Quando la Kendall gli ebbe spiegato Goodpaster fece ad Annie un’iniezione sedativa e la bimba nel giro di qualche minuto si calmo. Il medico le si sedette vicino.

«Allora, signorina», comincio con voce morbida, «abbiamo fatto un sogno molto brutto.»

«Succedeva alla mia mamma», chiari Annie.

«Eccome! Ma hai fatto altri brutti sogni, prima, e quelli non sono diventati veri, e cosi?»

«Si», rispose Annie con voce sonnolenta per l’effetto del sedativo.

«Sei proprio in gamba.» La voce di Goodpaster si alzava alla fine di ogni frase, quasi una posa per gli adulti, un divertimento per i piccoli. «Vedi? Non devi prendertela. Quasi tutti i nostri sogni non si avverano. Probabilmente, adesso, quando ti addormenterai, farai un sogno bello. Non preoccuparti.»

Goodpaster vide che Annie si stava assopendo, quindi le batte dolcemente sulla testa e si alzo. «Appena torno parleremo un po’ dei tuoi sogni belli», le disse. «Ora fai la nanna.»

Annie chiuse gli occhi. Goodpaster sorrise alle infermiere, compiaciuto. La Kendall lo avverti che la mamma di Annie aspettava nell’atrio e lui usci dalla stanza.

«Mrs. McKay», esclamo con calore, tendendo la mano.

Vera gliel’afferro, annuendo.

«Carl Goodpaster. Sua figlia e una bambina deliziosa.»

«La ringrazio.»

«Si riprendera benissimo. Senz’altro il dottor Laval le avra spiegato che i bambini spesso hanno questi piccoli sconvolgimenti psicologici dopo una crisi. Quanto alla coincidenza con l’incidente che e capitato a lei, chi sa? I libri sono pieni di episodi del genere.»

«Mi chiedevo se non si tratti di percezioni extra sensoriali», osservo Vera.

«Potrebbe avere ragione. Sorprendente, a volte, come i genitori sappiano che cosa stanno facendo i loro figli e viceversa. E un argomento da non escludere, Mrs. McKay, ma nulla che riguardi l’ambiente scientifico.»

«Mi toglie un peso.»

«E per questo che sono qui», prosegui Goodpaster, con un sorriso smagliante. «Mi faccia chiamare per qualsiasi, minimo problema. Annie ha attraversato un periodo critico non indifferente. Tutt’e due potreste trarre beneficio da qualche consiglio.»

«Lo penso anch’io», ammise Vera.

Goodpaster se ne ando quasi con lo stesso slancio con cui era arrivato. Suo malgrado, Vera rimase turbata da una sensazione di disagio non appena lo psichiatra l’ebbe lasciata. Non poteva fare a meno di intuire che quello aveva minimizzato qualcosa di serio. Ma scaccio i propri dubbi, sicura che l’ospedale si serviva certamente e soltanto dei medici migliori. E quando sbircio nella stanza vide che Annie dormiva tranquilla con un leggero sorriso sulle labbra.

Goodpaster attraverso festoso l’atrio, accarezzando teste di piccoli pazienti e ammiccando alle infermiere, diretto verso il suo studio, per consultare l’elenco dei bambini da visitare i cui problemi erano piu grandi di quelli che lui avesse mai avuto.

«Mi scusi, signore…»

Goodpaster si fermo e si giro. Quella voce l’aveva gia sentita. Si trovo di fronte un uomo grasso e tozzo, dalle guance rosee e dai capelli arruffati, insaccato in un abito blu di dubbia qualita. La tasca della giacca era talmente rigonfia di carte e di penne che la cucitura aveva ceduto.

«Si ricorda?» chiese l’uomo con un sorrisetto.

Goodpaster si strinse nelle spalle. «Mi dispiace, veramente no.»

«Forse ricorda il vestito, vecchio e consunto com’e.» Allargo le braccia per sottolineare l’affermazione.

«Ricordo l’abito, si», rispose Goodpaster un po’ seccato, «ma questo e quanto.»

Il visitatore estrasse un logoro portacarte, tutto sporco di tabacco, che cadde in parte sul pavimento. Gli fece balenare sotto gli occhi una tessera. «Larry Birch, del New York Daily News. Parlai con lei l’anno scorso riguardo agli adolescenti cui piace tanto bere, qui dalle nostre parti.»

«Ah, si», esclamo Goodpaster, poco entusiasta d’essere visto insieme con quel trasandato giornalista. «Voleva parlarmi di questo, adesso?»

«Be’, non esattamente, signore. Voglio parlare di Annie McKay.»

«Una bella e brava bambina», osservo Goodpaster. «Ma veramente non c’e molto di cui parlare.»

«Oh, non saprei, signore.» Birch si appoggio alla parete. «Una bambina il cui padre e sparito, mi sono occupato anche di quella faccenda, e che si ammala e quasi perde la vista. C’e parecchio da parlarne, dottore.»

Goodpaster sbircio il suo cronometro d’oro. «Senta», propose, «perche non va in amministrazione, in modo che possiamo fissare un appuntamento?»

«Oh, e questione di un minuto, signore.»

«Non dispongo nemmeno di un minuto.»

«Trenta secondi, allora», ribatte Birch, seguendo Goodpaster, che gia stava per allontanarsi e piazzandoglisi davanti, bloccandolo. «E qualcosa di piu di una storia strappalacrime, dottore. Da quanto si dice questa bimba e una, per cosi dire, che ‘vede’ le cose.»

Goodpaster divento paonazzo in viso. «Lei come lo sa?»

«E il mio mestiere.» Birch alzo le spalle, con aria disinvolta.

«Guardi che lei sta parlando di notizie confidenziali», lo avverti Goodpaster. «Se desidera sentire i familiari, puo darsi che loro…»

«Disturbare la madre? Mi suggerisce di fare questo?»

«Be’…»

«Senta, dottore, qualcuno mi ha riferito che questa bambina sapeva che sua mamma quasi rimaneva ammazzata in un incidente. Allora qual e la sua opinione al riguardo?»

«Nessuna opinione. La cosa non e importante.»

Birch tossi, una tosse da fumatore piena di catarro, poi ricomincio: «Quindi, lei non e interessato alla cosa?»

«Ne sono interessato, certo. Ma non e mio reame.»

«Non e suo che cosa?»

«Reame, campo. La bambina e una paziente del dottor Laval, il quale non mi ha chiesto nessun parere.»

«Cosi lei non ha alcuna opinione?»

«Gliel’ho detto. Se mi chiamano a esaminare la bambina potrei saperne di piu. Ma questo dipende dal dottor Laval.»

Birch scribacchio qualche appunto su un taccuino con le pagine piene di orecchie, servendosi di un mozzicone di matita. «Lei intende dire che e un problema burocratico.»

«Il caso non presenta possibilita di crisi ripetitive, ne di serie infermita», rispose Goodpaster.

Il medico tento di nuovo di aggirare l’ostacolo. E di nuovo Birch non mollo la preda, seguendola fin dentro l’anticamera dello studio, che aveva le pareti tappezzate di fotografie di bambini.

«Non posso piu dedicarle nemmeno un secondo», insiste Goodpaster. «Si rivolga all’amministrazione.»

«Ancora qualche domanda.»

«Senta Mr. Burns…»

«Birch. Larry Birch. Del New York Daily News

«Mi scusi, Birch, ma il colloquio finisce qui.»

«Dottore, la storia non finisce. La bambina ha avuto un’altra visione, si o no? Crede di essere caduta da un traliccio della ferrovia a Topeka…»

«Questo dove l’ha saputo?» domando Goodpaster, la cui giovialita fanciullesca si stava tramutando in collera e risentimento.

«Via, via», lo ammoni Birch, agitando un dito. «Noi proteggiamo le nostre fonti. Ho degli amici qui dentro, dottore. Ma lei come spiega questa visione?»

«E un sogno, non una visione. Se lei riesce a fare capire esattamente il suo nome deve anche sapere usare il vocabolo giusto. Non spiego ne posso spiegare e comunque a chi importa?»

«Dottore», disse Birch, «la differenza e che io sono sicuro di come mi chiamo. Vede, lei non sembra

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