Melanie arrossi. Smettila di fare domande cretine, si disse, e goditi il panorama.
I dintorni, una tranquilla zona residenziale, le erano ignoti. Il libratore lascio l’autostrada alla prima uscita, sfrecciando poi a fianco di ben curati tappeti erbosi e case eleganti circondate da luci smorzate. Un’altra svolta, ed eccoli procedere veloci fra due ali sontuose di slanciati edifici. Il libratore si arresto dinanzi a un’imponente costruzione verde la cui cima si perdeva nella nebbia e nell’oscurita, poi venne inghiottito da un montacarichi che in pochi istanti scese a depositarlo, con un fremito stridente, nelle profondita di un parcheggio sotterraneo.
«Tutti a terra», disse Ben, aprendo lo sportello a Melanie.
«Dove siamo?»
«A casa mia.»
«Ma non dovevamo andarci a fare un hamburger?»
«Esatto. Qui da me si mangiano i migliori hamburger della zona.» La guido sorridendo verso un altro ascensore. «Ventitreesimo piano, per piacere.»
Melanie non ebbe neppure il tempo di contarli, quei piani, che gia la fulminea cabina era giunta a destinazione. Ben le fece strada lungo un corridoio grigio ricoperto di folta moquette. Il palmo della sua mano, a contatto col sensore di un pomello, diede loro accesso ad un arioso appartamento su due livelli. Il vestibolo- soggiorno appariva profusamente arredato di piante verdi e bassi divani in pelle color bruno fulvo.
«Mettiti pure comoda», le disse, e scomparve in cucina.
Le pareti erano foderate di ricche stoffe in toni verdi e dorati. Un corridoio metteva in comunicazione l’ingresso con tre camere da letto, un bagno e un piccolo studio. L’ultima camera, la piu ampia, sfoggiava nella penombra un lussuoso rivestimento di pannelli in legno scuro. La parete di fondo ospitava un ascensore interno che doveva probabilmente condurre al secondo piano.
L’aroma della carne alla griglia giungeva ora aleggiando fino a Melanie.
«La cena e servita», annuncio da un altoparlante la voce di Ben.
La cucina lunga e stretta, tappezzata di lucidi mobili bianchi, sfociava in un vano circolare dov’era sistemata una tavola imbandita con sottili piatti neri e posate scintillanti. Scodellando generose mestolate di salsa dentro una ciotola attigua al vassoio degli hamburger, Ben le indico una sedia.
«Coraggio, accomodati. Vediamo se ti piace la mia ricetta.»
Melanie osservo i piatti luccicanti, i bicchieri sfavillanti, l’argenteria ordinatamente disposta. Aveva mangiato un po’ troppo spesso a base di soia, ultimamente. Afferrato un hamburger, gli affibbio un morso avido. Poi un altro.
«Davvero squisito», apprezzo Melanie fra un boccone e l’altro. Si era scordata di quanto fosse buono il sapore della carne vera. Aggiunse un po’ di salsa; pareva a base di pomodoro e cipolla, con un deciso gusto dolceacidulo.
«Non mi piace promettere a vuoto», replico Ben. Bevve un sorso di birra, soppesando Melanie con sguardo indagatore. «Com’e che sei capitata a lavorare in un posto del genere?»
«Be’, e un lavoro come un altro. Ne avevo bisogno.»
«I tuoi dove stanno?»
«Sono morti.» Melanie cerco di concentrarsi sul cibo.
«Da dove vieni?»
«New York.» Prese un altro hamburger.
«Ma non hai qualche membro del clan che possa darti una mano?»
Melanie smise di masticare e lo fisso. «E tu che ne sai, dei clan?»
«Ho visto un docuvideo in cui si diceva che i mutanti hanno riunioni di clan e roba del genere.»
«Io non me lo ricordo mica, un video cosi.»
Ben si strinse nelle spalle. «Mah, puo darsi che a New York non l’abbiano programmato.»
«Gia, puo darsi.» Melanie inghiotti l’ultimo boccone e si puli le labbra. «Be’, tante grazie per la cena.»
Si alzo in fretta, afferro la borsa e si diresse all’uscita.
«Ma dove stai andando?» s’informo Ben rincorrendola.
«A casa mia.»
«Una stanza in qualche alberghetto di quart’ordine, senza dubbio.»
«Senza dubbio.» Melanie cerco di aprire la porta, ma il battente non si mosse. «Fammi uscire.»
Ben le si sporse accanto a digitare un codice sul quadro di controllo. La porta si apri silenziosa.
«A quest’ora e impossibile che trovi un taxi.»
«Vuol dire che prendero la metropolitana.»
«Niente stazioni, da queste parti. Dovresti fare chilometri a piedi, e non sai nemmeno dove ti trovi.» Si appoggio allo stipite. «Forse non e poi un’idea cosi buona andare a cena con degli sconosciuti, eh?» Le rivolse un altro di quei suoi sorrisetti di traverso, e il cuore di Melanie prese a martellare. In che razza di pasticcio era andata a cacciarsi?
Ben scosse la testa. «Stai tranquilla. Sono inoffensivo. Sei libera di andartene, se vuoi. O di restare.»
«E perche dovrei restare?»
«Perche questo e un posto piu decente di quello in cui dormi di solito. Perche se rimani vedrai che alla porta della tua camera c’e una serratura che puoi azionare solo tu. Perche hai bisogno d’aiuto, e io te lo posso dare.»
«Per esempio?»
«Procurandoti un lavoro migliore, tanto per incominciare.»
«E da me cosa vorresti, in cambio?»
Sul volto di Ben rispunto il solito sorriso. «Ci pensero. Ma non stasera. Dai, su, che e tardi.»
Melanie si lascio prendere per un braccio e riportare nell’appartamento. Ben richiuse il portoncino, quindi fece scorrere lo sportello di un armadio a muro, mettendo in mostra diversi ripiani carichi di lenzuola e asciugamani azzurri.
«Prendi pure tutto quel che ti serve. La tua stanza e la prima porta a destra. Ha un bagno privato.»
Lei indugio a fissarlo, esitante.
Sospirando, Ben entro nella camera. Digito un codice al terminale nell’angolo. Lo schermo rimase inerte, ma dopo qualche secondo si udi la monotona cadenza di una voce artificiale.
«Siete in contatto col dipartimento di Polizia del District of Columbia, sezione meridionale. In caso di emergenza, chiamate il sette-tre-tre; certificati penali al sei-due-due; squadra antidroga al…» Ben interruppe il contatto, poi spinse un pulsante.
«Ecco fatto. L’ho messo in ripetizione automatica. Possono localizzare una chiamata in tre secondi, e ad ogni modo dentro questo cassetto qui in alto c’e il mio indirizzo, nel caso ti venisse voglia di denunciarmi per eccessiva gentilezza verso gli ospiti di passaggio.»
«Non capisco», disse Melanie.
«Che cosa non capisci?»
«Nemmeno ti conosco. Perche dovresti farmi tutti questi favori?»
Ben sorrise. «Mi e capitato di trovarmi stasera in quel locale per il semplice motivo che un mio collega proveniente dal Tennessee aveva voglia di assistere a un po’ di danza orientale. E il tuo numero mi e piaciuto sul serio.» Fece una smorfia. «Pero non mi e piaciuto per niente vedere quello psicopatico che cercava di strozzarti. E non posso mica essere li tutte le sere a proteggerti.» Le accarezzo una guancia. «Meriti di meglio, questo e certo.»
Prima i complimenti, penso Melanie, e dopo la seduzione. E va bene, vediamo un po’ come va a finire. Ma sul volto di lui c’era un’espressione strana. Insomma, si decideva a baciarla oppure no?
Lui le segui con l’indice, delicatamente, la curva delle labbra. «Sei davvero una ragazza incantevole, sai? E io non voglio che ti accada nulla di male.» Lascio ricadere la mano e arretro di un passo.
«Nel caso sentissi rumori strani in piena notte, non ti devi preoccupare. Mi capita spesso di lavorare alle ore piu assurde. Faccio l’esportatore di generi di lusso, e ho corrispondenti in tutto il mondo. E adesso cerca di riposare un po’.» Attraverso il corridoio, entro in camera sua e richiuse la porta.
Melanie rimase immobile sulla soglia, incredula. Vai un po’ a capire cosa gli frulla per la testa, a quello. Le aveva salvato la vita, le aveva dato da mangiare, adesso le offriva persino asilo. E non aveva neppure cercato di farle qualche avance. Strano davvero. Annuso le lenzuola a fiori, gustando il loro profumo di pulito. Il letto l’attraeva irresistibilmente. Prima di tutto, comunque, chiuse a chiave la porta della camera, e controllo due volte la