— Sono state intonate le preghiere appropriate?

— Naturalmente, Vostra preminenza.

— Quanto tempo ci vuole per arrivare alla porta?

— Alla finestra di lancio — lo corresse l’uomo con precauzione. — Tre giorni, Vostra Preminenza. La Grande A’Tuin si trovera in una posizione impareggiabile.

— Allora — concluse l’Arciastronomo — rimane soltanto da trovare i sacrifici adatti.

Il capo controllore del lancio si inchino. — Ce li fornira l’oceano — affermo.

— Lo fa sempre — sorrise il vecchio.

— Se soltanto tu sapessi navigare…

— Se soltanto tu sapessi governare.

Un’ondata spazzo il ponte. Scuotivento e Duefiori si guardarono. — Continua ad aggottare — gridarono all’unisono e afferrarono i buglioli.

Dopo un po’, dalla cabina allagata, filtro la voce petulante di Duefiori: — Non capisco perche debba essere colpa mia. — Sollevo un altro bugliolo che Scuotivento vuoto in mare.

— Eri tu che dovevi fare la guardia — lo rimprovero in tono secco.

— E merito mio se ci siamo salvati dagli schiavisti, ricordati — disse l’ometto.

— Preferisco essere uno schiavo piuttosto che un cadavere — ribatte il mago. Si raddrizzo e contemplo il mare con aria perplessa.

Era alquanto diverso dallo Scuotivento che era sfuggito all’incendio di Ankh-Morpork sei mesi prima. Intanto, aveva piu cicatrici e aveva viaggiato molto di piu. Aveva visitato le terre di Centro, scoperto i costumi di molti popoli pittoreschi, guadagnandosi nel contempo altre cicatrici, ed aveva perfino, per pochi indimenticabili giorni, veleggiato sul leggendario Oceano Disidratato nel cuore del deserto incredibilmente arido conosciuto come il Grande Nef. Su un mare piu freddo e piu umido aveva visto galleggiare montagne di ghiaccio. Aveva cavalcato un dragone immaginario. Era stato li li per pronunciare l’incantesimo piu potente del Disco. Aveva…

…decisamente l’orizzonte era meno esteso di quanto avrebbe dovuto essere.

— Uhm? — disse Scuotivento.

— Ho detto che nulla e peggiore della schiavitu — affermo Duefiori Rimase a bocca spalancata vedendo l’amico buttare lontano in mare il bugliolo e sedersi pesantemente sul ponte allagato, il viso una maschera grigia.

— Senti, mi rincresce di avere manovrato in modo da essere finiti contro la scogliera, ma non sembra che questa nave stia per affondare e presto o tardi dovremo pur toccare terra — disse Duefiori per confortarlo. — Questa corrente deve andare da qualche parte.

— Guarda l’orizzonte — rispose Scuotivento con voce monotona.

Duefiori ubbidi. — A me pare a posto — replico dopo un po’. — Ammetto che sia meno esteso di quanto dovrebbe, ma…

— E a causa del Rimfall. Siamo trascinati oltre il bordo del mondo.

Segui un lungo silenzio, rotto soltanto dallo sciacquio delle onde, mentre la nave che affondava roteava lentamente nella corrente, che si era fatta molto forte.

— Probabilmente ecco la ragione per cui abbiamo urtato la scogliera — aggiunse il mago. — Siamo stati trascinati fuori rotta durante la notte.

— Vuoi mangiare qualcosa? — gli chiese l’ometto che comincio a frugare nel fagotto che aveva legato al parapetto, per ripararlo dall’umidita.

— Non capisci? — scatto Scuotivento. — Stiamo andando oltre il Bordo, accidentaccio!

— Non possiamo farci niente?

— No.

— Allora non vedo che senso c’e a lasciarsi prendere dal panico.

— Lo sapevo che non avremmo dovuto spingerci tanto lontano in questa direzione — si lamento Scuotivento con gli occhi rivolti al cielo. — Vorrei…

— Io vorrei avere la mia scatola a immagini — disse Duefiori — ma e rimasta su quella nave di schiavi con il resto del Bagaglio e…

— Dove stiamo andando non avrai bisogno di bagaglio. — Scuotivento, avvilito, contemplo una balena distante, che sbadatamente si era persa nella corrente e adesso stava lottando per non farsi trascinare oltre il bordo.

All’orizzonte raccorciato c’era una linea bianca e al mago parve di udire un rombo lontano.

— Che accade quando una nave oltrepassa il Rimfall? — chiese Duefiori.

— Chi lo sa?

— Be’, in questo caso forse veleggeremo nello spazio e approderemo in un altro mondo. — Negli occhi dell’ometto brillo uno sguardo nostalgico. — Mi piacerebbe — concluse.

Scuotivento si limito a sbuffare.

Il sole sali alto nel cielo; cosi vicino al Bordo sembrava notevolmente piu grande. I due compagni, con la schiena appoggiata all’albero maestro, erano immersi nei loro pensieri. Ogni tanto, l’uno o l’altro prendeva un bugliolo e, senza apparente ragione, aggottava svogliatamente.

Intorno a loro il mare si faceva affollato. Alla loro altezza fluttuavano numerosi tronchi d’albero e, proprio sotto la superficie, l’acqua pullulava di pesci di ogni tipo. Il che era naturale, dato che la corrente doveva abbondare di cibo spazzato via dai continenti prossimi al Centro. Scuotivento cerco d’immaginare che vita poteva essere, se costretti a nuotare tutto il tempo per restare esattamente nello stesso posto. Molto simile alla sua, decise. Scorse una piccola rana verde che annaspava disperatamente, nella morsa inesorabile della corrente. Davanti allo stupefatto Duefiori. trovo un remo e lo tese al piccolo anfibio, che ci si arrampico, grato. Un attimo dopo, spuntarono dall’acqua due mandibole che scattarono impotenti verso il punto dove l’animale aveva nuotato.

La rana, che Scuotivento teneva in mano, lo guardo e gli azzanno un pollice, pensierosa. Duefiori ridacchio. Il mago si ficco la rana in tasca e finse di non avere udito.

— Molto umanitario, ma perche? — disse l’ometto. — Tra un’ora sara tutto lo stesso.

— Perche — disse vagamente Scuotivento e si mise ad aggottare. Ora la corrente era cosi forte che le onde si rompevano tutto intorno a loro tra spruzzi di schiuma. Il caldo era innaturale e sul mare si stendeva una caligine dorata.

Il rombo si faceva piu forte. Una seppia, piu grande di quanto avesse mai visto prima Scuotivento, spunto dall’acqua a qualche centinaio di metri, agitando frenetica i tentacoli prima di risprofondare. Un’altra creatura, grossa e fortunatamente non identificabile, ululo nella nebbia. Un’intera squadra di pesci volanti balzo su in una nuvola di goccioline iridate, riusci a percorrere qualche metro prima di ricadere nell’acqua ed essere spazzata via in un vortice.

Stavano correndo fuori dal mondo. Scuotivento lascio cadere il bugliolo e si aggrappo all’albero maestro. La fine ultima di tutto precipitava rombando incontro a loro.

Un oggetto duro e resistente urto lo scafo che ruoto di novanta gradi e fini di lato all’invisibile ostacolo. Quindi si arresto d’improvviso e una valanga d’acqua si abbatte sul ponte, tanto che per qualche secondo Scuotivento si trovo sommerso da parecchi centimetri di ribollente acqua verde. Si mise a gridare e poi il mondo sommerso divenne di color porpora acceso che prelude alla perdita dei sensi, perche fu in quel momento che Scuotivento comincio ad affogare.

Si sveglio con la bocca piena di liquido bruciante e, quando lo ingoio, il dolore lacerante nella gola lo fece rinvenire di colpo.

Sentiva la schiena premuta sull’orlo di una barca e vedeva Duefiori guardarlo con espressione preoccupata. Con un gemito si rizzo a sedere.

Questo si rivelo uno sbaglio: il bordo del mondo distava pochi centimetri.

Al di la, a un livello immediatamente sottostante all’orlo del Rimfall, c’era qualcosa di assolutamente magico.

A un centinaio di chilometri di distanza, bene al riparo dalla corrente e dalla sua spinta, un sambuco con le tipiche vele rosse della nave adibita al trasporto degli schiavi andava alla deriva nel crepuscolo vellutato. La ciurma, o quello che ne rimaneva, era radunata a prua intorno ai compagni che lavoravano febbrilmente a costruire una zattera.

Il capitano, un uomo tarchiato dal turbante tipico degli abitanti del Grande Nef, aveva molto viaggiato e aveva visto molti popoli strani e cose curiose, da lui poi rispettivamente fatti schiavi o rubate. La sua carriera era iniziata come marinaio sull’Oceano Disidratato, nel cuore del deserto piu arido del Disco. (Sul Disco l’acqua possiede una insolita quarta proprieta, causata dal calore intenso combinato con gli strani effetti disseccanti della luce dell’ottarino: si disidrata, lasciando un residuo argenteo simile a sabbia fluida attraverso la quale uno scafo ben disegnato puo scivolare agevolmente. L’Oceano Disidratato e un posto strano, ma non cosi strano come i suoi pesci). Ma prima il capitano aveva avuto realmente paura. Adesso era terrorizzato.

— Non sento nulla — borbotto rivolto al nostromo.

Il nostromo scruto nella semioscurita.

— Forse e caduto in mare? — suggeri speranzoso. Quasi in risposta alla sua domanda, da sotto coperta venne il rumore di colpi furiosi e di legno spezzato. Gli uomini dell’equipaggio si strinsero timorosi gli uni agli altri e brandirono le accette e le torce.

Probabilmente non avrebbero osato servirsene, anche se il Mostro gli si fosse avventato contro. Prima di rendersi conto della sua terribile natura, diversi uomini lo avevano attaccato con le accette; dopodiche quello aveva smesso la sua ostinata perlustrazione della nave e li aveva inseguiti buttandoli a mare o li aveva… mangiati? Il capitano non ne era sicuro. La Cosa aveva l’aspetto di un comune baule da marinaio. Un po’ piu largo del solito, forse, ma nulla di sospetto. Ma mentre a volte sembrava contenere cose come vecchie calzette e oggetti vari, altre volte (il capitano rabbrividi) sembrava essere, sembrava avere… Cerco di non pensarci. Probabilmente gli uomini affogati erano stati piu fortunati di quelli catturati. Il capitano cerco di non pensarci. Aveva visto dei denti, denti simili a bianche pietre tombali, e una lingua rossa come il mogano…

Cerco di non pensarci. Non ci riusci. Ma a una cosa penso con amarezza. Quella era l’ultima volta che lui salvava uomini ingrati sul punto di affogare, in circostanze misteriose. La schiavitu era meglio dei pescecani, no? Poi quelli erano scappati e quando i suoi marinai avevano ispezionato il loro grosso baule… Come mai erano apparsi in mezzo a un oceano calmo, seduti su un grosso baule… che aveva…? Cerco di non pensarci, ma senza volerlo si chiese che cosa sarebbe successo quando quella maledetta cosa si fosse resa conto che il suo proprietario non si trovava piu a bordo.

— La zattera e pronta, signore — annuncio il nostromo.

— Calatela in acqua — urlo il capitano. — Salite a bordo! …Incendiate la nave!

Dopo tutto, penso con filosofia, un’altra nave prima o poi sarebbe passata, ma un uomo doveva aspettare a lungo in quel Paradiso magnificato dai mullah prima di ricevere un’altra vita. Che la scatola magica si mangiasse pure le aragoste.

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