Dovrei telefonare a Judith. Chiederle che mi faccia un brodo di gallina.

Ahi, meschino!

Sabato. Senza l’aiuto di brodini di gallina, mi sono ristabilito e decido di andare al party. Disgraziato, castrato. Ricorda, ricorda, il 6 novembre. Perche David ha permesso a Judith di trascinarlo fuori dalla sua tana? Un viaggio in metro che non finisce mai verso il centro; negri gia completamente in preda all’ubriacatura di fine settimana aggiungono un particolare frisson all’usuale avventura sui mezzi di trasporto di Manhattan. Alla fine la ben nota stazione della Columbia. Devo farmi a piedi qualche isolato, tremando perche non sono vestito in modo appropriato al clima invernale, per arrivare all’enorme vecchio appartamento a Riverside Drive, 112a Strada, dove si presume viva Claude Guermantes. Mi fermo fuori esitante. Una fredda, aspra brezza mi aggredisce segando dritto l’Hudson, cattiva, portando col vento i frammenti del New Jersey. Foglie morte turbinano nel parco. Dentro, un portiere color mogano mi squadra in modo equivoco. — Il professor Guermantes? — dico io. Lui mi fa un gesto rapido con il pollice. — Settimo piano, 7-G. — Mi fa cenno verso l’ascensore. Sono in ritardo; sono quasi le dieci. Arrivato al piano superiore in quel fastidioso baraccone, crik crik crik crik, la porta dell’ascensore si richiude, una serigrafia nel corridoio indica la strada alla tana di Guermantes. Non che i poster siano necessari. Un boato foltissimo (a mille decibel) proveniente da sinistra mi dice dov’e il luogo. Suono il campanello. Aspetto. Niente. Suono di nuovo. C’e troppo rumore perche loro possano sentirmi. Oh, se fossi capace di trasmettere pensieri invece di essere capace solo di riceverne! Dovrei annunciarmi con toni tuonanti. Suono di nuovo, con maggior aggressivita. Ah! Si! La porta si apre. Una brunetta, con una faccia da studentessa, che indossa una specie di sari color arancio che lascia scoperto il suo seno destro, piccolo. Nudita a la mode. Un sorriso smagliante. — Entra, entra, entra!

Una calca. Ottanta, novanta; un centinaio di persone, vestite alla maniera dei fiammeggianti anni Settanta, riunite in gruppetti, che urlano l’una all’altra verita profondissime. Quelli che non hanno in mano whisky e soda sono tutti affaccendati a passarsi sigarette di marijuana, a tirare lunghe boccate conformi al rituale, a tossire, a esalare con forza. Prima che sia riuscito a togliermi il soprabito qualcuno mi ficca in bocca un’elaborata pipa con il fornello d’avorio. — Super hashish — mi spiega. — Appena arrivato da Damasco. Avanti, bello, serviti! — Ingurgito il fumo, per amore o per forza, e sento un effetto immediato. Stravedo. — Si — urla il mio benefattore. — Ha il potere di annebbiare la mente della gente, non e cosi? — In questo casino la mia mente e gia abbastanza annebbiata, senza bisogno della canapa, soltanto per sovraccarico. Pare che il potere funzioni, stasera, a un’intensita ragionevolmente alta, ma senza distinguere troppo i soggetti, e io, involontariamente, sono preso in un calderone concentrato di emissioni che mi si rovesciano addosso, un caos di pensieri che si mescolano. Tutta roba confusissima. Scompaiono la pipa e quello che me l’aveva passata e io, sotto l’influsso della droga, avanzo traballando in una stanza piena di fracasso, i muri tappezzati dal pavimento al soffitto di scaffali zeppi di libri. Scorgo Judith nell’attimo preciso in cui lei scorge me, e da lei viene su una linea di contatto diretto, un’emissione dapprima vivissima, ma che poi degenera: 'Fratello, dolore amore, paura, ricordi condivisi, perdono, dimenticare, odio, ostilita, avversione, frumz, zzzhhh, mmm. Fratello. Amore. Odio. Zzzhhh'.

— Duv! — si mette a urlare. — Sono qui, Duvid!

Questa sera Judith e proprio sexy. Il suo lungo corpo flessuoso e avvolto in uno scialle rosso satinato, aderentissimo, che le arriva fino al collo, che mostra chiaramente il seno e le piccole protuberanze dei capezzoli e la fessura tra le natiche. Sul suo petto si accoccola una pietra di giada cerchiata in oro, occhieggiante, scolpita in modo complicato; i suoi capelli, sciolti, ricadono deliziosamente. Mi sento orgoglioso della sua bellezza. E fiancheggiata da due uomini dall’aspetto imponente. Da una parte c’e il dottor Karl F. Silvestri, autore di Studi sulla fisiologia della termoregolazione. Corrisponde al millesimo all’immagine che di lui avevo estratto dalla mente di Judith nell’appartamento di lei una o due settimane fa sebbene sia piu vecchio di quanto avrei scommesso, almeno 55 anni, forse piu vicino ai 60. Piuttosto alto, troppo, un metro e 90. Tento di figurarmi l’immagine del suo enorme corpo grande e grosso sopra quello sottile flessuoso di Judith, mentre le preme addosso. Non ce la faccio. Ha due guance floride, un’espressione imperturbabilmente piena di se, occhi teneri intelligenti. Irradia verso di lei una protezione da zio, da padre. Mi rendo conto come mai Jude e attratta da lui: per lei rappresenta l’imponente figura paterna che quel povero cane bastonato di Paul Selig non e mai riuscito ad assumere nei suoi riguardi. Dall’altra parte di Judith c’e un uomo che sospetto sia il professor Claude Guermantes; getto una rapida occhiata dentro di lui e la mia congettura trova conferma. Ha una mente effervescente, argento vivo, una sorgente scintillante, abbacinante. Pensa contemporaneamente in tre o quattro lingue. La sua energia tempestosa mi riduce a pezzi al primo contatto. Ha circa quarant’anni, e alto poco meno di un metro e 90, muscoloso, atletico; porta i suoi eleganti capelli biondo-rossicci acconciati in onde turbinanti, barocche, e la sua corta barbetta a punta e tenuta in maniera impeccabile. I suoi abiti sono di stile cosi avanzato che mi mancano le parole per descriverli, inesperto come sono delle nuove mode: una specie di mantello di tessuto ruvido grezzo, verde e oro (di lino? di mussola?), una fascia scarlatta, calzoni in satin svasati, stivali alti appuntiti stile medioevale. Il suo aspetto dandy e l’atteggiamento affettato lo fanno sembrare un omosessuale, e invece irradia una potentissima aura di eterosessualita, e da come Judith e atteggiata, da come lo guarda appassionatamente, comincio a rendermi conto che devono essere stati, una volta, amanti. Puo darsi che lo siano tuttora. Sono alquanto restio a sondare le menti su questo punto. Le mie incursioni nella privacy di Judith sono un argomento troppo scottante tra noi due.

— Vorrei farti conoscere mio fratello David — dice Judith.

Silvestri sorride tutto radioso. — Ho sentito parlare molto di voi, signor Selig.

— Veramente? — (C’e quell’anormale di mio fratello, Karl. Ci crederesti? Lui riesce veramente a leggere nel pensiero. Per lui i tuoi pensieri sono a sua disposizione come una trasmissione radiofonica). Quante cose effettivamente Judith ha svelato sul mio conto? Provero a sondarlo per vedere. — Chiamami David. Tu sei il dottor Silvestri, giusto?

— Esattamente. Karl. Preferirei che tu mi chiamassi Karl.

— Ho saputo un mucchio di cose su di te da Jude — dico io. Non riesco a captare niente. Accidenti! Questi miserabili poteri che svaniscono; colgo solo crepitii di statica, nebbiosi frammenti di pensiero inintelligibile. La sua mente e, per me, opaca. La mia testa comincia a rintronare. — Lei mi ha mostrato due dei tuoi libri. Vorrei poter capire cose come quelle.

Una risatina vacua, compiaciuta, dall’altero Silvestri. Intanto Judith ha cominciato a presentarmi a Guermantes. Lui mormora quanto sia deliziato nel fare la mia conoscenza. Quasi mi aspetto che mi baci sulle guance, o forse sulla mano. La sua voce e morbida, tutta miele; ha un po’ di accento, pero non francese. Qualcosa di strano, un misto, franco-italiano, forse, o franco-spagnolo. Finalmente ce la faccio a sondare lui, proprio ora; in un certo qual modo la sua mente, piu instabile di quella di Silvestri, resta alla mia portata. Mi ci infilo dentro e do un’occhiatina, intanto scambio le solite banalita sul tempo e sulle recenti elezioni. Cristo! Casanova redivivo! Questo va a letto con tutto cio che cammina o striscia, maschio, femmina o neutro, naturalmente ivi inclusa la mia accessibile sorellina Judith, che — stando ad un ricordo di superficie ordinatamente archiviato — lui ha smesso di scopare esattamente cinque ore fa, proprio in questa stessa stanza. Il suo sperma, adesso, sta coagulandosi dentro di lei. E oscuramente scontento perche lei non e venuta insieme a lui; considera il fatto un fiasco della sua tecnica impeccabile. Il professore sta speculando, con tanta grazia, sulla possibilita di impalarmi prima che la serata sia conclusa. Niente da fare, professore. Non ho nessuna voglia di essere aggiunto alla tua collezione privata di Selig. Lui, affabilmente, si informa sui miei titoli. — Uno solo — dico io. — Laurea in Lettere nel 1956. Avevo intenzione di fare una ricerca sulla letteratura inglese, per il dottorato, pero non ci ho mai lavorato veramente. — Lui insegna Rimbaud, Verlaine, Mallarme, Baudelaire, Lautreamont, tutta quella masnada di malati, e spiritualmente si identifica con loro; le sue lezioni sono affollatissime di ragazze del Barnard in adorazione, e le loro cosce si aprono felici per lui, sebbene nella sua personalita rimbaudiana non sia affatto restio a far all’amore coi sani maschi della Columbia, eventualmente. Mentre chiacchiera con me, affettuosamente, da padrone si balocca con le scapole di Judith. Il dottor Silvestri fa finta di non accorgersene, o addirittura non gliene frega niente. — Tua sorella — bisbiglia Guermantes — e una meraviglia, e un’originale, uno splendore, un tipo, M’sieu Selig, un tipo. - Un complimento alla francese. Io frugo di nuovo nella sua mente e vengo a sapere che sta scrivendo un racconto su un giovane divorziato amareggiato, voluttuoso, un intellettuale francese, incarnazione della forza vitale, e che si aspetta di ricavarne miliardi. Mi affascina: cosi appariscente, cosi contraffatto, cosi ben rifinito, anche attraente a dispetto di tutte le sue vistose mancanze. Mi offre cocktail, whisky e soda, liquori, brandy, LSD, hashish, cocaina, tutto quello che desidero. Mi sento risucchiato e me la do a gambe,

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