Ma non trovavo pace. Pensavo troppo a Sundara, chiedendomi, frustrato e confuso, come avevo fatto a perderla; mi crucciavo per noiose questioni politiche che qualunque uomo di buon senso avrebbe scacciato dalla sua mente in un posto come quello; immaginavo le complicate catastrofi entropiche che si potevano verificare se Quinn non andava in Louisiana. Vivevo in paradiso e trovavo il modo di essere nervoso, teso e a disagio.

Tuttavia, molto lentamente, mi permisi di riprendere forze e vigore. Lentamente la magia della costa lussureggiante, conservatasi miracolosamente intatta in un secolo in cui quasi tutto il resto era stato rovinato, comincio ad agire beneficamente sulla mia anima spossata e confusa.

Forse “vidi” per la prima volta mentre mi trovavo a Big Sur.

Non ne sono sicuro. Mesi e mesi di vicinanza con Carvajal non avevano ancora portato a dei risultati definitivi. Conoscevo gli espedienti usati da Carvajal per provocare lo stato, conoscevo i sintomi di una visione imminente, ero sicuro che entro breve tempo avrei “visto”, ma non avevo ancora avuto nessuna esperienza visionaria sicura, e piu mi sforzavo di riuscirci, naturalmente, piu lontano mi sembrava la meta. Pero ci fu uno strano momento alla fine del mio soggiorno a Big Sur. Ero stato sulla spiaggia e ora, alla fine del pomeriggio, stavo arrancando velocemente per il ripido sentiero che portava al cottage, con il fiato grosso, godendo dell’inebriante stordimento che mi prendeva mentre sforzavo deliberatamente cuore e polmoni al massimo. Arrivato a un punto tutto curve, mi fermai un attimo, voltandomi a guardare indietro, e il riverbero accecante del sole che picchiava sulla superficie del mare mi colpi, abbagliandomi, tanto che vacillai con un brivido e dovetti afferrarmi a un cespuglio per non cadere. Proprio in quel momento mi sembro — fu solo una sensazione illusoria, un breve guizzo impercettibile — mi sembro di vedere, attraverso il fuoco d’oro, il vessillo del sole che ondeggiava sopra un’immensa piazza, e al centro dello stendardo c’era il viso di Paul Quinn che mi stava guardando, un viso possente, un viso imperioso, e la piazza era piena di gente, migliaia e migliaia di persone pigiate, centinaia di migliaia, che agitavano le braccia, urlavano selvaggiamente, salutavano la bandiera, una calca, un’immensa entita collettiva in preda all’isterismo, all’adorazione di Quinn. Avrebbe potuto essere ugualmente il 1934, Norimberga, un viso diverso sul vessillo, folli occhi ipertiroidei e rigidi baffi neri, e cio che urlavano poteva essere Heil Sieg! Heil Sieg! Rimasi senza fiato e caddi in ginocchio, stravolto dalla vertigine, dal terrore, dallo stupore, dalla paura, da non so cosa. Gemetti, mettendo le mani sul viso, e la visione non c’era piu, la brezza pomeridiana spazzo via folla e vessillo dal mio cervello pulsante e davanti ai miei occhi vidi solo l’oceano infinito.

Avevo “visto” davvero? Il velo del tempo si era aperto davanti a me? Era dunque Quinn il futuro “fuhrer”, il duce di domani? Oppure la mia mente stanca aveva cospirato con il corpo spossato provocando un rapido lampo di paranoia, nient’altro che immaginazioni folli? Non lo sapevo. Continuo a non saperlo. Ho una mia teoria secondo la quale io “vidi” veramente; ma non ho mai piu “visto” quel vessillo, ne ho mai piu udito quelle terribili grida rimbombanti della folla in delirio, e fino a che il giorno del vessillo non incombera realmente su di noi non sapro la verita.

Alla fine, decisi che ero rimasto segregato nei boschi abbastanza a lungo da poter tornare a City Hall ed essere accolto nuovamente come un consigliere equilibrato e degno di fiducia; tornai, quindi, a New York, al mio polveroso e trascurato appartamento nella 63a Strada. Tutto era all’incirca come prima. I giorni erano piu corti, ora che novembre era arrivato, e la nebbia d’autunno aveva ceduto alle prime sferzanti bufere dell’inverno in arrivo, che spazzavano la citta da fiume a fiume. Il sindaco, mirabile dictu, era stato in Louisiana e, con enorme dispiacere dei redattori del “New York Times”, aveva approvato la costruzione della traballante Diga Plaquemines ed era stato fotografato mentre abbracciava il governatore Thibodaux: nella foto Quinn aveva un’espressione acida, ma decisa, e sorrideva come uno che abbraccia una pianta di cactus. Poi andai a Brooklyn a trovare Carvajal. Era passato un mese dall’ultima volta che l’avevo visto, ma mi sembro molto invecchiato, terreo, avvizzito, occhi opachi e acquosi, mani tremanti. Non mi era piu apparso cosi consunto e devastato dal tempo del nostro primo incontro, nell’ufficio di Lombroso, nel mese di marzo; tutta la forza che aveva acquistato nella primavera e nell’estate l’aveva abbandonato, tutta quella improvvisa vitalita che forse aveva tratto dal suo rapporto con me. Non forse; sicuramente. Infatti, attimo dopo attimo, quando ci sedemmo a parlare, il colore gli torno e un lampo di energia ricomparve nei suoi lineamenti.

Gli raccontai cosa era successo sulla collina a Big Sur.

— Forse e un inizio. Alla fine dovra pure cominciare. Perche non la?

— Se ho “visto”, pero, che cosa significava quella visione? Quinn con vessilli? Quinn che arringa la folla?

— Come posso saperlo?

— Non avete mai “visto” qualche cosa del genere?

— L’ora di Quinn verra dopo la mia morte — mi ricordo.

Nei suoi occhi c’era un leggero rimprovero. Si: quest’uomo aveva meno di sei mesi di vita e lo sapeva, ne conosceva l’ora, il momento. Riprese: — Vi ricordate che aspetto aveva il Quinn piu anziano che avete “visto”? Il colore dei capelli, i tratti del viso…

Tentai di ricordare. Quinn aveva adesso 38 anni. Quanti anni poteva avere l’uomo il cui viso riempiva il grande vessillo? Lo avevo subito riconosciuto come Quinn, quindi non poteva essere cambiato molto. Piu paffuto di adesso?

I capelli biondi un po’ brizzolati alle tempie? Il sogghigno ferreo inciso piu profondamente? Non sapevo. Non avevo notato. Solo una fantasia, forse. Un’allucinazione nata dalla fatica. Chiesi scusa a Carvajal; promisi di stare piu attento la prossima volta, ammesso che ci fosse una prossima volta.

Lui mi assicuro che ci sarebbe stata. Avrei “visto”, mi disse fermamente, animandosi. Piu stavamo insieme, piu riacquistava vigore. Avrei “visto”, senza dubbio.

Poi cambio argomento.

— Al lavoro. Nuove istruzioni per Quinn.

C’era solo un appunto questa volta: il sindaco doveva cominciare a cercarsi un nuovo assessore alla polizia, perche l’assessore Sudakis tra breve avrebbe dato le dimissioni. La cosa mi stupi. Sudakis era stato una delle scelte piu felici di Quinn, energico e popolare, era l’unica persona del Dipartimento di Polizia di New York che, da un paio di generazioni a oggi, potesse essere considerato una specie di eroe, un uomo solido, fidato, incorruttibile, coraggioso. Dopo solo un anno e mezzo come capo del Dipartimento era considerato un’istituzione; sembrava che avesse sempre avuto quella carica e fosse destinato a conservarla per sempre. Aveva fatto un lavoro fantastico trasformando la Gestapo di Gottfried in una forza con il compito di mantenere la pace, e la sua opera non era ancora terminata: solo un paio di mesi prima io stesso avevo sentito Sudakis dire al sindaco che gli ci sarebbe voluto un altro anno e mezzo prima di terminare il ripulisti. Sudakis che dava le dimissioni? Non mi suonava.

— Quinn non ci credera. Mi ridera in faccia.

Carvajal scrollo le spalle.

— Dopo il primo dell’anno Sudakis non sara piu assessore alla polizia. Il sindaco dovrebbe trovare in tempo un valido sostituto.

— Forse e cosi. Ma sembra cosi maledettamente improbabile. Sudakis e solido come la rocca di Gibilterra. Non posso andare dal sindaco e dirgli che sta per dare le dimissioni, anche se e vero. Gia per la faccenda di Thibodaux e Ricciardi ho dovuto sostenere una lotta durissima e Mardikian ha voluto che mi curassi con un po’ di riposo. Se adesso arrivo con un’assurdita di questo genere, sono capaci di licenziarmi.

Carvajal continuo a fissarmi con aria imperturbabile e implacabile.

— Fornitemi, almeno, qualche dato che sostenga questa tesi. Perche Sudakis ha in mente di ritirarsi?

— Non so.

— Riuscirei a ottenere qualche indizio se parlassi con lui?

— Non so.

— Non sapete, non sapete! E neanche vi interessa, vero? Tutto quello che sapete e che medita di andarsene.

— Non so neppure quello, Lew. Tutto quello che posso dirvi e che dara le dimissioni. Forse neanche lui lo sa ancora.

— Ma bene! Benissimo! Avverto il sindaco, il sindaco manda a chiamare Sudakis, e Sudakis nega tutto, perche per ora non e ancora cosi.

— La realta non si smentisce mai. Sudakis se ne andra. Accadra improvvisamente.

— Ma devo essere proprio io a dirlo a Quinn? Cosa succede se non gli dico niente? Se la realta non si smentisce mai, Sudakis si dimettera, sia che io parli sia che io non parli. Non e cosi? Non e vero?

— Volete che il sindaco sia colto alla sprovvista quando succedera?

— Molto meglio questo piuttosto che il sindaco pensi che sono pazzo.

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