«Si capisce. Ha preso solo qualche capo di vestiario. Tutto il resto e rimasto li.»
«E i soldi? I suoi gettoni di credito?»
Ryton avverti un’ulteriore fitta d’irritazione. Non ci aveva pensato. Si volse a sua moglie. «Hai controllato tu?»
«No.»
«Dov’e che li tiene?»
«Nel terzo cassetto del suo scrittoio.»
Fece gli scalini due alla volta. Ma ancor prima di raggiungere la camera di Mel, sapeva gia che il cassetto sarebbe stato vuoto. Torno giu scuotendo la testa.
«Spariti.»
«Non potrebbe averli nascosti Jimmy?» domando Sue Li.
Ryton fece il possibile per dissimulare la sua collera. Jimmy a quest’ora dormiva, ed era senza dubbio innocente. Non ci pensava neppure a svegliarlo inutilmente. Non ancora, per lo meno.
«Ma no, che dici.»
«Quindi alla fine si e decisa», commento Michael, con uno strano sorriso cui Ryton non diede importanza. Poi il giovane si addosso alla parete e incrocio le braccia, fronteggiando suo padre. «Buon per lei, comunque.»
«Come sarebbe a dire?»
«Sarebbe a dire, papa, che avreste dovuto prevederlo. Era da un bel pezzo, ormai, che Mel ambiva a dimostrare la sua indipendenza.»
«E tu perche non ce l’hai detto?»
«Pensavo che ve ne foste accorti. E poi non immaginavo che l’avrebbe fatto sul serio.»
Ryton si accosto al videocom. «Dobbiamo avvertire la polizia. E anche Halden.»
«Bisogna che siano trascorse almeno ventiquattr’ore, prima che si possa denunciarne la scomparsa.»
«Ormai e da sabato che manca.»
«Chissa se Kelly avra idea di dove potrebbe essere andata?…» domando Sue Li in tono pacato.
«Non lo so», rispose Michael. «Stasera, comunque, non mi ha detto nulla.» E rivolse a suo padre uno sguardo di sfida.
«Ah, ecco dov’eri», commento Ryton, sentendosi invadere da una nuova ondata di sconforto. Michael non replico. «Be’, domattina, per prima cosa, sara bene che chiami quella ragazza e la metti al corrente, in caso Mel decidesse di contattarla.»
«Lo faro, anche se non servira a granche. Vanno via fra poco e stanno fuori due mesi.»
Ryton scruto attento suo figlio, cercando invano un’ombra del bambino che era stato. Crescevano, i suoi ragazzi, e diventavano estranei dall’espressione indifferente. Il mondo stava proprio impazzendo. Digito sulla tastiera il numero di Halden. Il monitor rimase vuoto, di un inerte verde scuro. Dopo un minuto si senti attivarsi l’audio.
«Halden, parla James.»
«Qualche problema?» La voce di Halden giungeva roca, impastata.
«Temo di si. E scomparsa mia figlia.»
Lo schermo s’increspo brevemente di pagliuzze policrome che finirono per solidificarsi nella faccia di Halden, disfatta dal sonno. Lo si vide distogliersi un attimo dal video come per rispondere a qualcuno fuori campo. Zenora, molto probabilmente. Quando torno di fronte, appariva scuro in volto.
«Scappata di casa?»
«Cosi pare. Ci aveva raccontato che andava a una festa, ma poi abbiamo trovato un messaggio in cui dice di aver trovato lavoro a Washington.»
«Quant’e che se n’e andata?»
«Due giorni.»
Halden emise un fischio sgraziato.
«E perche avete aspettato a chiamare?»
«Pensavamo che fosse andata a trovare Evra.»
«Eppure ti avevo avvertito, James, che tua figlia era infelice.»
Ryton senti che il proprio autocontrollo rischiava di infrangersi da un momento all’altro. «Halden, lo sapevamo tutti che Melanie era infelice. Ma che potevamo farci? E comunque non ti ho chiamato per sentirmi propinare una lezione di pedagogia.»
Halden annui. «Hai ragione, James. Non serve a nulla discuterne ora. Piuttosto, di che lavoro si tratta?»
«Non si sa.»
«D’accordo, provvedero a diffondere la notizia. Ti rendi conto, vero, di quanto sara difficile rintracciarla… specialmente trattandosi di una neutra?»
«Ma si, si», rispose Ryton in tono impaziente. «Sono perfettamente consapevole delle limitazioni insite in una rete telepatica. Anche noi abbiamo i nostri limiti.»
«Senza contare, poi, che la disfunzionalita di Melanie agisce quasi come una barriera riflettente.»
«E allora andate in cerca di uno spazio assolutamente vuoto che respinga tutti i nostri sforzi. Ecco, si, proprio un
Halden fece una smorfia. «James, capisco bene che sei sottoposto a una tensione tremenda, ma se e questo che pensi di tua figlia, non mi sorprende affatto che se ne sia andata senza tante cerimonie.»
«Mi spiace, Halden. Il fatto e che sono scombussolato. Capirai, e solo una bambina…»
«Conosci nessuno, a Washington?»
«No… Anzi, si, nell’ufficio della Jacobsen.»
«Allora ti suggerisco di sentirli subito domattina. Mi faro vivo appena so qualcosa.» Lo schermo si spense.
Ryton si volse a fronteggiare la sua famiglia. Sue Li aveva le labbra increspate in un modo che non prometteva nulla di buono. Michael, paonazzo in viso, lo fissava accigliato.
«Bel colpo, papa.»
«Che vuoi dire?»
Michael scosse il capo. «Ha ragione zio Halden. Sei proprio uno stronzo incredibile.»
«Non ti permettere di parlarmi a questo modo, capito?» Nel cervello di Ryton, babeliche voci rincaravano la dose. Si massaggio la fronte con gesti stanchi.
«E scommetto che ti preoccupa molto meno l’incolumita di tua figlia, delle chiacchiere che verranno fuori al convegno estivo.»
«Michael!» intervenne Sue Li in tono scandalizzato.
A Ryton la testa martellava ferocemente. La voce di quel ragazzo irriverente era ormai solo una delle tante che congiuravano nell’inchiodarlo alla sua sofferenza. «Ma non essere ridicolo.»
«Michael», soggiunse Sue Li, «tuo padre e terribilmente sconvolto. E poi lo sai che quando e agitato gli vengono le vampate mentali.»
«E come se lo so. E so anche che mia sorella se n’e scappata chissa dove, che forse proprio ora si trova nei guai, e che tutto quel che siete capaci di fare e mettervi a frignare col caro zio Halden.»
«Michael, basta cosi!» ordino Sue Li.
Ryton li lascio alla loro discussione e fuggi verso il bagno. Aveva assoluto bisogno di qualcosa che placasse quel rumore, che lenisse il suo dolore.
Le luci di sala si attenuarono, e ricomincio la pubblicita. Le ormai familiari immagini di Base Luna riempirono lo schermo. Mel le aveva gia viste tre volte, e il testo lo conosceva quasi a memoria. Certo che Base Luna dava proprio l’idea di un posto interessante, che sarebbe valso la pena visitare. Con le sue piccole cupole. Con tutte quelle persone sorridenti nelle loro eleganti tute azzurre. Anche i meccanismi che adoperavano avevano un aspetto strano ed esotico. Forse nessuno faceva caso ai mutanti, sulla Luna. Chissa che un giorno o l’altro non riuscisse anche a lei, di andare lassu.
Insonnolita, si ravvolse nella giacca. Il locale era quasi vuoto. Probabilmente avrebbe potuto trattenersi li tutta la notte. La maratona cinematografica sarebbe andata avanti fino alla mezza del giorno dopo. Domani avrebbe deciso cosa fare. Se le riusciva di simulare il numero di credito di suo padre poteva prendere la monorotaia fino a