«Naturalmente no!»

«Ecco che si inalbera di nuovo. Non deve farlo», la rimprovero Frain, alzando la voce. «Si comporti cosi al processo e la giuria la sospettera senz’altro.»

«Cerchero di non farlo», gli assicuro Vera.

«Ricorda il vecchio proverbio che la moglie e l’ultima a sapere? E sempre possibile che Harry ce l’avesse con lei. Dopo l’ufficio potrebbe essere andato al bar a scaricare le grane di famiglia. E magari anche rincarando la dose. Ma chiunque, sentendolo, poteva spettegolare in giro, aggiungendovi del suo.»

«Non posso credere una cosa simile da parte di Harry.»

«Non le sto chiedendo di credere niente», scatto Frain, piuttosto seccato. «Le sto chiedendo se potrebbe essere possibile.»

«Ma non lo e!» si accani Vera. «Harry non ha mai frequentato i bar. Ci volevamo bene.»

«E sicura di sapere che cosa c’era nei piu intimi recessi della sua mente?»

«Si, ne sono sicura.»

«Direi proprio», sentenzio Frain, «che lei o e Dio o un’illusa. Non c’e altra alternativa.»

Vera divento penosamente conscia di come Frain la stesse guardando severamente e capiva che l’avvocato non approvava del tutto il suo modo di rispondere. «Credo di avere conosciuto mio marito», aggiunse a voce bassa.

«Lo credo anch’io», ribatte Frain. «Quanto a fondo lo conoscesse e legato agli sviluppi del processo. Solo, si prepari a tutte le insinuazioni che l’accusa le scagliera addosso.» Sorrise. Non era un sorriso gradevole, e nemmeno cordiale, ma faceva capire a Vera che l’ometto cercava di aiutarla, di corazzarla contro la battaglia imminente. «Voglio chiederle qualcosa di molto importante», disse.

«Sentiamo», rispose Vera, allarmata da quel brusco cambiamento.

«Lei e molto affezionata a sua figlia?»

«Oh, tantissimo.»

«Sono inseparabili», aggiunse la Neuberger. «Un affetto del genere non l’ho visto spesso.»

«Ha mai fatto alla piccola niente che possa essere usato contro di lei?»

«Non penso proprio.»

Di nuovo, si intromise la Neuberger. «Averla portata da me, ecco quello che quei farabutti potrebbero rinfacciarle. Potrebbero anche dire che lei non si e valsa delle tradizionali cure mediche, con quei dottori le cui mogli sfoggiano grossi anelli. E diranno che lei ha fatto del male a Annie credendo alle sue visioni. Tutte cose che ho gia visto.»

«La dottoressa ha ragione», disse Vera con crescente apprensione. «Ma prima avevo fatto esaminare la piccola dai medici tradizionali. Senza nessun giovamento.»

«A parte la situazione attuale, c’e qualcos’altro? Ha mai fatto del male ad Annie?»

«Non gliene farei mai.»

«Sono certo che Annie ha sofferto molto quando suo padre e scomparso. C’e stato qualcuno che ha tentato di riversare su di lei la responsabilita totale o parziale di questo?»

«No. Ero in pena per la piccola e ho interpellato lo psicologo della scuola, ma lui e stato molto comprensivo.»

«Le ha raccomandato qualcosa che lei si e rifiutata di fare o che non ha fatto?»

«Allude alle cure?»

«Si.»

«Lui mi ha suggerito soltanto di fare alcuni discorsi ad Annie e io ho seguito i suoi consigli.»

«Non crede che quello psicologo abbia espresso qualche critica al suo comportamento?»

«Non riesco a pensare a niente del genere.» Vera constatava che l’espressione di Frain a poco a poco era diventata sempre piu cupa, cosi come il tono delle domande. «Che cosa c’e che non va?» chiese, sapendo comunque che la domanda poteva essere fuori luogo.

Frain si concesse una pausa a effetto, indugiando con lo sguardo, per alcuni istanti, sulle pareti dello studio. «Mia cara», disse infine, «ho per lei una notizia molto penosa, che avra sviluppi davvero dolorosi.»

Vera si appoggio alla spalliera della sedia, tesa e ansiosa. Non aveva la minima idea di che cosa le stesse piombando addosso.

«Proprio mentre stavo venendo qui», spiego Frain, «sono stato informato che Mr. Ned McKay ha presentato istanza al Tribunale dei minori per ottenere la custodia temporanea di sua figlia.»

La faccia di Vera di colpo divento rossa. «Oh, mio Dio!» mormoro. «Perche?»

«La richiesta, cui ci opporremo nettamente, si basa sul fatto che lei non e una madre idonea.»

«Non sono idonea?»

«Si controlli, mia cara. Agitarsi non le servira a niente. Mr. McKay sostiene di essere uno zio affettuoso, dalla reputazione ineccepibile. Il suo costante interessamento e la sua sollecitudine nei confronti della bambina non si possono mettere in discussione. Inoltre, asserisce che lei e accusata di omicidio, con una reputazione che sta per essere messa in dubbio. Insiste perche la piccola sia affidata a lui, almeno finche il processo non sara concluso. Poi sara il verdetto a decidere a chi verra affidata Annie.»

Vera comincio a scuotere la testa, incredula e atterrita. «Quel miserabile!» gemette, sconvolta e furente. «Per tutti questi anni ho creduto che fosse dalla mia parte. Tutti questi anni…»

«Un momento», la interruppe Frain, con una voce che stava diventando di nuovo stridula. «Lei non giudica la faccenda nel modo giusto. Supponiamo che suo cognato si sia sempre comportato lealmente con lei. Supponiamo che voglia davvero bene ad Annie. La sua non sarebbe un’iniziativa logica?»

«Lei si schiera dalla sua parte?» gli domando Vera, furibonda.

«Certo che no. Deve smetterla di saltare alle conclusioni. In una causa lei deve sempre capire il punto di vista dell’avversario. Altrimenti e finita. Puo darsi che Mr. Ned McKay sia del tutto in buona fede.»

Vera era troppo sbalordita e distrutta per poter connettere lucidamente. Riusci solo a guardare Frain, implorando il suo aiuto. «Non voglio perderla», ansimo alla fine e comincio a piangere disperatamente.

«Faro del mio meglio», rispose Frain, impietosito e commosso, «ma dovremo mettercela tutta. Suo cognato gode di un’eccellente reputazione in citta. Mentre lei, diciamo, e piuttosto compromessa.»

«Non riesco a crederci», sussurro Vera. «Annie e tutto quello che ho. Non possono portarmela via. Non puo togliermela.»

«La cosa e nelle mani del giudice», disse Frain.

Di colpo gli occhi di Vera lampeggiarono di terrore. «Ma se Ned voleva uccidere Annie… mio Dio, l’avra con se! Che cosa le fara?»

«Ci stiamo muovendo», sentenzio Frain, «su un terreno assolutamente vago. Non posso garantirle proprio niente. Lei e in una posizione difficile, mia cara signora… molto molto difficile.»

Sedendo sullo scanno, pronto ad ascoltare la petizione di Ned, il giudice Archie S. Brendel consulto rapidamente alcuni appunti. Poi si schiari la gola, come faceva di solito quando cominciava a procedere. Gli occhiali sulla punta del naso riflettevano la luce nella montatura di metallo. I suoi capelli, ricci e grigi alle tempie, avevano un taglio perfetto. Brendel, a quarantotto anni, tentava di apparire nello stesso tempo come un giudice e un uomo, i cui migliori anni professionali dovevano ancora venire.

Non tutto era per vanita. Brendel amava davvero la legge e traeva un’enorme soddisfazione dalle udienze che presiedeva. Il fatto era, pero, che spesso vedeva il lato astratto della legge e minimizzava l’elemento umano.

La sala delle udienze era piccola. Tutte quelle del Tribunale dei Minori erano piccole, poiche le udienze avvenivano a porte chiuse.

Brendel sedeva su un normale banco soprelevato, mentre le parti in causa occupavano due tavoli di fronte a lui. A uno sedeva, da solo, Ned McKay. All’altro stavano Vera ed Elwood Frain. Annie, il cui destino stava per essere deciso, non era nemmeno presente; Marie Neuberger non era ritenuta parte in causa e quindi non le era permesso di assistere.

Vera e Ned, di colpo avversari in giudizio, non si scambiarono neanche un’occhiata. Nell’atmosfera carica di tensione, si comportavano come se non si fossero mai conosciuti. Ned sembrava particolarmente colpito dal cambiamento e giocherellava nervoso con una penna nell’attesa, evitando di guardare verso il tavolo di Vera. Sebbene conoscesse Elwood Frain da molti anni non lo saluto.

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