«Adesso ti metto degli occhiali finti. Sara buffo.» Frugo nella sua borsa, ne trasse un piccolo paio d’occhiali neri e li fece scivolare sul naso di Annie. «Con questi», spiego, «siamo sicuri che la luce non ti fara male.»
«La luce non fa male, a me», replico Annie con candore.
«Bene, ma ricorda, i tuoi occhi sono stati ammalati. Adesso, voglio che tu apra l’occhio destro, ma appena appena.»
Il cuore di Vera batteva all’impazzata e lei scorse sul volto di Ned, che teneva la mano di Annie, sudore e tensione.
Annie apri l’occhio destro. «Non vedo niente!»
Vera degluti spasmodicamente.
«Per forza», esclamo Laval. «Questi occhiali sono scurissimi. Non puoi vedere attraverso le loro lenti. Quindi, dobbiamo aiutarci, vero?»
«Gia.»
Laval accese la torcia e la tenne obliqua a un metro da Annie.
«Ehi, vedo un fuoco!» esclamo Annie.
Vera fu percorsa da un’ondata di sollievo.
Laval mosse in giro la torcia. «Adesso che cosa vedi?»
«Altri fuochi. In posti diversi.»
«Benone. Ogni fuoco resta o sparisce?»
«Va via.»
«Perfetto. Ora ti rivelo un piccolo segreto. E la mia pila quella che vedi. E quando starai meglio te ne regalero una uguale.»
«Grazie», disse Annie.
Laval rifece l’esperimento con l’occhio sinistro, con gli stessi risultati. «Bene», ripete ancora. «Sono molto contento di te, Annie. Ti sei comportata ottimamente.»
Annie sorrise, raggiante.
«Adesso voglio che tu ti guardi in giro e mi dica se vedi qualcos’altro.»
Annie giro lentamente la testa da un lato, poi dall’altro. «Scorgo la luce da quella parte», rispose, indicando verso la finestra.
«Ti fa male agli occhi?»
«No.»
«Fissa attentamente quella luce. E solo una luce, o qualcos’altro?»
Annie strizzo gli occhi. «Credo che sia una finestra con la veneziana, come ne abbiamo a casa.»
Vera sorrise, con gli occhi pieni di lacrime. «E un miracolo», sussurro.
Laval si rivolse a Ned. «Penso che andiamo bene», disse. «E un sintomo davvero confortante vedere oggetti anziche solo strisce di luce.»
«L’ho visto prima», sbotto all’improvviso Annie.
Laval sorrise all’entusiasmo della bambina. «Davvero? Che cosa hai visto?»
«Mi faceva paura.»
«Oh?»
«Cadevo su un binario. Sa, dove ci passano i treni. E finivo sotto il treno.»
«Be’, non e piacevole.»
Vera e Ned trasalirono. Ned lancio un’occhiata preoccupata a Laval. Ma il medico sollevo entrambe le mani, come per esortare alla calma. Si accosto ad Annie e le afferro una spalla. «Via, Annie», spiego, «quello che hai avuto non e stato altro che un brutto sogno, niente altro. Una bambina grande come te non avra paura di una cosa del genere, no?»
«No», replico calma Annie, «solo che non stavo dormendo.»
«Ma certo che dormivi.»
«No, sentivo anche la gente nell’atrio. Nella camera qui accanto c’e un ragazzo che non sta mai zitto. Si lamenta sempre, come Alan a scuola, sai, mamma?»
«Si, tesoro.» Vera in realta non le dette troppo peso, felice com’era che non fossero soltanto i sogni le cose che Annie poteva vedere.
«Bene», disse Laval, «hai avuto quello che i grandi chiamano sogno a occhi aperti. Eri mezza addormentata e mezza sveglia.»
«Ma se non ero nemmeno stanca», ribatte Annie.
Laval e Ned si misero a ridere. Non Vera. L’insistenza di Annie era insolita e Vera ne era colpita in un modo che ne Laval ne Ned potevano capire.
«Ora voglio che tu tenga questi occhiali per un po’», ordino il dottore. «Piu tardi verra un’infermiera a toglierteli. Okay, Annie?»
«Okay.»
«Desidero che questi occhi si abituino alla luce nel modo opportuno.» Si giro verso Vera. «Attenta a non alzare la veneziana o ad accendere la luce.»
«Senz’altro.»
«Annie», prosegui Laval, «adesso ce ne andiamo, ma torneremo presto.» Accenno con il capo a Vera, che si accosto alla figlia e la bacio sulla guancia.
«Piccolina mia, sono tanto orgogliosa di te. Ora voglio che tu riposi. Mammina va a parlare con i dottori e le infermiere.»
«Mammina?»
«Si?»
«Credi che papa sappia che sono malata?»
Vera lancio un’occhiata a Ned, che abbasso gli occhi, a disagio. «Non credo, piccola», le rispose. «Se lo sapesse verrebbe a trovare la sua Annie? Giusto?»
«Si, credo di si. Quando torna non dirglielo. Voglio raccontarglielo io.»
«Okay. Non glielo diro.»
«Annie», intervenne Ned, «voglio che tu guarisca presto. Non deludermi.»
«Okay, zio Ned.»
«Eravamo d’accordo di andare a vedere
«Certo!»
Vera, Ned e Laval uscirono, avviandosi lungo l’atrio, oltre le infermiere, gli inservienti e altri familiari. Si isolarono in un punto tranquillo vicino a una grande finestra.
«Bene», disse Laval battendo leggermente le mani, «tutto quanto ho detto li dentro e vero. Sono molto soddisfatto.»
«Lei e soddisfatto?» esclamo Vera. «A me sembra di sognare. C’e solo una cosa…»
«Si?»
«Quel sogno… cadere sui binari, essere travolta.»
«Trauma post crisi. Ne vedo tutti i giorni.»
«Continuera?»
Laval trasse un respiro profondo e si guardo in giro, salutando alcune infermiere, prima di rispondere. «Puo darsi, ma dubito che sarebbe preoccupante. Qui dentro Annie puo avere qualche reazione. Per un bambino questo e un posto che mette paura, Vera. Ma a casa riacquistera il suo equilibrio.» Guardo l’orologio.
«Devo scappare», soggiunse. «Ci sentiamo, comunque.» Fece per andarsene.
«Solo un’altra cosa», lo fermo Vera. «Quando c’era lei, Annie ha avuto altri sogni del genere?»
Laval si strinse nelle spalle. «No, non esattamente», rispose. «Brontolava qualcosa nel sonno. Ma succede sempre. In effetti era qualcosa di simile a quanto ha detto poco fa. Mormorava ‘binari… Topeka’.» Alzo di nuovo le spalle. «Niente altro.»
Un brivido gelato corse lungo la spina dorsale di Vera al nome «Topeka», ma si dileguo subito. Cosi, aveva menzionato Topeka? Annie non sapeva le dicerie su Harry che correva la cavallina.
Laval fece di nuovo per allontanarsi. «Grazie, Sandy», gli grido dietro Vera, con voce colma di commossa sincerita. E un gran giorno.»
Laval si volse a guardarla, con un viso stanco, e riusci ad abbozzare un sorriso.