pareva un'antica galleria d'arte, tanti erano gli antichi quadri che vi erano appesi. Poi, passando attraverso una sala interna decorata in maniera lussuosa, e oltrepassando una finestra di quarzo cosi limpida da apparire invisibile, i due salirono un paio di gradini, e videro una porta stretta e alta, sulla quale si trovava una placca rossa.

— Per lei, signore.

Walton accosto la chiave alla placca rossa; la porta si apri, o meglio si contrasse, come una fisarmonica. Walton entro, con aria grave passo al cameriere una banconota di grosso taglio, e chiuse la porta.

La stanza era arredata con gusto squisito, sempre in grigio, naturalmente; la Sala di Bronzo era sempre uniformemente monocroma, benche la tonalita variasse sempre durante la giornata e a seconda dell'umore della citta. Walton si era continuamente chiesto quale sarebbe stato l'aspetto del Club, senza la rigida regola del colore.

In realta, sapeva benissimo che nessuna delle pareti della Sala di Bronzo aveva un colore, se non c'era la mano di qualche addetto ai comandi a premere un pulsante. Il Club conteneva molti segreti. Era stato FitzMaugham a sostenere la causa di Walton, proponendo il suo nome per l'ammissione al circolo, e Walton gli era stato profondamente grato.

Si trovava in una stanza abbastanza ampia per contenere comodamente due persone, con una finestra di fronte all'Hudson, un tavolino, un piccolo schermo incastonato discretamente in una parete, e un bar. Walton formo sul disco la combinazione, e ordino un rum speciale, il suo liquore preferito. Il liquido usci immediatamente dalla macchina.

Lo schermo emano d'un tratto una breve, palpitante luce verde, rompendo l'uniformita grigia della stanza. Poi il colore verde fu sostituito dalla testa calva e dal viso arcigno di Kroll, il portiere della Sala di Bronzo.

— Signore, c'e un uomo, fuori, che afferma di essere suo fratello. Dichiara inoltre di avere un appuntamento con lei.

— Ha ragione, Kroll; lo mandi qui. Fulks lo accompagnera nella mia stanza.

— Solo un momento, signore. Prima e necessario verificare. — Il viso di Kroll svani e fu sostituito da quello di Fred. — E lui? — domando la voce di Kroll.

— Si — disse Walton. — Puo fare entrare mio fratello.

Fred pareva un po' stordito dall'opulenza del luogo. Sedette impacciato sulla bassa e comoda poltroncina, evidentemente desideroso di apparire 'blase', e altrettanto evidentemente consapevole dell'insuccesso dei suoi sforzi.

— Davvero un posticino di lusso — disse Fred, finalmente. Walton sorrise.

— Un po' troppo grandioso, per i miei gusti. Non ci vengo spesso. Sai, la differenza tra il mondo esterno e questo posto balza subito agli occhi, e ferisce.

— E stato FitzMaugham a farti entrare qui, non e vero?

Walton annui.

— Lo pensavo — disse Fred. — Be', forse un giorno, e non troppo lontano, anch'io saro membro del Club. Allora potremo incontrarci qui piu spesso. Sai, non ci vediamo abbastanza, fratellino.

— Ordinati quello che preferisci — disse Walton. — E poi dimmi cos'hai in mente… o stavi solo cercando di ottenere un invito per entrare qui dentro?

— No, c'era molto di piu… ma lasciami bere, prima di andare avanti.

Fred si ordino un Weesuer, e comincio a sorseggiarlo, prima di voltarsi di nuovo a fissare Walton. Disse: — Una delle piccole abilita che ho imparato nel corso dei miei vagabondaggi e stata l'arte di fare il fabbro. Le porte, per me, non hanno segreti. Sai, in realta non e molto difficile imparare. Certo, bisogna applicarsi. Come in tutte le cose.

— Sei stato tu a riparare la porta del mio ufficio, allora?

Fred gli strizzo l'occhio. — Ero proprio io. Indossavo una maschera, naturalmente, e avevo preso in prestito la divisa. Le maschere sono molto utili. Oggi le producono molto convincenti. Come, per esempio, quella indossata dall'uomo che fingeva di essere l'amico Ludwig.

— Che cosa ne sai tu di…

— Niente. E questa e la pura verita, Roy. Io non ho ucciso FitzMaugham e non so chi l'abbia fatto. — Vuoto il bicchiere e se ne ordino un altro. — No, la morte del vecchio e un mistero per me come lo e per te. Ma devo ringraziarti per avere rovinato completamente la porta, quando sei entrato nell'ufficio. Cosi ho avuto l'occasione di compiere qualche riparazione proprio nel momento in cui ne avevo il maggiore bisogno.

Walton si controllo attentamente, per evitare di tradire qualche reazione. Sapeva esattamente quello che Fred gli avrebbe detto nei prossimi minuti, ma non voleva lasciarsi coinvolgere in una discussione prematura.

Con studiata noncuranza si alzo, si ordino un altro rum, e giro la manopola del caleidoscopio elettroluminescente incastonato nella parete.

Un disegno di luci apparve subito… luci gialle, rosa, azzurre e verdi. Le luci si intrecciavano, cambiavano continuamente, acquistavano prospettive diverse, si fondevano, parevano scendere fino al tappeto in una nevicata di fiocchi morbidi e cangianti.

— Spegni quella cosa! — esclamo d'un tratto Fred, seccamente. — Avanti, spegnila! 'Spegnila'!

Walton si giro. Suo fratello aveva chiuso gli occhi e se li copriva addirittura con le mani.

— L'hai spenta? — chiese Fred. — Dimmelo!

Stringendosi nelle spalle, Walton annullo il segnale e le luci si spensero.

— Puoi aprire gli occhi, adesso. E spenta. — Cautamente, Fred apri gli occhi.

— Non tentare uno dei tuoi fantastici trucchi con me, Roy!

— Trucchi? — domando Walton, con aria innocente. — Quali trucchi? Si tratta di un semplice motivo decorativo, ecco tutto… e molto bello, anche. Una specie dei caleidovortici che si vedono alla televisione.

Fred scosse il capo.

— Non e la stessa cosa. Come faccio a sapere che non si tratta di una specie di ipnoschermo? Come faccio a sapere quel che possono fare le luci?

Walton si rese conto che suo fratello non conosceva i caleidoscopi murali.

— E perfettamente innocuo — disse. — Ma se non vuoi che lo tenga acceso, possiamo farne benissimo senza, che ne dici?

— Bene. Cosi mi piace.

Walton noto che la fredda sicurezza di Fred pareva lievemente scossa. Suo fratello aveva commesso un errore tattico, insistendo nel pretendere di tenere quel colloquio nel Club, dove Walton aveva il gioco in mano.

— Posso di nuovo chiederti il motivo di questo colloquio? — disse Walton.

— Esistono persone — disse Fred lentamente — che si oppongono all'intero principio del controllo della popolazione.

— Me ne rendo conto. Alcune di queste persone fanno parte di questo stesso Club.

— Esatto. Alcune. Le persone che dico io sono i possidenti terrieri, quelli tanto fortunati da poter restare ancora legati alla terra e alla casa. Il gentiluomo che possiede cento acri di terra nel Mato Grosso, per esempio; il ricco possidente della Liberia; l'uomo che possiede le ultime piantagioni e cura il traffico della gomma in qualche piccola isola dell'Indonesia. Questa gente, insomma, e altri simili. Costoro, Roy, non considerano con molta simpatia il Piano. Lo spostamento della popolazione da una regione all'altra non e per loro motivo di grande allegria. Sanno benissimo che prima o poi il tuo Piano verra a sapere della loro esistenza, e li sottoporra al controllo… Per esempio, installando cento cinesi in una proprieta privata, o usando un fiume privato per una turbina nucleare. Dovrai ammettere che, se costoro non amano il tuo lavoro, la cosa e comprensibile.

— E comprensibile, certo, com'e comprensibile il risentimento di tutti nei confronti del Piano — disse Walton.

— Neppure a me piace. Ne hai avuto la prova due giorni or sono. A nessuno piace rinunciare ai propri privilegi.

— Allora capisci bene il mio punto di vista. Ci sono almeno cento di queste persone che sono in stretto contatto tra loro…

— 'Che cosa hai detto'?

— Ah, si — disse Fred. — Una lega. Una congiura, potremmo quasi chiamarla. Un lavoro che si svolge nell'ombra.

— Si?

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