— Scuotivento, tu sei il tuo peggiore nemico — sentenzio la spada.

Scuotivento guardo gli uomini sogghignanti.

— Vuoi scommettere? — disse stancamente.

Prima che Kring potesse rispondergli, Psepha s’impenno a mezz’aria e si poso su uno dei grossi anelli che dondolo pericolosamente.

— Preferisci morire ora o prima ti arrendi? — gli domando con calma K!sdra.

Degli uomini si dirigevano verso l’anello da tutte le direzioni; camminavano con andatura ondeggiante, poggiando gli stivali uncinati sugli anelli pendenti dal soffitto.

Altri stivali erano disposti su una rastrelliera appesa in una piccola piattaforma costruita di fianco al grosso anello. Prima che Scuotivento potesse fermarlo, il cavaliere era balzato giu dalla groppa del dragone ed era atterrato sulla piattaforma, con un sorriso di scherno per la sconfitta del mago.

Si udi il rumore lieve delle balestre che venivano armate. Scuotivento levo lo sguardo verso le facce capovolte che lo fissavano impassibili. L’abbigliamento del popolo dei draghi non dimostrava una grande immaginazione: finimenti di cuoio con ornamenti di bronzo; coltelli e foderi di spade portate a rovescio. Quelli senza elmetto lasciavano pendere i capelli, che fluttuavano come alghe nell’aria smossa dalla ventilazione vicino al tetto. Tra di loro c’erano parecchie donne. La positura invertita aveva uno strano effetto sulla loro anatomia.

— Arrenditi — ripete K!sdra.

Scuotivento apri la bocca per farlo. Con un ronzio Kring lo ammoni e lui senti su per il braccio ondate di un dolore acuto. — Mai — disse con voce stridula e il dolore cesso.

— Naturale che non lo fara — esclamo dietro di lui una voce rimbombante. — E un eroe, no?

Scuotivento si volto e si trovo davanti un paio di narici pelose. Appartenevano a un giovane assai robusto, appeso disinvoltamente al soffitto con gli stivali.

— Come ti chiami, eroe? — gli chiese. — Cosi sappiamo chi sei.

Un dolore atroce saetto nel braccio di Scuotivento. — Io… io sono Scuotivento di Ankh — ansimo.

— E io sono Lio!rt, il signore dei Draghi — disse l’altro con una profonda voce di gola. — Sei venuto a sfidarmi in duello mortale?

— Be’, no, io non…

— Ti sbagli. K!sdra, dai al nostro eroe un paio di stivali. Sono sicuro che e impaziente d’iniziare.

— No, senti, sono venuto qui solo per trovare i miei amici. Sono sicuro che non… — comincio Scuotivento, mentre il cavaliere lo guidava deciso sulla piattaforma, lo costringeva a sedersi e gli allacciava gli stivali ai piedi.

— Sbrigati, K!sdra. Non possiamo ritardare l’incontro del nostro eroe con il suo destino — disse Lio!rt.

— Senti, sono sicuro che i miei amici si trovano bene qui, quindi se tu potessi, sai, depositarmi da qualche parte…

— Vedrai quanto prima i tuoi amici — promise il signore dei dragoni. — Se sei religioso, intendo. Nessuno che entra nel Wyrmberg ne esce piu. Salvo in senso metaforico, naturalmente. Mostragli come raggiungere gli anelli, K!sdra.

— Guarda in che cosa mi hai cacciato! — sibilo Scuotivento.

Kring gli vibro nella mano. — Ricordati che sono una spada magica.

— Come potrei dimenticarlo?

— Arrampicati sulla scala e afferra un anello — disse il cavaliere — quindi solleva i piedi finche l’uncino si aggancia. — Aiuto il mago recalcitrante a salire finche rimase appeso a testa in giu, con la tunica infilata nelle brache e Kring penzolante da una mano. Visto da quell’angolatura, il popolo dei dragoni sembrava abbastanza sopportabile, ma gli animali, sospesi dai loro posatoi, incombevano sulla scena come immensi mascheroni, con occhi accesi d’interesse.

— Attenzione, prego — disse Lio!rt. Uno dei cavalieri gli porse una forma oblunga, avvolta in seta rossa.

— Combattiamo fino alla morte — dichiaro. — La tua.

— Suppongo che se vinco mi guadagno la liberta? — chiese Scuotivento, senza molta speranza.

Con un cenno della testa Lio!rt gli indico gli altri cavalieri. — Non essere ingenuo.

Scuotivento respiro a fondo. — Credo di doverti avvisare — disse con voce ferma. — Questa e una spada magica.

Lio!rt lascio cadere il drappo di seta rossa roteo una lama nera come la pece, sulla cui superficie brillavano dei caratteri runici.

— Che coincidenza — disse con una rapida stoccata.

Il mago s’irrigidi dalla paura, ma il braccio gli scatto in avanti, seguendo l’impeto di Kring. Le due lame s’incrociarono in un’esplosione di lampi di ottarino.

Lio!rt fece un balzo indietro, stringendo gli occhi. Superando la sua guardia, Kring meno un affondo e sebbene la spada del cavaliere si sollevasse a parare la violenza del colpo, il risultato fu una sottile linea rossa che attraverso il torace del suo padrone.

Con un ringhio questi si scaglio contro il mago, con gli stivali che tintinnavano mentre scivolava da un anello all’altro. Le due spade s’incrociarono di nuovo con una violenta scarica di magia e, allo stesso tempo, Lio!rt abbatte l’altra mano sulla testa di Scuotivento, facendogli perdere l’equilibrio cosi che un piede perse il contatto con l’anello e rimase penzoloni nel vuoto.

Scuotivento sapeva di essere quasi certamente il mago piu scadente del mondo-disco, dato che conosceva un solo incantesimo. Cio nonostante era pur sempre un mago e cosi, per le inesorabili leggi della magia, alla sua dipartita sarebbe apparsa la Morte stessa a reclamarlo (invece di mandare uno dei suoi numerosi servi, com’e di solito il caso).

Fu cosi che, mentre con un sogghigno Lio!rt faceva lentamente descrivere un arco alla sua spada, agli occhi di Scuotivento il mondo fu a un tratto illuminato da una vacillante luce di ottarino, tinta di violetto per l’impatto dei fotoni sull’aura magica. Al suo interno il cavaliere era mutato in una statua fantomatica e la sua spada si muoveva con la lentezza di una lumaca.

Oltre a Lio!rt c’era un’altra figura, visibile soltanto a coloro capaci di vedere nelle quattro dimensioni extra della magia. Era alta e nera e sottile e faceva ondeggiare a due mani, contro una notte subitanea di gelide stelle, una falce dalla lama proverbialmente tagliente…

Scuotivento si abbasso di scatto. La lama gli passo sibilando accanto alla testa e penetro senza rallentare nel tetto di roccia della caverna. La Morte grido un’imprecazione nella sua fredda voce cavernosa. La scena svani. Cio che nel mondo-disco passava per realta si riaffermo rumorosamente. Lio!rt era rimasto senza fiato per la rapidita con la quale il mago aveva evitato il suo colpo letale, mentre quest’ultimo, con la disperazione di chi e veramente terrorizzato, aveva preso lo slancio e gli si era scagliato contro, attraverso lo spazio che li separava. Afferrate con entrambe le mani il braccio armato del cavaliere, lo torceva con tutta la forza di cui era capace.

Fu in quel momento che l’unico anello che restava a Scuotivento, gia sovraccarico, si stacco con un piccolo rumore metallico dalla roccia nella quale era infisso.

Lui precipito, ondeggiando paurosamente, e rimase penzolante sull’abisso, aggrappato cosi disperatamente al braccio del cavaliere che questi grido di dolore.

Lio!rt guardo in alto ai suoi piedi. Schegge di roccia cadevano dal tetto intorno alle caviglie che reggevano gli anelli.

— Lascia la presa, maledetto! — urlo. — O moriremo entrambi.

Scuotivento non disse nulla, concentrato unicamente a mantenere la presa e a scacciare dalla mente le immagini incalzanti del fato che l’attendeva sulle rocce sottostanti.

— Colpitelo! — urlo Lio!rt.

Scuotivento vide, con l’angolo dell’occhio, diverse balestre puntate contro di lui. Lio!rt scelse quel momento per battere l’aria con la mano libera e una manciata di anelli colpi le dita del mago.

Lui lascio la presa.

Duefiori afferro le sbarre e si isso.

— Vedi niente? — chiese Hrun. all’altezza dei suoi piedi.

— Soltanto nuvole.

Hrun lo rimise a terra e sedette sul bordo di uno dei tetti di legno che costituivano l’unico mobilio della cella. — Accidentaccio — esclamo.

— Non disperare — lo incoraggio Duefiori.

— Io non mi dispero.

— Penso che si tratti di un malinteso. E che presto ci libereranno. Mi sembrano molto civili.

Hrun lo guardo da sotto le sopracciglia cespugliose. Fece per parlare e ci ripenso, limitandosi a sospirare.

— E quando torniamo, possiamo raccontare di avere visto i draghi! — continuo Duefiori. — Che ne dici, eh?

— I draghi non esistono — affermo Hrun. — Codice di Chimeria ha ucciso l’ultimo duecento anni fa. Non so che cosa vediamo, ma non sono draghi.

— Ma ci hanno portato nell’aria! In quella sala dovevano essercene a centinaia…

— Suppongo che fosse semplicemente una magia — dichiaro il barbaro.

— Be’, a vederli sembravano draghi — ribatte Duefiori con tono di sfida. — Ho sempre desiderato vederli, fin da quando ero bambino. Dragoni che volano nel cielo, soffiando fiamme…

Erano soliti strascinarsi nelle paludi e simili e il loro fiato puzzava. Non erano nemmeno molto grandi. E raccoglievano legna da ardere.

— Io ho sentito che raccoglievano tesori — obietto Duefiori.

— E legna da ardere. Ehi — aggiunse Hrun animandosi — hai notato tutte quelle sale che ci hanno fatto attraversare? Davvero suggestive. C’erano un sacco di oggetti d’oro e inoltre certi di quegli arazzi devono valere una fortuna… — Si gratto il mento con aria pensierosa e il rumore di un porcospino attraverso un ciuffo di ginestra spinosa.

— E adesso che succede? — chiese Duefiori.

Hrun si stuzzico l’orecchio con un dito che guardo poi meditabondo. — Oh, mi aspetto che fra un minuto apriranno la porta e mi trascineranno nell’arena di un tempio dove lottero forse contro due ragni giganti e uno schiavo di due metri proveniente dalla giungla di Klatch e poi liberero una principessa legata all’altare e ammazzero un po’ di guardie o roba del genere e poi la fanciulla mi mostrera il passaggio segreto per andare via da quel luogo e libereremo due cavalli e scapperemo via con il tesoro. — Hrun appoggio la testa sulle mani intrecciate guardo il soffitto, fischiettando piano.

— Tutto questo? — domando Duefiori.

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