di Michael. Egli lo schivo, e quello ando a fracassarsi in tanti cocci verdi e azzurri contro la parete di fondo del corridoio. Michael fisso inorridito quel disastro.
«Se ti riazzardi», minaccio, «ti appendo in cantina a testa sotto.»
«Lo diro a mamma e papa.»
«Ma prima dovrai spiegargli come ha fatto a rompersi il vaso.»
«Lo riaggiusto subito. Pero rimettimi giu.»
Mentre Jimmy si dimenava, Michael provvide a depositarlo senza tanti complimenti sul tappeto. Allora, sotto il suo sguardo vigile, i frammenti sparpagliati di ceramica si innalzarono dal pavimento e vorticando andarono a fermarsi sopra la mensola, ridando forma e volume al vaso. Ogni traccia di rottura era stata fusa e cancellata.
«Bel lavoro», non pote fare a meno di ammettere Michael. Neppure lui sarebbe riuscito a compiere un restauro tanto accurato. Quanto a poteri telecinetici, Jimmy stava davvero incominciando a essergli superiore. Si giro per far la pace col fratellino, ma il corridoio era vuoto. Udi sbattere la porta della camera di Jimmy.
Il giorno dopo, Andie incontro Jeffers che usciva dall’ascensore.
«Buon giorno», la saluto.
«Buon giorno, anche a te.» Prese a camminargli accanto. «Stephen, mi puoi spiegare cos’e successo, ieri, a quell’assemblea dell’Unione mutante? Non ti avevo mai sentito parlare a quel modo. Hai per caso intenzione di terrorizzarci tutti, noi normali?»
Jeffers ridacchio. «L’hai presa troppo sul serio, Andie. E in effetti mi sono accorto di averti un po’ turbata. Be’, non sei tu quella che mi ripete continuamente di dare alla gente cio che la gente vuole?»
Apri la porta e le cedette il passo.
«E vero», ammise Andie. «Ma non fino al punto di trasformare un’innocua iniziativa autopromozionale in una specie di raduno neonazista.» Raggiunse a passo vivace lo studio privato di lui e si lascio cadere nella poltrona azzurra accanto alla scrivania.
Jeffers le ando vicino rimanendo in piedi. «Sin da quando e stata fondata, l’Unione mutante ha sempre adottato, e preteso dai suoi politici, un linguaggio vigoroso. Pertanto, quando l’Unione mutante si riunisce per ascoltarmi, bisogna che mi comporti di conseguenza. Dico ai membri dell’Unione quello che loro si aspettano di sentirsi dire, ma senza assumermi alcun preciso impegno.»
«E tutte quelle restrizioni che hai promesso di far abrogare?»
Jeffers si strinse nelle spalle. «Loro lo sanno benissimo che non posso far miracoli. E poi avrai notato che non ho parlato di scadenze. A parte il fatto che si tratta davvero di restrizioni ingiuste.»
«Cos’era quell’accenno agli… eredi del domani?»
«Semplicemente una frase a effetto per fargli spellare le mani dagli applausi.»
«Ma ai tuoi elettori normali cosa pensi di dire?»
«Che mi adoperero in favore dei loro interessi e mi impegnero a mantenere bassa la pressione fiscale. Che l’integrazione fra mutanti e nonmutanti andra avanti in maniera progressiva e non traumatica, recando notevoli vantaggi a entrambe le parti.»
Andie sospiro. «Hai una risposta a tutto.»
«Due risposte per ogni casa… e due voti.» Jeffers si esibi in un sogghigno rapace.
L’avvisatore del terminale modulo il suo richiamo.
«Senatore Jeffers, il signor Canay come da appuntamento.»
«Fallo passare.»
Occhi e capelli scuri, incarnato olivastro, abbigliamento di lusso, il nuovo venuto fece il suo ingresso nella stanza. Rivolse un cenno di saluto a Jeffers, poi guardo Andie con aria dubbiosa.
«Ben. Lieto di vederti.» Jeffers gli strinse la mano. «Ti presento Andie Greenberg, mia prima assistente e responsabile dell’ufficio stampa.»
Canay rivolse anche a lei un cenno cortese. «Piacere di conoscerla.» Sorriso un po’ storto, ma simpatico.
«Salve.» Appena una lieve sfumatura di freddezza, nel tono di Andie. Per quale motivo Jeffers l’aveva definita responsabile dell’ufficio stampa?
«Andie, Ben ha lavorato con me alla Betajef, la mia ditta di importazioni. Ho deciso d’inserirlo nel personale perche coordini la campagna elettorale del diciotto e mi dia una mano in certi progetti particolari.»
«Capisco.»
«Voglio che Ben organizzi il comitato di cui si diceva, quello che dovra dedicarsi a studiare soluzioni di reciproco interesse nell’interazione mutanti-nonmutanti.»
Andie sgrano gli occhi, colta di sorpresa. Aveva creduto di doverlo guidare lei stessa, quel progetto.
«Ben concorda sul fatto che ci serve un preciso punto d’incontro e confronto, se vogliamo iniziare a colmare le distanze che ci separano», prosegui Jeffers, apparentemente ignaro della reazione di lei.
«Abbiamo intenzione di procedere in tal senso al piu presto», intervenne Canay. «Si tratta di un’iniziativa provvista di notevole potenziale propagandistico. Naturalmente avro bisogno di collaborazione da parte del personale.»
«Sono convinta che non le manchera», replico Andie in tono gelido. Poi gli volto la schiena. «Stephen, ti debbo parlare.»
«Puoi aspettare fino a oggi pomeriggio? Avrei da discutere con Ben di alcune cose.»
«Prima e, meglio e.»
«Ti va bene all’una?»
«D’accordo.»
«Lieto di aver fatto la sua conoscenza, Andie.»
«Altrettanto.» Fulmino Jeffers con uno sguardo furibondo, afferro il videotaccuino e usci a lunghi passi dalla stanza.
Schiumante di rabbia, controllo l’agenda. Accidenti! Era gia in ritardo per il convegno del Gruppo Roosevelt.
«Aten, staro via fino all’una», avverti, e si precipito dabbasso.
Il Gruppo Roosevelt, che annoverava rappresentanti del personale addetto a ciascun senatore del Congresso, si riuniva ogni primo martedi del mese. In parte organismo di reciproco sostegno, in parte occasione di pettegolezzi a ruota libera, teneva Andie in collegamento con la vasta rete di assistenti politici che si snodava attraverso i corridoi del potere. Nessuno le avrebbe tolto di mente che si prendevano piu decisioni e ci si scambiavano piu favori li che nell’aula del Senato.
Karim sedeva dalla parte opposta della sala. Vedendola entrare le fece l’occhiolino.
«Hai saputo che si e messo con una delle assistenti di Coleman?» bisbiglio accanto a lei Letty Martin.
Andie si acciglio. «No. Quale?»
«La bionda.»
Per un attimo le baleno in testa il pensiero che forse si era lasciata sfuggire un uomo in gamba, ma non diede seguito alla riflessione. Karim aveva rappresentato solo un interesse passeggero. Andie non aveva mai provato, nei suoi confronti, la passione che adesso le bruciava dentro per Jeffers. Le mancava, e vero, quel vivace scambio di idee che con Karim era stato all’ordine del giorno. E adesso un suo consiglio le sarebbe potuto tornare utile.
Innesto il terminale portatile alla presa del tavolo e digito il codice di Karim. La risposta non si fece attendere.
CHE C’E?
PROBLEMA. PARLIAMO?
QUANDO?
DOPO CONVEGNO.
OKAY.
In capo a un’ora, allorche l’assemblea ebbe dato fondo allo scambio di battute e pettegolezzi, Andie trovo Karim ad attenderla, con aria interrogativa, accanto all’ascensore.
«Allora?»
«Facciamo due passi.»
«Ma sei matta? Fuori si gela!»
«Non sul viale.»