Esau diceva che quello era l’anno nel quale era stata costruita la scuderia, cioe prima ancora della nascita della nonna. Questo indusse Len a pensare alla casa di riunione di Piper’s Run… la nonna la chiamava ancora «la chiesa»… sopra la quale c’era una data, parzialmente nascosta da un pergolato di lilla. Quella data era 1842… prima di quando chiunque fosse esistito, penso Len. Scosse il capo, sopraffatto dal senso dell’antichita del mondo.

Entrarono e guardarono i cavalli, parlando in tono esperto di garretti e di metatarsi, ma tenendosi in disparte dagli uomini che sostavano in piccoli gruppi davanti a uno o a un altro dei molti stalli, lenti di parola e rapidi d’occhi. Erano quasi tutti dei Nuovi Mennoniti, e differivano da Len e da Esau solo per l’altezza e per le splendide barbe che si stendevano a ventaglio sui loro petti, anche se le labbra superiori erano accuratamente rasate. Alcuni, pero, portavano dei lunghissimi baffi, e cappelli flosci di diverse fogge, e i loro abiti non seguivano alcun modello particolare. Len guardo costoro di sottecchi, con intensa curiosita. Quegli uomini, o altri simili a loro… forse altri tipi di uomini, che lui non aveva ancora visto… si riunivano segretamente nei campi e nei boschi, e predicavano, e urlavano, e si rotolavano sul terreno. Gli pareva di sentire la voce di suo padre, che diceva, «La religione di una persona, la sua setta, sono affar suo. Ma quella gente non ha una religione, ne appartiene a una setta. Sono una massa, con i terrori di una massa, la crudelta di una massa, guidata da uomini in parte pazzi, in parte astuti, che li mettono gli uni contro gli altri.» E poi taceva e si faceva scuro in volto quando Len faceva altre domande, e diceva, «Ti proibisco di andare, ecco tutto, nessuna persona timorata di Dio puo prendere parte a simili malvagita.» Ora capiva, e non si meravigliava che suo padre non avesse voluto parlare di quelle donne che si rotolavano a terra e probabilmente mostravano la loro biancheria e tutto il resto. Len rabbrividi di eccitazione, e desidero che la notte giungesse presto.

Esau decise che, sebbene la cavalla nera in questione avesse il collo un po’ troppo sottile e incavato, sarebbe stata adatta a venire sellata, anche se lui, personalmente, avrebbe scelto il bellissimo stallone baio in fondo alla fila. Sarebbe stato veloce come il vento, quello! Ma bisognava pensare sempre alle donne, che avevano bisogno di animali sicuri e docili. Len assenti, ed i due ragazzi vagabondarono un po’ qua e la, e poi Esau disse:

«Andiamo a vedere come procedono le trattative per quelle vacche?»

Naturalmente, quelli che si occupavano delle trattative erano papa e lo zio David, e Len scopri di non sentirsela troppo di vedere papa, in quel momento. Cosi suggeri invece di scendere a vedere i carri dei mercanti, le vacche le si potevano vedere sempre… e se ne vedevano tante, nella fattoria!… ma i carri dei mercanti erano un’altra cosa. Tre, forse quattro volte in un’estate capitava di vederne uno a Piper’s Run, e qui ce n’erano diciannove, tutti insieme in un sol posto, nello stesso tempo.

«E poi,» prosegui Len, con pura e semplice bramosia, «Non si puo mai sapere: il signor Hostetter potrebbe darci ancora di quei confetti.»

«Ci credo proprio!…» fu il commento scettico di Esau, che lo segui ugualmente, pero.

I carri dei mercanti erano tutti allineati in una fila, con i timoni in fuori e il retro appoggiato contro un lungo capannone. Erano dei carri enormi, con grandi tende e ogni genere di cose appese ai sostegni interni, tanto da somigliare a profonde, odorose caverne su ruote.

Len li guardava sempre a occhi spalancati. Per lui quelli non erano carri, ma vascelli avventurosi venuti da rive lontane. Aveva spesso ascoltato i discorsi casuali dei mercanti, e quelle frasi, quelle parole, quei commenti noncuranti gli avevano dato una vaga visione di un’intera landa sconfinata e senza citta, la verde, torpida, comoda e fertile campagna nella quale solo poche persone molto, molto vecchie potevano ricordare le maestose, terribili citta che avevano dominato il mondo prima della Distruzione. La sua mente conservava un confuso caleidoscopio nel quale si mescolavano le terre lontane delle quali parlavano i mercanti: le piccole colonie di naviganti e i villaggi dei pescatori sulle coste dell’Atlantico, le distese di legname e gli accampamenti dei boscaioli negli Appalachiani, le infinite distese di terre coltivate dai nuovi Mennoniti nel Midwest, le fattorie sulle colline e le capanne dei cacciatori al sud, i grandi fiumi a ovest, con le zattere e le chiatte che collegavano le rive e solcavano le acque tumultuose, le grandi pianure al di la dei fiumi, con i cavalieri, e le fattorie, e le sterminate mandrie di bestiame selvaggio, le maestose, solenni montagne incappucciate di bianco, e la terra, e il mare, ancora piu lontano, a ovest. Una terra immensa, ora, come lo era stata centinaia di anni prima, e per le sue strade polverose e tra i villaggi sonnolenti si muovevano quei grandi carri dei mercanti, che avanzavano sulle ruote enormi, si fermavano, sostavano, e riprendevano a muoversi.

Il carro del signor Hostetter era il quinto, e Len lo conosceva molto bene, perche il signor Hostetter lo portava a Piper’s Run tutte le primavere, durante il suo viaggio a nord, e tutti gli autunni, durante il ritorno a sud, da molti piu anni di quanti Len potesse personalmente ricordare. Degli altri mercanti passavano di la, di quando in quando, senza alcuna regola fissa, ma il signor Hostetter era quasi uno del posto, anche se veniva da un luogo della Pennsylvania.

«Se offrissimo di dar da mangiare e da bere ai suoi cavalli?» disse Len, sempre aggrappandosi all’idea dei confetti: non si poteva mendicare, ma il lavoratore aveva sempre diritto alla ricompensa.

Esau scrollo le spalle.

«Possiamo tentare.»

Il lungo capannone, aperto sul davanti ma chiuso sul retro, per proteggere dalla pioggia, era diviso in stalli, uno per ogni carro. Non rimaneva molto, ormai, negli stalli, dopo due giorni e mezzo di contrattazioni, ma le donne stavano industriosamente discutendo il prezzo delle pentole di rame, e dei coltelli prodotti dalle fucine dei villaggi orientali, e del cotone venuto dal sud, e degli orologi prodotti nel New England. L’enorme cassa che conteneva i dolciumi era stata venduta quasi subito, con tutti i suoi tesori di zucchero, ma Len separava che il signor Hostetter avesse tenuto da parte qualche cosa per i vecchi amici.

«Ehi,» disse Esau. «Guarda!»

Lo stallo del signor Hostetter era vuoto e deserto.

«Tutto esaurito.»

Len osservo lo stallo, corrugando la fronte. Poi disse:

«I suoi cavalli dovranno ugualmente mangiare, no? E forse possiamo aiutarlo a caricare la merce acquistata sul carro. Andiamo dall’altra parte.»

Uscirono dalla porta sul retro dello stallo, chinandosi sotto il carrozzone per passare dall’altra parte. Le grandi ruote, con i cerchi di ferro larghi sei pollici, erano piu alte di Len, e la tenda torreggiava in alto come una nube, con EDW. HOSTETTER, MERCANZIE VARIE dipinto in lettere precise che il sole e la pioggia avevano sbiadito.

«E qui,» disse Len. «Lo sento parlare.»

Esau annui. Oltrepassarono la ruota anteriore. Il signor Hostetter si trovava dalla parte opposta, proprio di fronte a loro.

«Sei pazzo,» diceva il signor Hostetter. «Ti ripeto che…»

La voce di un altro uomo lo interruppe.

«Non preoccuparti tanto, Ed. E tutto a posto. Io devo…»

L’uomo s’interruppe di colpo, quando Len ed Esau apparvero, dopo avere aggirato la parte anteriore del carro. L’uomo era in faccia a loro, mentre il signor Hostetter voltava le spalle ai ragazzi: era un uomo giovane e alto, dai lunghi capelli biondicci e una folta barba, vestito in cuoio. Era un mercante del Sud, e Len lo aveva visto altre volte nel capannone. Il nome sulla tenda che copriva il suo carro era William Soames.

«Abbiamo visite,» disse al signor Hostetter. Non pareva preoccupato, ma il signor Hostetter si volto subito. Era un uomo alto e robusto, muscoloso e un po’ goffo, dalla carnagione scura e dagli occhi azzurri, con due larghe bande grige nella barba color sabbia, una da ciascun lato della bocca. I suoi movimenti erano sempre lenti, e il suo sorriso era sempre amichevole. Ma questa volta si giro molto rapidamente, e non sorrideva affatto, e Len si fermo come se qualcuno lo avesse colpito fisicamente. Guardo il signor Hostetter come se fosse stato davanti a un estraneo; e il signor Hostetter lo fisso con uno strano sguardo irato e ostile.

Esau mormoro, tra i denti:

«Credo che siano occupati, Len. Meglio andarcene.»

«Cosa volete?» domando Hostetter.

«Niente,» disse Len. «Avevamo solo pensato che, forse…» ma non fini la frase, perche la voce gli mancava in gola.

«Pensato che cosa?»

«Che avremmo potuto dar da mangiare ai vostri cavalli,» disse Len, debolmente.

Esau lo prese per il braccio.

«Voleva ancora dei confetti,» disse a Hostetter. «Sapete come sono fatti i ragazzi! Len, vieni.»

Soames scoppio in una risata.

«Non credo che ne abbia piu. Ma che ne diresti di un po’ di noci? Sono ancora meglio dei confetti.»

Infilo la mano in tasca e tiro fuori quattro o cinque noci. Le mise nella mano di Len.

«Grazie,» disse Len, guardando prima lui e poi il signor Hostetter.

Quest’ultimo disse, con calma:

«Tutti i miei cavalli sono a posto. Filate, adesso, ragazzi.»

«Sissignore,» disse Len, e corse via. Esau lo segui. Quando furono dietro l’angolo del capannone, si fermarono, e si divisero le noci.

«Ma che cosa aveva?» domando, a un certo punto, Len, alludendo al signor Hostetter. Era sbalordito, come se il suo vecchio Shep, alla fattoria, si fosse voltato a ringhiare contro di lui.

«Be’,» disse Esau, rompendo i sottili gusci bruni delle noci, «Lui e il forestiero stavano semplicemente trattando qualche affare, ecco tutto». Era furioso contro Hostetter, e cosi diede uno spintone a Len. «Tu e i tuoi confetti! Andiamo, e quasi ora di cena. O hai dimenticato che dobbiamo andare in un certo posto, stanotte?»

«No,» disse Len, e ci fu una deliziosa sensazione di paura e di eccitazione, dentro di lui. «Non ho dimenticato».

2.

Fu quella strana sensazione confusa a tenere sveglio Len, inizialmente, dopo che si fu sistemato per la notte sotto il carro di famiglia. Una sensazione fatta di inquietudine, nervosismo, ed eccitazione. L’aria era fresca, fuori, la coperta era calda, lui era piacevolmente sazio, dopo un’ottima e abbondante cena, e la giornata era stata lunga e faticosa. Le palpebre cominciavano a farsi pesanti, e tutto si faceva indistinto e remoto, mentre una piacevole coltre di oscurita scendeva su di lui, e poi, pang!, quel nervo particolare pareva scattare, avvertendolo, e lui ritornava teso e attento, e ricordava Esau e la predica.

Dopo qualche tempo, comincio a udire dei rumori. Mamma e papa russavano nel carro, sopra la sua testa, e il terreno della fiera era buio, tranne che per le ceneri rossigne degli ultimi fuochi. Tutto avrebbe dovuto essere immerso nel silenzio, ma non era cosi. I cavalli si muovevano, e i finimenti tintinnavano. Senti un piccolo carro muoversi, cigolando e tintinnando, e piu lontano, da qualche parte, un carrozzone pesante si muoveva con un cupo sferragliare, e i cavalli sbuffavano, tirandolo. Gli stranieri, i non Mennoniti come il biondo mercante vestito in pelle, erano partiti tutti, subito dopo il tramonto, dirigendosi al luogo della predica. Ma quelli che stavano andando alla predica in quel momento erano gli altri, coloro che non desideravano farsi vedere. Len dimentico di aver sonno, pervaso da una nuova eccitazione. Rimase ad ascoltare gli zoccoli invisibili e le ruote furtive, e comincio a pentirsi di avere promesso di andare alla predica.

Si mise a sedere, a gambe incrociate, sotto il carrozzone, tenendo la coperta intorno alle spalle, per proteggersi dal fresco notturno. Esau non era ancora venuto. Len si volse a fissare, nella direzione del carro dello zio David, sperando che Esau si fosse addormentato. La strada da percorrere era lunga, faceva freddo ed era buio, e si sarebbero fatti sorprendere certamente. Oltre a questo, lui si sentiva colpevole… si era sentito in colpa per tutta la cena, e non aveva sostenuto lo sguardo di suo padre. Era la prima volta in vita sua che, deliberatamente e per propria scelta, lui disobbediva a suo padre, e sapeva che la colpa doveva risplendere a lettere di fuoco su tutto il suo volto. Ma papa non si era accorto di nulla, e chissa per quale motivo questo lo faceva sentire peggio,

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