetterci.
Pallottole magnum.
Non posso.
No?
«Vieni, tesoro», bisbiglio Pen. «Sono tutta bagnata. Ti voglio. Devo averti, vieni!»
«Va bene, va bene. D’accordo. Dimmi solo dove abiti.»
«Lo sai dove abito.»
«Dimmelo.»
«Il mio indirizzo e sull’elenco telefonico.»
«E il nome?»
«Non sai il mio nome?!» fece Pen stralunata.
«Accidenti, no. Ho composto dei numeri a caso e li ho trascritti per poterti richiamare, ma…»
Pen sbatte giu la cornetta. Tiro la base di plastica e stacco il telefono dal muro.
Per un lungo momento rimase appoggiata alla porta ansando, le braccia incrociate sui seni, le gambe unite. Tremava. Capiva di dover provare sollievo, quasi un trionfo.
E invece aveva la nausea.
La consapevolezza che un uomo simile era la fuori. Se avesse cambiato il numero di telefono lui sarebbe uscito dalla sua vita per sempre.
La consapevolezza di cio che gli aveva detto.
Sporcizia.
E, peggio di ogni cosa, il fatto che lei aveva tentato di farlo venire a casa.
Per ucciderlo con il fucile.
Si sentiva insudiciata.
Si scosto dal muro e con le gambe tremanti percorse il corridoio fino al bagno.