sentito parlare, ma che da quel che aveva capito la droga era difficile ad ottenersi e pericolosa ad usarsi. — Non c’e nessun pericolo — risposi. — E per quel che riguarda le difficolta di ottenerla… — e tirai fuori uno dei miei pacchettini. Il suo sorriso non si spense, anche se gli salirono alle guance delle macchie di colore. Prendemmo insieme la droga, nel mio ufficio. Ore piu tardi, uscendo per andare a casa, gliene detti un po’ perche la prendesse con sua moglie.
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Nella Cappella di Pietra mi azzardai ad avvicinare uno sconosciuto, un uomo basso e muscoloso in abiti principeschi, forse un membro della famiglia dell’Eptarca. Aveva i chiari occhi sereni di un uomo di fede, l’atteggiamento di chi si e guardato dentro e non e rimasto dispiaciuto di quel che ha visto. Ma quando gli ebbi detto quel che avevo da dire, mi respinse e mi maledisse con tanta furia che la sua rabbia divenne contagiosa: inferocito dalle sue parole, fui sul punto di picchiarlo selvaggiamente. —
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Il momento d’incertezza passo. Tornai a considerare sacra la mia missione, a riconoscere il valore di quel che mi ero ripromesso di fare. Provavo soltanto tristezza per quell’uomo che aveva rifiutato il mio dono nella Cappella di Pietra. In una sola settimana trovai tre sconosciuti disposti a dividere la droga con me. Mi chiesi come avessi potuto dubitare di me stesso. Ma altri momenti di dubbio mi aspettavano.
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Cercai di trovare una base teoretica per il mio uso della droga, di costruire una nuova teologia d’amore e di rivelazione. Studiai il Comandamento e molti dei suoi commentari, nel tentativo di scoprire perche i primi colonizzatori di Velada Borthan avessero ritenuto necessario esaltare la mancanza di fiducia e l’isolamento. Di che cosa avevano paura? Che cosa cercavano di salvare? Uomini cupi in un tempo cupo, le serpi dell’intelletto che strisciavano nei loro crani. Alla fine non ero riuscito a capirli veramente. Erano convinti della loro virtu, avevano agito per il meglio. Tu non confiderai l’intimo dell’anima tua ad un altro uomo. Tu non esaminerai troppo i tuoi stessi bisogni. Negherai a te stesso i facili piaceri delle conversazioni confidenziali. Dovrai star solo dinanzi ai tuoi dei. E cosi eravamo vissuti per centinaia di anni, obbedienti, senza mai far domande, nella piena accettazione del Comandamento. Forse per la maggior parte di noi nient’altro che la semplice correttezza tiene ancora in vita il Comandamento: non vogliamo mettere in imbarazzo gli altri rivelandoci, e allora rimaniamo chiusi in noi stessi, mentre le nostre ferite piu profonde diventano purulente, e continuiamo ad usare il corretto linguaggio impersonale. Era forse giunta l’ora di creare un nuovo Comandamento? Un legame d’amore, un testamento di divisione?
Nascosto nelle mie stanze, a casa, mi sforzai di scriverne uno. Che cosa avrei potuto dire, che sarebbe stato creduto? Che avevamo mandato avanti le cose abbastanza bene, seguendo i vecchi sentieri, ma ad un altissimo prezzo personale? Che i pericoli che c’erano nel periodo della prima colonizzazione ormai non esistevano piu, e che percio certe abitudini, divenute ormai piu un impedimento che un aiuto, potevano essere tralasciate? Che le societa debbono evolversi, per non decadere? Che l’amore e migliore dell’odio e che la fiducia e migliore della diffidenza? Ma quel che scrivevo non convinceva neppure me stesso. Perche mi scagliavo contro l’ordine stabilito delle cose? Per intima convinzione o soltanto per sete di sporchi piaceri? Ero un uomo del mio tempo, saldamente incastrato nella roccia dell’educazione che avevo avuto, anche quando cercavo di trasformare quella roccia in sabbia. Preso in trappola dalla tensione tra il mio vecchio credo e il nuovo, ancora informe, andavo mille volte al giorno da un polo all’altro, dalla vergogna all’esaltazione. Una sera, mentre mi affannavo sulla minuta del preambolo del mio nuovo Comandamento, Halum entro inaspettatamente nel mio studio. — Cosa stai scrivendo? — mi chiese con gentilezza. Coprii con un foglio le righe che avevo vergato. La mia faccia deve aver riflesso il mio imbarazzo, perche vidi sulla sua i segni di scusa per l’intromissione. — Rapporti ufficiali — risposi. — Sciocchezze. Noiose stupidaggini burocratiche. — Quella notte, in un parossismo di disprezzo verso me stesso, bruciai tutto quel che avevo scritto.
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In quelle settimane feci molti viaggi d’esplorazione entro lande sconosciute. Amici, estranei, conoscenze occasionali, una amante: compagni di strani viaggi. Ma durante quelle prime fasi del mio tempo di metamorfosi, non feci parola ad Halum della droga. Dividere la droga con lei era stato il mio scopo originale, quello che mi aveva spinto a portarmi la droga alle labbra la prima volta. Ma ora avevo paura di avvicinarmi a lei. Era la vigliaccheria a trattenermi: cosa sarebbe successo se, conoscendomi sino in fondo, avesse cessato di amarmi?
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Molte volte fui sul punto di parlarne con lei. Ma mi tirai indietro, non trovai il coraggio di fare un passo verso di lei. Se volete, potete misurare la mia sincerita sul metro della mia riluttanza: quanto poteva essere puro quel mio nuovo credo di rivelazione, potreste chiedervi, se credevo che la mia sorella di legame fosse superiore ad una simile comunione? Ma non pretendo che vi sia stata alcuna coerenza nel mio modo di pensare di allora. La mia liberazione dal tabu del rivelarsi era una cosa voluta, non una evoluzione naturale, e io dovevo combattere continuamente contro gli strascichi delle vecchie abitudini. Anche se dicevo «io» e «me» con Schweiz e con alcuni di quelli con cui avevo diviso la droga, non mi sentivo mai a mio agio facendolo. Quel che rimaneva delle mie catene infrante si rinsaldava per legarmi di nuovo. Guardavo Halum, sapevo di amarla e mi dicevo che l’unico modo per rendere completo quell’amore era unire la sua anima alla mia, e che avevo in mano la polvere che avrebbe potuto farlo. E non osavo, non osavo.
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La dodicesima persona con cui divisi la droga sumariana fu il mio fratello di legame Noim. Era a Manneran, mio ospite per una settimana. L’inverno era arrivato e aveva portato neve a Glin, forti piogge a Salla e solo nebbia a Manneran: i settentrionali non hanno bisogno di molti incoraggiamenti per venire nella nostra calda provincia. Non vedevo Noim dalla primavera precedente, quando eravamo andati a caccia insieme negli Huishtor. In quell’ultimo anno ci eravamo un po’ allontanati: in un certo senso Schweiz aveva preso il posto di Noim, nella mia vita, e io non avevo piu bisogno allo stesso modo di prima del mio fratello di legame.
Noim ormai era un ricco proprietario di Salla, dato che aveva ereditato delle terre dalla famiglia Condorit e dai