spesse, alte non piu di novanta centimetri. Aveva quattro braccia angolose, che sporgevano dal corpo in maniera bizzarra.
La testa era priva di collo, ed era coperta completamente dalla maschera trasparente. Una delle mani stringeva un congegno meccanico; Walton immagino che dovesse trattarsi del traduttore automatico di cui aveva sentito parlare.
La pelle dello straniero era di un bel verde ramarro, e pareva cuoio. Un odore pungente pervase la stanza, un odore che pareva venire da un oggetto immerso per lungo tempo in un bagno di ammoniaca.
— Io sono Thogran Klayrn — disse una voce tonante. — Diplomasiarca di Dirna. Sono stato inviato a parlare con Roy Walton. E lei Roy Walton?
— Sono io. — La voce di Walton aveva un suono freddo e secco, lo senti lo stesso Walton. Si rendeva conto di essere troppo teso. — Sono felice di conoscerla, Thogran Klayrn.
— Prego, si sieda. Io non siedo. Il mio corpo non e fatto per questo.
Walton sedette. Si sentiva a disagio, costretto com'era a piegare il collo per guardare lo straniero, ma non ci poteva fare nulla.
— Ha fatto un buon viaggio? — chiese Walton, disperatamente deciso a temporeggiare.
Un mezzo grugnito usci dalla bocca di Thogran Klayrn.
— E stato proprio cosi. Ma io non indulgo in chiacchiere trascurabili. Abbiamo un problema, e un problema dobbiamo discutere.
— D'accordo. — Qualunque cosa fosse un diplomasiarca su Dirna, 'non' si trattava di un tipico diplomatico. Walton fu sollevato, pensando che non sarebbe stato necessario passare ore e ore in convenevoli e formalita prima di affrontare il problema piu importante.
— Un'astronave mandata dalla vostra gente — disse lo straniero — ha invaso il nostro sistema qualche tempo fa. Al comando era il suo colonnello McLeod, che sono giunto a conoscere bene assai. Qual era dunque lo scopo di essa astronave?
— Esplorare i pianeti dell'universo alla ricerca di un mondo sul quale i coloni della Terra potessero emigrare. Il nostro pianeta e molto affollato.
— Cosi mi e stato dato modo di conoscere. Voi avete scelto Labura… o, nella lingua vostra, Procione VIII… come vostra colonia. E questo il vero?
— Si — disse Walton. — E un mondo perfetto per i nostri scopi. Ma il colonnello McLeod mi ha informato che voi fate delle obiezioni in questo senso, non essendo favorevoli alla nostra colonizzazione del pianeta.
— Cosi obiettiamo invero. — La voce del dirnano era fredda. — Voi siete una razza giovane e attiva. Non sappiamo quindi quale pericolo a noi possiate portare. Avere voi quali vicini nostri.
— Potremmo firmare un trattato di pace perpetua — disse Walton.
— Parole. Mere parole.
— Ma non capisce che non possiamo nemmeno 'atterrare' sul vostro pianeta? E troppo grande, troppo pesante per noi. Quali danni potremmo fare?
— Esistono razze — disse il dirnano, con fermezza — che la violenza considerano quale atto sacro, e professione di fede ne fanno! Missili a lunga gittata avete, e poderosi alquanto. Come dunque potremmo fidarci di voi?
Walton sobbalzo, poi ebbe un'improvvisa ispirazione.
— C'e un pianeta, in questo sistema solare, che e adatto al suo popolo, come Labura e adatto al nostro. Intendo parlare di Giove. Potremmo offrirvi il diritto di colonizzare Giove, in cambio del privilegio di colonizzare Labura!
Lo straniero tacque per qualche istante. Stava riflettendo? Era impossibile dire quali emozioni passassero su quel volto. Alla fine lo straniero disse, nel suo bizzarro linguaggio: — Non soddisfacente. Il popolo nostro gia da gran tempo raggiunse la stabilita della popolazione. Bisogno non abbiamo di colonie. Son passati molte migliaia di vostri anni dal di in cui ci avventurammo nello spazio profondo.
Walton provo un brivido. — Molte migliaia di anni! — Capi di trovarsi di fronte a una forma di vita formidabile.
— Abbiamo appreso a stabilizzare nascite e morti — continuo sonoramente il dirnano. — E legge fondamentale dell'universo intiero, e legge che voi terragni apprendere dovrete pria o appresso. Come e qualmente scegliate di cio fare, riguarda solo gli affari vostri e di nessun altro. Ma noi bisogno non abbiamo di pianeti del sistema vostro, e grande timore ci pervade al pensiero di farvi entrare nel nostro. La materia e semplice di affermazione, difficile di soluzione. Ma siamo aperti a suggerimenti di parte sua forniti.
Walton aveva la mente vuota. Suggerimenti. Ma che razza di suggerimenti avrebbe potuto avanzare?
Sbalordi, pensando a una cosa.
— Abbiamo qualcosa da offrire — disse. — Potrebbe essere di grande valore per una razza che ha raggiunto la stabilita di popolazione. Ve la potremmo dare in cambio dei diritti di colonizzazione.
— Qual e quest'utile merce? — chiese il dirnano.
— L'immortalita — disse Walton.
19
Ritorno a New York da solo, a tarda sera, troppo stanco per dormire e troppo sveglio per rilassarsi. Si sentiva come un giocatore di poker che aveva trionfalmente battuto quattro re con quattro assi, e adesso stava cercando nella mano per trovare alcuni di quegli assi, da mostrare allo scettico avversario.
Lo straniero aveva accettato la sua offerta. Questo era l'unico fatto solido al quale poteva aggrapparsi, nel lungo viaggio solitario notturno da Nairobi a New York. Il resto era un pantano di sabbie mobili, pieno di 'se' e di 'forse'.
'Se' Lamarre poteva essere trovato…
'Se' il siero aveva davvero qualche valore…
'Se' era ugualmente efficace sui terrestri e sui dirnani…
Walton cerco di non pensare alle alternative. Aveva fatto un'offerta folle e disperata, una mossa pazzesca dettata dal panico, e l'offerta era stata accettata. Nuova Terra era aperta alla colonizzazione, 'se'…
Il mondo, fuori del jet, era una macchia scura e confusa. Aveva lasciato Nairobi alle 5 e 18, tempo di Nairobi; attraversando otto fusi orari diversi, sarebbe arrivato a New York verso la mezzanotte. Il passaggio a bordo dei jet ultrarapidi rendeva simili cose possibili; avrebbe vissuto per due volte le prime ore del mattino del diciannove giugno.
New York aveva una pioggia di quindici minuti prevista per l'ima di notte. Walton raggiunse il suo appartamento proprio quando la pioggia venne iniziata dai seminatori di nuvole. La notte era un po' calda; si fermo davanti all'ingresso dell'edificio, lasciandosi bagnare dalle gocce. Dopo qualche minuto, sentendosi un po' stupido e molto stanco, entro, si asciugo, e. ando a letto.
Non dormi.
Quattro tavolette di caffeina lo aiutarono a cominciare la giornata, il mattino dopo. Arrivo al Cullen Building molto presto, verso le otto e trentacinque, e passo qualche tempo ad aggiornare il suo diario privato, spiegando in tutti i particolari il peso della sua trattativa con l'ambasciatore straniero. Un giorno, penso Walton, uno storico del futuro avrebbe scoperto il suo diario e avrebbe saputo che per un breve periodo, nel 2232, un uomo chiamato Roy Walton aveva agito come assoluto dittatore dell'umanita. La cosa piu strana, penso Walton, era che lui non era affatto spinto da sete di potere, cosa della quale era del tutto privo: era stato messo a forza in quella posizione, e tutti i suoi passi successivi, censurabili dal punto di vista legale, erano stati fatti in piena onesta, per il bene dell'umanita.
Stava razionalizzando? Forse. Ma era necessario. I dittatori erano necessari, penso Walton, ma dovevano essere aiutati a sopportare il loro carico. L'umanita, senza dittatori, non avrebbe mai potuto andare avanti neppure d'un passo.
Alle nove Walton fece un profondo sospiro e chiamo Keeler della sicurezza. L'uomo della sicurezza fece uno strano sorriso e disse: — Stavo per chiamarla io, signore. Finalmente abbiamo qualche notizia.
— Notizia? Quale?