— No. non puoi. Senti, saro franca. Ho lavorato con materiale migliore di quanto sei tu, ma o mi contento o… hai mai trascorso un milione di anni in uno strato di carbone?
— Senti, io…
— Percio se non la pianti di discutere, ti taglio la testa.
Scuotivento vide il proprio braccio sollevarsi finche la lama lucente gli sibilo a un centimetro dalla gola. Cerco di costringere le sue dita ad aprirsi. Niente da fare.
— Io non so fare l’eroe! — grido.
— Mi offro di insegnarti.
Il bronzeo Psepha emise un profondo brontolio.
K!sdra, il suo cavaliere, si chino in avanti a scrutare la radura. — Lo vedo — esclamo. Si calo agilmente dai rami, atterro leggero sui ciuffi d’erba e sfodero la spada.
Dette una buona occhiata all’uomo che si avvicinava, chiaramente riluttante ad abbandonare il riparo degli alberi. Era armato ma il suo modo di reggere la spada, a braccio teso di fronte a se, era curioso, come se lo imbarazzasse essere visto in sua compagnia.
K!sdra sollevo la propria spada, con un largo sorriso sarcastico alla vista del mago che avanzava goffo. Poi balzo in avanti.
Piu tardi ricordo soltanto due cose del combattimento. Ricordo il modo inquietante in cui la spada del mago si curvava all’insu e si abbatteva sulla sua con tanta violenza da fargliela schizzare via di mano. L’altra cosa che, si giustificava, aveva causato la sua sconfitta, era che il mago gli copriva gli occhi con una mano.
K!sdra fece un salto indietro per evitare un altro colpo e fini lungo disteso a terra. Con un ringhio Psepha spiego le sue grandi ali e si lancio giu dall’albero.
Un momento piu tardi il mago, in piedi sopra di lui, gridava: — Digli che se soltanto mi sfiora, do via libera alla spada. Lo faro! Cosi diglielo! — La punta della spada nera minacciava la gola di K!sdra. Lo strano era che il mago lottava con lei, mentre quella pareva canticchiare tra se e se.
— Psepha! — urlo K!sdra.
Il dragone ruggi in tono di sfida, ma si astenne dal completare la picchiata che avrebbe portato via la testa di Scuotivento e, battendo le ali poderose, torno al suo albero.
— Parla! — grido Scuotivento.
K!sdra lo guardo seguendo con gli occhi il filo della spada. — Cosa vorresti che dicessi? — chiese.
— Cosa?
— Ho detto cosa vorresti che ti dicessi?
— Dove sono i miei amici? Intendo il barbaro e l’ometto.
— Credo che li abbiano riportati al Wyrmberg.
Con strattoni frenetici Scuotivento cercava di frenare l’irruenza della spada e di non prestare attenzione al suo ronzio assetato di sangue.
— Che cos’e un Wyrmberg?
—
— E suppongo che voi aspettavate per condurmici, eh?
K!sdra se ne usci in un gridolino involontario quando la punta della spada gli fece uscire una goccia di sangue dal pomo d’Adamo.
— Non volete che la gente sappia che qui ci sono i dragoni, eh? — ringhio il mago. Il cavaliere annui senza pensarci e fu a un centimetro dal tagliarsi la gola.
Scuotivento lo guardo con un sorrisetto. O piuttosto con una smorfia che non aveva nulla di allegro, un vero e proprio rictus. Del genere normalmente accompagnato da uccellini rivieraschi che svolazzano dentro e fuori e becchettano i rimasugli dai denti.
— Vivo andra bene — disse. — Se parliamo di qualcuno che e morto, ricordati di chi e questa spada e in mano di chi.
— Se mi uccidi nulla impedira a Psepha di ammazzarti — urlo il cavaliere.
— Allora ecco che faro, ti tagliera a pezzetti. — Il mago provo di nuovo l’effetto della smorfia.
— Oh, va bene — esclamo K!sdra imbronciato. — Pensi che io non abbia immaginazione?
Si contorse fino a togliersi da sotto la spada e fece cenno al drago, che volo giu verso di loro. Scuotivento degluti.
— Vuoi dire che dobbiamo andare su quel coso?
L’altro lo guardo sprezzante, con la punta di Kring sempre diretta al suo collo. — Come altro si arriverebbe al Wyrmberg?
— Non lo so. Come?
— Voglio dire, non c’e altro modo. O si vola o niente.
Scuotivento dette un’ultima occhiata al dragone che gli stava davanti. Distingueva chiaramente attraverso il corpo dell’animale l’erba calpestata sulla quale giaceva, ma quando gli tocco con precauzione una squama che appariva un semplice bagliore dorato, la senti abbastanza solida. Penso: 'O i draghi dovrebbero esistere compiutamente o non dovrebbero esistere affatto. Un drago che esiste soltanto a meta e ancor peggio dei due estremi'.
— Non sapevo si potesse vedere attraverso i draghi — osservo.
Klsdra alzo le spalle. — Non lo sapevi? — Si isso in groppa al dragone un po’ goffamente, perche Scuotivento si teneva aggrappato alla sua cintura. Una volta sistemato piuttosto scomodamente, il mago si afferro a un pezzo della bardatura per reggersi meglio e punzecchio leggermente K!sdra con la spada.
— Hai mai volato prima? — gli chiese il cavaliere senza voltarsi.
— Cosi, no.
— Vuoi qualcosa da succhiare?
Scuotivento guardo il sacchetto di dolci rossi e gialli che l’altro gli offriva. — E necessario?
— E una tradizione. Serviti pure.
Il drago si drizzo, si mosse pesantemente attraverso la radura e si levo in aria.
Scuotivento aveva un incubo ricorrente: si trovava barcollante su un luogo intangibile ma tremendamente alto e vedeva scorrergli sotto un paesaggio punteggiato da nuvole, reso cilestrino dalla distanza. (Di solito si svegliava dal sogno con le caviglie sudate; quanto si sarebbe maggiormente preoccupato se avesse saputo che l’incubo non era causato dalla solita vertigine del mondo-disco. Invece era il ricordo di un evento del suo futuro cosi terrificante da generare ipertoni di paura lungo tutta la linea della sua vita.)
L’attuale non era quell’evento, ma ne costituiva una buona preparazione.
Psepha avanzava con una serie di balzi da sconquassare le vertebre. All’apice dell’ultimo balzo, le bianche ali si aprirono con uno scatto e si spiegarono con un tonfo che fece tremare gli alberi.
Adesso si erano alzati da terra e Psepha saliva con un movimento pieno di grazia; i raggi del sole pomeridiano brillavano sulle sue ali, tuttora simili a un velo dorato. Scuotivento fece lo sbaglio di guardare in giu e scorse attraverso il corpo del dragone le cime degli alberi in basso. Molto in basso. Lo stomaco gli si contrasse alla vista.
Ne era molto meglio chiudere gii occhi, perche cosi la sua immaginazione si metteva a galoppare. Giunse a un compromesso: tenere lo sguardo fisso a media distanza, dove brughiera e foresta scorrevano via ed era possibile contemplarle di quando in quando.
Si senti ghermire dal vento. K!sdra si giro a meta e gli urlo nell’orecchio: — Guarda il Wyrmberg!
Scuotivento volto piano la testa, badando a tenere Kring leggermente poggiata sulla schiena del drago. Con gli occhi che il vento faceva lagrimare, vide la montagna capovolta in modo impossibile levarsi dalla vallata ricoperta di foreste, come una tromba da un tino pieno di muschio. Perfino da quella distanza scorgeva nell’aria il tenue bagliore dell’ottarino che stava a indicare un’aura magica stabile di almeno (gli manco il respiro) diversi milliPrimi? Almeno!
— Oh no! — esclamo.
Guardare giu alla terra era sempre meglio di quello. Distolse in fretta lo sguardo e si accorse di non potere piu vedere
Parve a Scuotivento di vedere nell’aria una sottile striscia, come se la montagna si fosse protesa a toccare la bestia. Gli sembro, stranamente, che cosi il drago diventasse piu autentico.
Di fronte a loro, il Wyrmberg si trasformo da giocattolo distante diversi miliardi di tonnellate di roccia in equilibrio tra cielo e terra. Si scorgevano piccoli campi, boschi e, verso la cima, un lago e dal lago sgorgava un fiume che precipitava oltre il bordo…
Scuotivento fece l’errore di seguire con l’occhio la traccia d’acqua spumeggiante e si ritiro indietro di scatto, giusto in tempo.
La cima svasata della montagna capovolta veniva loro incontro. Il drago nemmeno rallento.
Via via che la montagna incombeva su di lui, simile al piu grosso scacciamosche dell’universo, Scuotivento scorse l’imboccatura di una caverna, verso la quale si diresse Psepha.
Avvolto a un tratto dall’oscurita, il mago diede un grido. Una rapida visione di rocce trascorrenti, resa confusa dalla velocita, poi il drago fu di nuovo all’aperto.
Si trovavano dentro una caverna, piu grande di quanto sarebbe lecito aspettarsi da qualsiasi caverna. Il drago, che scivolava attraverso quell’enorme vuoto, era una semplice mosca dorata in una sala dei banchetti. Nell’aria illuminata dai raggi del sole altri draghi, dorati, argentei, neri, bianchi volteggiavano per i loro propri scopi o erano appollaiati su spunzoni di roccia. In alto nel tetto a cupola della caverna decine di altri pendevano da grossi anelli. Lassu c’erano anche degli uomini. Vedendoli, Scuotivento fu allibito perche quelli camminavano sulla vasta superficie del soffitto come mosche. Poi scorse le migliaia di piccoli anelli che lo costellavano. Alcuni uomini a testa in giu osservavano interessati il volo di Psepha. Scuotivento fu ancora piu esterrefatto. Non riusciva a pensare a cosa doveva fare, ne fosse andato della sua vita.
— Allora? — bisbiglio. — Qualche suggerimento?
— Naturalmente tu attacchi — rispose sprezzante Kring.
— Come mai non ci ho pensato? Forse perche sono tutti muniti di balestra.
— Sei un disfattista.
— Disfattista! Questo perche sto per essere sconfitto!