mance.»
Melanie si precipito fuori del locale in un impeto d’euforia. Aveva trovato un lavoro! Gliel’avrebbe fatto vedere a tutti quanti, se era capace o no di badare a se stessa! Torno di corsa all’infima stanzucola presa in affitto nei pressi della Decima Avenue; voleva avere tutto il tempo di prepararsi per la serata, e dopo le cinque il bagno comune diventava in genere affollatissimo.
Quando si ripresento allo
«Che hai da guardare tanto stravolta? Mai visto prima un puntino?» domando la ragazza dai capelli rossi alla quale s’era trovata accanto, detentrice d’un gran paio di mammelle pendule cui stava provvedendo ad applicare verdi stelline criolucenti.
«Dov’e il resto del mio costume?»
Per diversi secondi, una rauca risata fu quel che ottenne a mo’ di risposta.
«Il tuo costume e tutto li, carina», spiego la rossa abbastanza gentilmente. «Tu devi essere la nuova ragazza. Dick mi ha detto di introdurti un po’ nell’ambiente. Dai, vestiti. E non dimenticarti le freccette viola. No, non sulle orecchie. Sui pettorali. Aspetta, che ti aiuto io.»
Circondo con una mano il seno sinistro di Melanie, prese una freccetta viola, la lecco, l’appiccico delicatamente al capezzolo. Ripete l’operazione a destra. Tutt’e due le volte le sue mani indugiarono un po’ piu del necessario, e a quel contatto estraneo Melanie senti i capezzoli inturgidirsi.
«Sei proprio una deliziosa coccolina», fece la rossa con voce roca, strofinando le nocche in lungo e in largo sul petto di Mel.
«Per favore, no.»
«Chiamami Gwen.» Circondo Melanie con un braccio e se la trasse piu vicino. Poi, come se niente fosse, le infilo una mano sotto le mutandine e comincio a esplorare, carezzando teneramente, un’espressione di amichevole curiosita dipinta sui lineamenti volgari. Pareva avere completamente dimenticato la baraonda che le attorniava: ragazze che sbatacchiavano gli sportelli degli armadietti, indossavano i loro striminziti costumi e correvano di sopra.
Melanie cerco di sgusciar via dalle attenzioni di quella mano insistente addossandosi agli armadietti, ma Gwen, ansimando, continuo a serrarla da vicino. Melanie si sentiva stordita come se stesse ormai cominciando a soffocare nella morbida stretta di quegli enormi seni profumati, e infatti il suo respiro si andava riducendo a una serie di brevi rantoli affannosi.
«Vedo gia che diventeremo buone amiche», sussurro Gwen leccandosi le labbra. «C’e un mucchio di cose che posso insegnarti…» E intanto le sue dita intriganti s’affaccendavano in cerchi sempre piu stretti.
«Per favore…» ripete Melanie debolmente. Quelle diaboliche carezze. Oh, Dio mio, penso confusamente, fa’ che la smetta… Ma per l’appunto incominciava a piacerle. E le sue gambe, come provviste d’una loro volonta, si divaricavano per lasciar via libera a quella mano benedetta. Gwen le prese un capezzolo in bocca, con freccia e tutto. Melanie diede un gemito. Si, voleva che la smettesse…
«Gwen! Vacca boia, quante volte devo dirtelo di non mandarmi in fregola le nuove ragazze!» Il padrone del bar stava piantato in mezzo alla soglia coi pugni sui fianchi.
Gwen lascio andare il seno di Melanie e ritrasse di scatto l’intraprendente mano.
«Scusa, Dick», borbotto la rossa con espressione contrita. Poi cerco lo sguardo di Melanie, e le fece l’occhiolino.
«Andate di sopra. Di’ a Terry che metta la nuova a servire da bere e le faccia vedere come si fa.»
«Va bene.»
Con un misto di sollievo e delusione, Melanie guardo l’abbondante posteriore di Gwen sparire su per le scale. Scrollo il capo per schiarirsi le idee, e si disse che doveva avere soltanto immaginato di provar piacere alle profferte di Gwen… Rabbrividendo, giuro a se stessa di starle alla larga, d’ora in poi.
«Tu!» ringhio Dick puntandole addosso la sigaretta. «Vai di sopra pure tu! E cerca di non starti a grattare a spese mie!»
Imporporandosi tutta, Melanie si affretto a raggiungere il piano superiore seguendo il suo datore di lavoro.
Adeguatamente indottrinata da Terry, una stangona di mulatta in puntino e calze rosa, durante il primo spettacolo Melanie ando in giro servendo bevande e confezioni di siringhe sterili.
Giunti all’inizio del secondo spettacolo, la clientela dello
La prima volta che un cliente le afferro una natica, trasali con tale violenza che per poco non rovescio un bicchiere di gin-fizz. Terry se ne accorse, e intervenne un po’ irritata.
«Stupida che non sei altro. E proprio di li che ti vengono le mance piu grasse. Lasciali toccare come gli pare, e bada solo che paghino abbastanza.»
Melanie imparo alla svelta a sorridere e a sopportare il tocco rude di quelle mani che le palpeggiavano le gambe mentre dava il resto. In effetti pareva un sistema quasi infallibile per stimolare le mance. A quanto pare avevano tutti voglia di toccarla. E va bene, si disse risolutamente. Finche pagano…
Osservo Gwen esibirsi in una rozza danza a base soprattutto di vistosi ancheggiamenti, al ritmo di un frenetico rimescolio di fiati e percussioni scaturente dal robostereo. La spregiudicata rossa lascio il palco con un largo sogghigno stampato in faccia e il corsetto straripante di credigettoni. Fu poi la volta di Terry lanciarsi in una sconnessa danza del ventre, sinuosamente contorcendo le braccia in lenti serpeggiamenti mentre il robostereo miagolava una melodia vagamente mediorientale. Ciascun brano di accompagnamento durava abbastanza da consentire con pieno agio agli avventori volonterosi d’infilare le credischede dentro i minicorsetti. Ed ogni volta che la musica aveva inizio, i clienti ubriachi, urlando e fischiando, tornavano ad affollarsi freneticamente attorno al palco.
«Adesso tocca a te», le disse Terry, scendendo di corsa gli scalini che fiancheggiavano la pedana rialzata.
«Ma io non sono mica capace!»
«Basta che fai finta. Devi solo montar su e sventolargli le tette sul muso. Non gli importa d’altro, a quelli. E bada di stargli parecchio vicina, altrimenti non arrivano a infilare le mance.»
Melanie sali gli scalini in preda a una sorta di stordimento. Il robostereo intimo al pubblico di dare il benvenuto a «Venere, l’erotica danzatrice mutante», poi attacco un ritmo vibrante. Ma lei rimase li, pietrificata dal panico, nel fumoso cono arancione del riflettore. I clienti, delusi, fischiarono la propria disapprovazione, e con bicchieri e siringhe si diedero a tempestare i tavoli d’una gragnuola di colpi. Il robostereo ricomincio daccapo. Anche stavolta Melanie non riusci a muoversi. Guardando in direzione del bar si accorse che Dick la osservava senza batter ciglio. Poi, di fianco al palco, udi Terry sibilare: «Muoviti, stupida!»
Melanie scosse la testa e prese a muoversi pian piano verso gli scalini. Non ce la faceva. Voleva solo coprirsi e scapparsene di li per sottrarsi alla bramosia che leggeva negli occhi degli uomini. La stessa avidita insaziata che aveva poco prima sperimentato con Gwen.
«Allora, si puo sapere che aspetti?»
«Dai, balla, cretina che non sei altro!»
«Puah! Buttatela fuori!»
Si sentiva annichilire dai lazzi della folla. D’un tratto, un’acuta puntura la fece sobbalzare. Servendosi d’una siringa, Terry le aveva iniettato qualcosa in una gamba. In preda a un violento capogiro, Melanie vacillo. Ma la sua paura da palcoscenico decrebbe e scomparve man mano che il calore dello stimolante le si diffondeva nel flusso sanguigno. Questi babbei volevano uno spettacolo? E va bene, gliel’avrebbe dato lei, lo spettacolo.
Trasse un respiro profondo e prese a muovere i fianchi a imitazione delle altre due. Gli uomini fecero ressa