«Pensavo che ci avrebbe reso le cose piu facili.»

«Piu facili?!» Michael scatto su, sottraendosi al suo abbraccio. «Che vuoi dire?»

Nella voce di Jena fece capolino una punta di nervosismo. «Be’, sai com’e, in questo modo loro non devono piu stare a preoccuparsi quando passi la notte fuori casa, e intanto il clan si abitua all’idea che noi due facciamo coppia…»

Una chiara, acuta consapevolezza prese finalmente forma dentro di lui. Dandogli quasi un senso di sollievo. Salto giu dal letto.

«Accidenti a te, Jena, ma si puo sapere a che gioco stai giocando?»

Lei si mise a sedere, guardandolo attenta. «In che senso?»

Michael s’infilo i jeans e afferro la camicia. «Nel senso che stai manovrando me e la mia famiglia. Che bisogno c’era che venissero a conoscenza di questa storia?»

«Tanto prima o poi l’avrebbero saputo comunque.»

«Tu stai solo cercando di incoraggiare le loro speranze. Di creare in loro l’illusione che questo nostro rapporto significhi qualcosa.»

«Ma e ovvio che significa qualcosa.» Ogni disinvoltura era ormai scomparsa dalla voce di lei.

«Per te, forse.» Finito di allacciarsi la camicia, Michael indosso senza indugio stivali e giacca. «Credevi forse che quei simpatici giochetti a letto potessero tenermi ipnotizzato?»

«Non sono io che ti ho ipnotizzato», replico Jena con voce stridula. «Sei tu che mi hai voluto.»

«Verissimo. Ma solo dopo che ti sei letteralmente gettata fra le mie braccia.»

«A te, pero, una volta sola non e bastata.»

Michael sentiva il rossore bruciargli le guance. «Lo so.»

«Ma perche devi farla cosi lunga, dico io?» Jena si stiro voluttuosamente, accogliendo carezze di luna sui fianchi vellutati. «Dai, torna a letto, che facciamo il fior di loto che ti piace tanto…»

«No.» Ignoro le immagini appassionate che gli guizzavano davanti agli occhi della mente. «Fra noi e finita, Jena. Finita per sempre.»

«Non puoi parlare sul serio, Michael.»

«E invece si.»

Corse via, ma l’onda psichica di lei l’insegui lungo il corridoio, e per le scale, e giu in strada. Non credere che sia cosi facile.

«Vai al diavolo, vai al diavolo, vai al diavolo…» continuo a borbottare fra se, facendo trasalire un uomo d’affari in attesa, alla fine dell’isolato, che si liberasse un visofono pubblico. Si, al diavolo. Adesso sapeva che cosa non voleva, ed era un buon punto di partenza. Anzi, piu che un punto di partenza. Il pensiero di Kelly gli ardeva nella mente come un faro verso il quale dirigersi, un porto sicuro nel quale confidare. Le tradizioni mutanti potevano anche andare a farsi fottere. Dopo l’assemblea annuale le avrebbe chiesto di sposarlo, e questo avrebbe definito la questione una volta per tutte.

In un gran luccichio d’argento e acciaio il convoglio comparve all’imboccatura della galleria. Andie annui soddisfatta. Appena in tempo. Pochi minuti dopo arrivava in ufficio.

«Giorno.» La nuova centralinista, Aten, sfavillanti occhi d’oro, sorrise cortesemente.

«C’e il senatore Jeffers?»

«Si, e la sta aspettando, Andie.»

«Benissimo.»

Andie getto la videovaligetta sulla scrivania, afferro il videotaccuino ed entro a grandi passi nello studio di Jeffers.

«Buon giorno, consigliere», la saluto lui allegramente. «Pronta a entrare in azione, si direbbe.»

Lei ignoro il tono faceto.

«Guarda un po’ qua», disse, inserendo nel terminale della scrivania la memocassetta del suo colloquio con la Renstrow e osservando, con cupa soddisfazione, svanire il sorriso dal volto di Jeffers. «Meno male che ho l’abitudine di registrare tutti i miei incontri.»

«Che cosa vuole questa Renstrow?» domando Jeffers aggrondato.

«Non me l’ha voluto dire. Ha chiesto solo di vederti. Secondo me sta cercando di rimestare nel torbido. Forse sei troppo popolare. Ieri un sondaggio ti attribuiva il sessantatre per cento del favore popolare, in Oregon. Puo darsi che quella abbia intenzione di piantare qualche casino al solo scopo di mettersi un po’ in mostra.»

«Probabilmente hai ragione», assenti Jeffers. «Quand’e che la posso incontrare?»

Andie controllo il calendario degli impegni di Jeffers. «Domani. Prima del convegno dell’Unione mutante, previsto per le quattro.»

«Va bene. Aggiungimi la Renstrow domani pomeriggio sul presto. Bisogna cercare di tenerseli buoni, i rappresentanti del quarto potere.» La scruto con sguardo indagatore. «C’e qualcos’altro che ti preoccupa?»

«Stephen, ho passato tutta la notte a esaminare le cifre del nostro bilancio, alla ricerca di eventuali problemi. Ti rendi conto che abbiamo speso il triplo rispetto alla Jacobsen l’anno scorso nello stesso periodo?»

Jeffers si strinse nelle spalle. «Sai bene che il personale e aumentato, Andie. Eleanor non faceva parte di un’importante sottocommissione senatoriale. Lei non aveva le nostre necessita. Ne consegue che noi spendiamo di piu.»

«E se fosse questo il fatto che ha destato l’interesse della Renstrow? Forse sta rovistando per portare in luce gli sprechi dei senatori mutanti. Ti assicuro che era molto interessata a conoscere le tue basi economiche.»

Jeffers sorrise. «E noi lasciamola scavare.»

«Stephen, sto parlando seriamente.»

«Me ne sono accorto. E io sto cercando di tranquillizzarti. Credimi, se ti dico che sono perfettamente in grado di rintuzzare i tentativi d’indagine della Renstrow. I miei affari sono in ordine. E smettila di preoccuparti del bilancio. Fra l’altro non e neppure di tua competenza.»

«Scusa se ti ho disturbato», replico Andie. Gli rivolse un’occhiata sprezzante, richiuse di scatto il videotaccuino e si alzo per andarsene.

La voce di lui la raggiunse sulla porta.

«Andie, aspetta. Torna qui e siediti. Per favore.»

Si fermo, si volse, lo guardo, obbedi.

«Non intendevo affatto prendere alla leggera il tuo impegno», le disse. «La tua sollecitudine e assolutamente encomiabile. Solo che detesto l’idea che tu possa aver perduto una notte di sonno a lambiccarti su questa faccenda. Il tuo lavoro e gia abbastanza duro.»

«Non vado in cerca di gratitudine, Stephen. D’altra parte non sopporto di sentirmi dire che le questioni di questo ufficio non sono affari miei.»

Si chino su di lei, pose una mano sulle sue mani. «Andie, tu sei incredibilmente importante per me. Senza il tuo aiuto non potrei andare avanti. Capisco che non ti senti abbastanza gratificata dalle tue attuali responsabilita, ma devi avere pazienza. Le cose cambieranno.»

«Lascia perdere, Stephen.»

«Credo che dobbiamo parlare», soggiunse lui, continuando a stringerle le mani. «Possiamo vederci, stasera?»

«Stasera no, Stephen. Ho gia un altro impegno.»

«Disdicilo.»

«Mi spiace, ma non posso.»

«Allora domani?» insiste lui con un sorriso disarmante.

«Chiedimelo domani.» Si alzo, e usci dallo studio.

L’immobile che ospitava la Ryton, Greene Davis Engineering era basso ed elegante, costruito in un granito epossidico grigiazzurro che il padre di Michael aveva espressamente richiesto per via delle sue risonanze psichiche dall’azione calmante. Finestre di plexiglas celeste, profondamente incastonate nei muri dell’edificio, scintillavano come gioielli.

Michael si tiro su il bavero del giaccone e corse dentro, col respiro che gli si condensava in una scia di nuvolette. Un mattino davvero gelido. La stagione dei mutanti incombeva nell’aria. Halden aveva convocato

Вы читаете La stagione dei mutanti
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату