sembrare villano. «Faremo cosi, allora», concluse. «Andremo da medici illustri, il meglio che offra il mercato. Sandy, tu chi consigli?»

«Non e il mio campo», rispose Laval. «Ma faro qualche telefonata. Me ne interesso io.»

La discussione era finita. Vera guardo Ned, che stava fissando Annie. Il cognato appariva disfatto.

8

Gli «specialisti adatti» di Laval furono un fiasco.

Vera porto Annie dal dottor Harrison Donnell, l’eminente psichiatra dell’Ospedale universitario di New York, il quale diagnostico che Annie non aveva nessuna facolta speciale. Era Vera, disse, che si ricordava soltanto «le predizioni» esatte di Annie, dimenticando pero quelle fasulle. Chiunque, asseri benevolmente, ha delle intuizioni che talvolta si avverano e puo capitare che giungano a gruppi.

Per il responso Vera sborso settecentocinquanta dollari.

Poi porto Annie in una clinica di White Plains, dove i dottori ammisero che poteva anche avere qualche facolta extrasensoriale, ma che era roba di tutti i giorni. C’erano stati, dissero, migliaia di piccoli fenomeni psichici. Meglio ignorarli.

Dello stesso parere furono i medici di tre altre cliniche, una delle quali a Chicago, specializzata in bambini «insoliti». Alla fine Vera rinuncio, giungendo alla conclusione che nessuno, nella scienza medica, aveva qualcosa di importante da dirle. Aveva sborsato quasi tremila dollari, non un centesimo dei quali rimborsabile dalla polizza d’assicurazione, poiche le visite erano da considerarsi volontarie e quindi escluse dalle spese «coperte». Vera era preparata a rinunciare ad ogni tentativo di sapere la verita sulle strane visioni di Annie, se queste visioni si limitavano a dileguarsi senza ritornare ed erano dimenticate dalla bambina.

In un polveroso e affollato supermercato di Broadway, a Manhattan, una donnina minuta con un foulard in testa, occhiali scuri e un logoro abito rosso era in fila alla cassa, in attesa di pagare una scatola di prugne secche. Stava leggendo attentamente un giornale, concentrata su un articolo riguardante Annie McKay e le sue bizzarre facolta. Era cosi assorta nella lettura da non accorgersi che chi la precedeva aveva pagato e se n’era andato.

«Su, signora, venga avanti!» esclamo la cassiera.

«Torno dopo», disse la dottoressa Marie Neuberger, continuando a leggere l’articolo. Lascio le prugne e usci in fretta dal supermercato, adocchiando una cabina telefonica sul marciapiede e dirigendovisi decisa.

Vi entro e chiuse la porta. Formo immediatamente il numero del Daily News e fu messa in linea con Larry Birch. Quest’ultimo non fu sorpreso di sentirla, perche gia molte volte in precedenza si erano parlati.

«Birch», disse lei con determinazione, «questa bambina, la McKay. Ho letto che cosa scrivono di lei. Io posso aiutarla, ne sono sicura. Si dia da fare.»

Riattacco senza salutare, torno sui suoi passi e acquisto le prugne.

Annie torno a scuola qualche settimana dopo. I suoi compagni, con la naturale volubilita dell’infanzia, avevano gia dimenticato la breve celebrita di Annie. Erano piu interessati ai regali che aveva ricevuto e a riempirle la testa con quello che era successo durante la sua assenza. Vera aveva cercato di tenerla al passo con il programma scolastico. Agli insegnanti era stato raccomandato di trattarla come un qualsiasi altro allievo, e fecero del loro meglio. Le avevano riservato una particina nella recita della classe, che sarebbe stata rappresentata il giorno di Natale, un atto di fiducia verso Vera che entusiasmo Annie.

Era trascorso piu di un mese dall’episodio dell’incendio e la vita della bambina stava tornando alla normalita.

Non c’erano state altre visioni di sorta, niente che sconvolgesse la sua tranquillita. Il dottor Laval la giudico quasi completamente guarita e le prescrisse occhiali da lettura, che lei cercava di non mettere. A scuola il suo profitto era buono, ma aveva bisogno di aiuto per quanto riguardava la matematica, punto debole anche della madre.

La normalita era, per Vera, una benedizione. L’incubo di Annie sembrava averla abbandonata. Adesso poteva dedicarsi alla casa, cercarsi un lavoro, seguire attentamente gli sviluppi dell’indagine sulla sparizione di Harry.

In una calda sera agli inizi di giugno, Annie si addormento sodo, dopo un impegnativo giorno di scuola. Il suo respiro era normale, il colorito bello, lo stato generale di salute eccellente. L’umore, prima di coricarsi, allegro e sereno. All’altro capo del pianerottolo, anche Vera, nel grande letto matrimoniale, dormiva saporitamente.

Appena dopo le due si levo una leggera brezza e la luna spari dietro uno schermo di dense nubi. Un cane vagabondo abbaio, lontano, e un’auto rombo veloce lungo la via, facendo schizzare sassolini contro un segnale di «rallentare» fuori della casa dei McKay.

Annie si agito nel letto, borbotto qualcosa di incoerente e riprese a dormire.

Qualche minuto dopo, si rivolto ancora tra le lenzuola. Quella volta sbatte con un braccio contro il comodino.

Il rumore desto Vera, ma non era uno di quei rumori che automaticamente mettesse all’erta il suo istinto materno e lei non se ne preoccupo. Rimase a letto, in una specie di dormiveglia.

Poi Annie gemette, un forte gemito angosciato, e, poco dopo, di nuovo, borbottando la parola «mammina». Allora Vera balzo giu dal letto, si butto sulle spalle la vestaglia azzurra e si precipito sul pianerottolo verso la porta della bambina. Parzialmente illuminata dalla luce di un piccolo paralume, Annie era immobile. Quindi si giro di scatto. «Mammina», gemette ancora una volta.

Vera rimase sull’uscio, volendo che l’episodio si snodasse da se e cercando di interpretarlo. Era una visione o semplicemente un incubo?

«Mamma!»

Annie scatto a sedere, eretta, rigida, urlando sempre piu forte: «Mamma, ho paura! L’ho visto!»

Vera corse da lei, stringendola a se. «No, tesoro, no», le disse. «Mammina e qui. Fai la brava.» Comincio a scuoterla dolcemente. «Svegliati! Su, da brava. E solo un sogno!»

Accese la luce e vide che la bambina stava sudando, le labbra tremanti, gli occhi chiusi. All’improvviso parve calmarsi. Apri lentamente gli occhi e fisso davanti a se, come se guardasse attraverso la parete.

«Che cos’e successo?» le domando Vera. Per la prima volta ebbe quasi paura della propria figlia.

«L’ho visto», ripete Annie.

«Chi?»

Annie continuo a fissare il vuoto, quindi urlo e spalanco le braccia, in un gesto senza speranza. Vera cerco di placarla, ma lei balzo dal letto, guizzo via e comincio a sbattere contro i mobili. Rovescio una sedia, colpendo poi una foto del padre su un tavolino.

«Ferma!» le ordino Vera. Ma Annie la supero di corsa, irrompendo sul pianerottolo urlando. Vera la insegui giu per le scale.

Riusci alla fine a raggiungerla in cucina, dove la blocco, scuotendola finche non smise di gridare e di singhiozzare.

Annie le si aggrappo come non aveva mai fatto. «Mammina, ho paura», gemette.

«E tutto passato», rispose Vera, cullandosela dolcemente.

«Era un’altra scena.»

Il cuore di Vera parve fermarsi, in una stretta dolorosa. «Raccontamela», le disse pacatamente, anche se era terribilmente agitata.

Annie ansimava forte e parlo con frasi incerte, a spezzoni. Aveva il volto teso e disperato. «Ho visto papa.»

Vera chiuse gli occhi, tiro un respiro profondo e lotto per restare calma. «Penso sia una cosa bellissima», le disse dolcemente.

«No», ribatte Annie. «Era disteso giu, mammina. Era ferito alla testa.»

«Oh!»

«Una ferita in testa, tanto brutta!»

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