sera.

Percy barcollo visibilmente sotto il colpo. Fece un passo avanti e poso il foglio di carta sulla scrivania di Walton.

— H-ho f-fatto un e-errore, ieri sera — balbetto. — Non avrei mai dovuto diffondere quella notizia.

— Hai detto giusto, accidenti a te — ammise Walton, tenendo la sua voce accuratamente controllata in un tono amichevole. — Ci hai scoperchiato una pentola bollente, Lee. Quel pianeta non e a nostra disposizione per la colonizzazione, malgrado l'entusiasmo col quale ho lietamente annunciato la cosa ieri sera. E tu dovresti essere abbastanza intelligente da sapere che e impossibile ritirare una buona notizia, quando la si e diffusa.

— Il pianeta non e nostro? Ma…

— Secondo il colonnello McLeod — disse Walton — il pianeta e di proprieta di creature intelligenti che vivono su un mondo vicino, e che non desiderano la presenza di un'orda di coloni stranieri nel loro sistema solare piu di quanto noi non desidereremmo una colonia di formiconi intelligenti su Marte.

— Signore, questo foglio… — disse Percy, in tono soffocato. — E… e…

Walton lo apri. Erano le dimissioni di Percy. Lo lesse due volte, sorrise, e lo poso sulla scrivania. Adesso era il momento di mostrarsi magnanimo.

— Respinte — disse. — Abbiamo bisogno di te, Lee, nel nostro gruppo. Ho ordinato una decurtazione del dieci per cento sullo stipendio, per la durata di una settimana, a decorrere da ieri, ma questa sara l'unica sanzione.

— Grazie, signore.

'Sta strisciando davanti a me' penso Walton, sorpreso. Disse: — Una sola condizione: non commettere un altro errore, neppure trascurabile, altrimenti non solo ti licenziero, ma ti mettero sulla lista nera, in modo che tu non possa trovare lavoro neppure in mille anni, e neppure se dovessi cercare tra qui e Procione. Capito?

— Sissignore.

— Va bene. Torna nel tuo ufficio e mettiti al lavoro. E non voglio altra pubblicita su quest'astronave piu veloce della luce, finche non saro io ad autorizzarla. No… aspetta. Trasmetti un'appendice alla notizia di ieri sera. Una cortina fumogena, diciamo. Prepara una cortina fumogena di parole cosi confusa, sulla conquista dello spazio, e cosi aggrovigliata, che nessuno si disturbi piu a ricordare qualcosa sulle mie parole. E lascia perdere la questione della colonizzazione. Hai capito?

— Ho capito, signore. — Percy riusci a fare un debole sorriso.

— Ne dubito — disse seccamente Walton. — Quando avrai preparato il testo, mandalo su per la mia approvazione. E che il cielo ti aiuti se devierai anche di una virgola dal testo da me approvato!

Percy usci dall'ufficio, camminando all'indietro, sprofondandosi in inchini.

— Perche ha fatto questo? — chiese McLeod, sconcertato.

— Perche l'ho lasciato andare? Perche mi sono comportato cosi magnanimamente con lui?

McLeod annui.

— Nell'esercito — disse — se un uomo facesse una cosa del genere, verrebbe immediatamente fucilato.

— Questo non e l'esercito — disse Walton. — E benche l'uomo si sia comportato come un cretino integrale ieri, questo non basta a mandarlo al Sonno Felice. Inoltre, lui conosce il suo mestiere. Non posso correre il rischio di licenziarlo.

— E cosi difficile trovare degli addetti alle pubbliche relazioni?

— No. Ma Lee e un uomo in gamba, e la prospettiva di vederlo disertare in favore della parte avversa mi spaventa. Adesso mi sara grato per sempre. Se lo avessi licenziato, prima della fine della settimana avrebbe pubblicato sul Citizen mezza dozzina di articoli anti-Poppy. E questi articoli basterebbero a rovinarci.

McLeod sorrise, con approvazione.

— Lei sa affrontare bene il suo lavoro, signor Walton. Le mie congratulazioni.

— Devo farlo — disse Walton. — Il direttore di Poppy e pagato per produrre due o tre miracoli all'ora. Ci si abitua, dopo un poco, perche l'uomo si abitua a tutto. Mi parli di quegli stranieri, colonnello McLeod.

McLeod poso una valigetta diplomatica sulla scrivania di Walton e l'apri. Porse a Walton un voluminoso incartamento di foto a colori.

— Le prime dodici sono paesaggi del pianeta — spiego McLeod. — Si tratta di Procione VIII… il pianeta numero otto a partire dalla stella, in un sistema di sedici pianeti… sedici, a meno che non ce ne siano sfuggiti due o tre… in ogni modo, abbiamo registrato la presenza di sedici pianeti, nel sistema, e abbiamo compiuto rilevamenti intorno a ciascuno di essi. Dieci mondi erano giganteschi, con atmosfere di metano, e un'ecologia basata su questo elemento. Non ci siamo neppure presi il disturbo di atterrare. Due pianeti erano supergiganti di ammoniaca, ancor meno simpatici dei primi dieci. Tre pianeti, piu piccoli, non possedevano affatto atmosfera, per lo meno non c'era un'atmosfera degna di questo nome, e non avevano un aspetto piu abitabile di quello che presenta Mercurio a mezzogiorno… se ho reso bene l'idea. E il restante pianeta era quello che noi abbiamo chiamato Nuova Terra. Dia un'occhiata alle fotografie. Walton diede l'occhiata richiesta. Le foto mostravano file e file di digradanti colline coperte d'erba e cespugli lussureggianti, tra le quali scorrevano fiumi tranquilli, nella luce di un'aurora dolce e chiara. Diverse fotografie mostravano degli esemplari di vita indigena… una piccola scimmia quadrumane grinzosa e rinsecchita, una creatura con sei arti che somigliava vagamente a un cane, un uccello strano e abbastanza gradevole d'aspetto.

— La vita presenta una caratteristica comune, quella dei sei arti — osservo Walton. — Ma questo posto e abitabile davvero? A meno che le sue fotografie non siano state sviluppate male, l'erba mi pare 'azzurra'… e anche l'acqua ha un aspetto peculiare. Che genere di esperimenti ha condotto, per accertare l'abitabilita del pianeta?

— Si tratta della luce, signore. Procione e una stella doppia; la sua debole compagna e quasi sempre alta nel cielo e fa degli scherzi strani alla macchina fotografica. Quell'erba puo sembrare azzurra, ma ha un ciclo basato sulla clorofilla e sulla fotosintesi, come qualsiasi erba degna di questo nome. E l'acqua e soltanto buona, vecchia H2O, anche con quella sfumatura purpurea che vede.

Walton annui: — Cosa mi dice dell'atmosfera?

— L'abbiamo respirata per una settimana, senza il minimo inconveniente. E piuttosto ricca di ossigeno… il ventiquattro per cento. Le da una sensazione piacevolissima… una specie di esaltazione misurata, l'ideale per dei pionieri, secondo me.

— Lei ha preparato un rapporto completo sul pianeta, immagino?…

— Naturalmente. E proprio qui. — McLeod fece per estrarre il rapporto preannunciato dalla sua valigetta diplomatica.

— Non ancora, mi scusi — disse Walton. — Voglio vedere anche le altre fotografie, prima. — Le guardo una dopo l'altra, rapidamente, finche non trovo una foto che mostrava una strana figura massiccia, con quattro braccia, di colore verde ramarro. La creatura aveva una testa priva di collo, incassata in una specie di maschera respiratoria ricavata da qualche sostanza che somigliava a plastica trasparente. Tre occhi freddi e pensosi si aprivano in quella faccia totalmente aliena.

— E questo cos'e? — domando Walton, fissando perplesso la fotografia.

— Oh, questo. — McLeod tento di sorridere allegramente, ma non fu un tentativo del tutto riuscito. — Questo e un dirnano. I dirnani vivono su Procione IX, uno dei pianeti giganti con atmosfera di ammoniaca. Sono loro gli stranieri che non gradiscono la nostra presenza lassu, nel loro sistema. Che cosa gliene pare, signore?

12

Walton fisso la fotografia… la fotografia dello straniero. C'era intelligenza, nella creatura… si, intelligenza e comprensione, e perfino una strana forma di umanita. Sospiro. C'erano sempre delle prove da sostenere, non c'erano mai dei successi senza spine.

— Colonnello McLeod, quanto tempo potrebbe impiegare la sua astronave per ritornare nel sistema di Procione? — chiese al soldato, con aria meditabonda.

McLeod medito per un momento sulla domanda.

— Direi che il tempo sarebbe quasi nullo, signore. Qualche giorno, al massimo. Perche?

— Era soltanto una mia idea pazza. Mi parli del suo contatto con questi… ah… dirnani.

— Ebbene, signore, costoro sono atterrati dopo che noi avevamo trascorso circa una settimana

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