papa le aveva imposto di tacere. La folla ululo, e alcuni balzarono in piedi. Esau si fece piu vicino a Len, vibrante di eccitazione:

«Non e grandioso?» bisbiglio. «Non e grandioso?»

Il predicatore si guardo intorno. Questa volta non calmo la folla, lascio che tutti si calmassero da soli, per l’ansia di ascoltare cio che egli aveva ancora da dire. E in quel momento Len avverti la presenza di qualcosa di nuovo nell’aria. Non capi che cosa fosse, ma si trattava di qualcosa di eccitante, tanto eccitante da riempirlo del desiderio di balzare in piedi e urlare e saltare su e giu, e nello stesso tempo si trattava di una cosa che lo riempiva d’incertezza, d’inquietudine. Era una cosa che la folla e il predicatore comprendevano, una muta corrente d’intesa tra loro…

«Ora,» disse l’uomo in piedi sul carro, con calma, «Ci sono alcune sette, tutta gente timorata di Dio… non dico che non tentino di esserlo… che pensano che basti dire a uno di questi emissari di Satana: 'Vattene, abbandona la nostra comunita, e non ritornare mai piu'. Ora, forse, costoro non si rendono conto che cio che dicono, in verita, e, 'Va’ a corrompere qualcun altro, noi vogliamo mantenere la nostra casa pulita'». Un secco, improvviso movimento delle sue mani soffoco un grido della folla, come se egli avesse messo un tappo nella bocca di tutti. «No, amici miei. Questo non e il nostro metodo. Noi pensiamo ai nostri vicini come pensiamo a noi stessi. Noi onoriamo la legge del governo che dice che non ci dovranno essere piu citta. E noi onoriamo soprattutto la Parola di Dio, che dice che se il nostro occhio destro ci e motivo di scandalo, dobbiamo cavarcelo e gettarlo, e che se la nostra mano destra ci e motivo di scandalo, noi dobbiamo tagliarcela, e che il giusto non avra parte alcuna con gli operatori d’iniquita, no, neppure se costoro fossero i nostri fratelli, o i nostri padri, o perfino i nostri figli!»

Venne allora dalla folla un suono che infiammo Len, gli schiuse la gola, e gli riempi di bruciore gli occhi. Qualcuno getto della nuova legna sul falo. Il fuoco sprizzo altissimo rugghiando in un torrente di scintille e in un bagliore giallo di fiamma, e ora c’era della gente che si rotolava per terra, uomini e donne, artigliando la terra con le dita e urlando. I loro occhi erano tutti bianchi, e non era affatto una cosa buffa. E sopra la folla e la luce del fuoco si levo la voce del predicatore, un ululato acuto e potente, come il grido di un grande animale nella notte.

«Se c’e della malvagita tra voi, cacciatela!»

Un ragazzo magro, con la barba che appena spuntava sul mento, balzo in piedi. Punto il braccio. Grido, «Io lo accuso!» e la schiuma apparve agli angoli della sua bocca.

In un punto ci fu un improvviso, violento movimento. Un uomo era balzato in piedi, tentando di fuggire, e diversi altri lo avevano preso. Le loro spalle si muovevano, le loro gambe danzavano, e la folla intorno si agitava, spingendo e tirando. Finalmente lo trascinarono indietro, e Len pote vederlo chiaramente. Era il mercante biondo, William Soames. Ma il suo volto era diverso, ora, pallido, e pauroso, e raggelato.

Il predicatore grido qualcosa sulla radice e sui rami. Era accovacciato ora sull’orlo del carro, con le braccia levate alte, le mani protese verso il cielo. Cominciarono a spogliare il mercante. Gli strapparono la robusta giacca di cuoio dalla schiena, e strapparono i pantaloni di pelle dalle gambe, lasciandolo bianco e nudo. Portava ai piedi degli stivali leggeri, e uno gli venne tolto, mentre l’altro venne dimenticato, e rimase al suo posto. Poi tutti si ritirarono, scostandosi da lui, in modo che egli rimanesse solo al centro di uno spazio aperto. Qualcuno lancio un sasso.

Il sasso colpi Soames alla bocca. Egli vacillo un poco, e sollevo le braccia, ma un altro sasso lo raggiunse, e un altro ancora, e pezzi di legno e di terriccio, e la sua pelle bianca fu ben presto tutta macchiata e segnata. Soames cerco di voltarsi prima da una parte, poi dall’altra, cadde, incespico, si piego in due, tentando di trovare una via di scampo, cercando di evitare i colpi. Aveva la bocca aperta e i denti apparivano insanguinati, sangue che scorreva dagli angoli della bocca e macchiava la barba, ma Len non pote sentire se egli stesse gridando oppure no, perche la folla urlava, un suono ingordo, affannoso, acuto, osceno, e le pietre continuavano a cadere sull’uomo. Poi tutta la folla comincio a spostarsi verso il fiume, trascinando Soames con se. Il mercante si avvicino, passando vicino al carro, vicino all’ombra dove Len se ne stava a guardare, aggrappato ai raggi, e Len pote vedere chiaramente i suoi occhi. Gli uomini lo pressavano da vicino, con gli stivali che calpestavano pesantemente la polvere, e anche le donne venivano, con i capelli scarmigliati e le pietre in mano. Soames cadde dall’argine nelle acque poco profonde del fiume. Gli uomini e le donne lo seguirono, e lo coprirono, come le mosche coprono un pezzo in decomposizione dopo un macello, e le loro mani si alzavano e si abbassavano, si alzavano e si abbassavano.

Len giro il capo, e guardo Esau. Stava piangendo, e il suo viso era bianco come il marmo. Esau aveva le mani strette intorno allo stomaco, premute forte, e il suo corpo era curvo, e gli occhi erano enormi e fissi. Improvvisamente, egli si volto e fuggi via, carponi, come un animale in fuga sul terreno. Len si affretto a seguirlo, muovendosi sulle mani e sulle ginocchia, come un gambero, con l’aria scura e vorticante intorno a lui. Ora riusciva solo a pensare alle noci che Soames gli aveva regalato. Si senti male, e dovette fermarsi a vomitare, premuto da qualcosa di terribilmente freddo e pesante. La folla stava ancora rumoreggiando, sulla riva del fiume. Quando Len si rialzo, Esau era gia scomparso nel buio.

Preso dal panico, comincio a fuggire tra le carrozze e i carri, chiamando, «Esau! Esau!», ma non ci fu risposta, o, se c’era, non pote udirla perche il rumore della morte violenta risuonava nelle sue orecchie troppo forte. Sbuco alla cieca in uno spazio aperto, e la incontro un’alta, torreggiante figura che allargo le lunghe braccia e lo prese.

«Len,» disse. «Len Colter».

Era il signor Hostetter. Len senti che le ginocchia gli si piegavano. Tutto divento molto buio e silenzioso, ed egli udi la voce di Esau, e poi quella del signor Hostetter, ma quei suoni erano lontani e sottili, come voci portate dal vento in una giornata afosa. Poi si trovo su un carro, enorme e pieno di odori insoliti, e il signor Hostetter stava spingendo dentro al carro Esau, dopo di lui. Esau aveva il volto di un fantasma. Len disse:

«Avevi detto che sarebbe stato divertente».

Esau rispose:

«Non avrei mai pensato che loro…». Singhiozzo, e sedette accanto a Len, con la testa sulle ginocchia.

«State fermi,» ordino il signor Hostetter. «Devo prendere una cosa».

Se ne ando. Len si alzo, e ando a guardare, con gli occhi irresistibilmente attirati verso il chiarore del fuoco e verso la folla che gemeva, singhiozzava, urlava, ondeggiava avanti e indietro, gridando che tutti erano salvi. Gloria, gloria, alleluia, il frutto del peccato e la morte, alleluia!

Il signor Hostetter corse attraverso lo spazio aperto, verso il carro di un altro mercante, fermo accanto a una macchia d’albero. Len non riusci a leggere il nome sul telone, ma fu sicuro che quello doveva essere il carro di Soames. Anche Esau stava guardando, ora. Il predicatore aveva ricominciato a parlare, tenendo alte le braccia, con le mani al cielo.

Il signor Hostetter balzo giu dall’altro carro, e torno indietro di corsa. Portava sotto il braccio un cofanetto, lungo circa trenta centimetri. Sali di nuovo a cassetta, e Len si affretto ad accostarsi a lui, dall’interno del carro.

«Per favore,» supplico. «Posso sedere accanto a voi?»

Hostetter gli porse il cofanetto.

«Mettilo dentro, presto. D’accordo, vieni qui. Dov’e Esau?»

Len si volto a guardare. Esau era raggomitolato sul fondo del carro, con il volto nascosto in un mucchio di stoffa. Lo chiamo, ma Esau non rispose.

«E svenuto,» disse Hostetter. Srotolo la frusta con uno schiocco imperioso, e grido ai cavalli. I sei grandi bai si mossero come una sola bestia, tendendo i finimenti, e il carro si mosse pesantemente. Comincio ad acquistare velocita, e il chiarore del falo rimase indietro, insieme alla voce della folla. C’era solo la strada buia, e gli alberi neri che la circondavano, c’era l’odore della polvere e la pace dei campi vicini. I cavalli rallentarono, allora, acquistando un’andatura meno precipitosa. Il signor Hostetter mise il braccio intorno alle spalle di Len, che si aggrappo a lui.

«Perche l’hanno fatto?» domando.

«Perche hanno paura».

«Di che cosa?»

«Di ieri,» disse il signor Hostetter. «Di domani». Improvvisamente, con uno scoppio di collera violenta, egli li maledisse. Len lo fisso, con gli occhi e la bocca spalancati. Hostetter strinse le labbra, duramente, interrompendo a meta una parola, e scosse il capo. Len senti che egli tremava in tutto il corpo. Quando il signor Hostetter parlo di nuovo, la sua voce era normale… o quasi.

«Resta con la tua gente, Len. Non ne troverai di migliore».

Len mormoro:

«Si, signore».

Nessuno parlo, dopo quel breve scambio. Il carro procedeva sobbalzando sulla strada polverosa, e il movimento intonti Len, non l’intontimento sano della sonnolenza, ma quell’intontimento sconvolto da apprensioni e angosce che viene dopo che tutte le forze sono state consumate, quelle del corpo e quelle della mente. Esau era silenzioso, sul fondo del carro, silenzioso e immobile. Finalmente i cavalli rallentarono ancora l’andatura, procedendo al passo, e Len vide che erano ritornati nel terreno della fiera.

«Dov’e il vostro carro?» domando Hostetter, e Len glielo disse. Quando furono vicini a esso, il fuoco ardeva di nuovo nella notte, e papa e lo zio David erano in piedi, accanto alle fiamme. Sembravano cupi e irati, e quando i ragazzi scesero dal carro essi non dissero niente, limitandosi a ringraziare Hostetter per averli riportati al carro. Len guardo suo padre. Avrebbe voluto gettarsi in ginocchio e supplicare, «padre, ho peccato». Ma non riusci a fare altro che rimanere la, sconvolto e attonito, singhiozzando e tremando di nuovo.

«Cosa e successo?» domando suo padre.

Hostetter glielo disse in cinque parole:

«C’e stata una lapidazione».

Papa guardo Esau e lo zio David, e poi guardo Len, e sospiro.

«Solo molto di rado essi fanno una cosa simile, e doveva essere proprio questa volta. L’avevamo proibito ai ragazzi, ma loro hanno voluto andare ugualmente, e cosi hanno visto». Disse a Len, «Calma, ragazzo, ora. Calma, e tutto passato». Lo spinse, non senza dolcezza, verso il carro. «Avanti, Lennie, prendi la tua coperta e dormi».

Len s’insinuo sotto il carro, e si avvolse addosso la coperta, e giacque la, immobile. Un senso di oscurita e di debolezza scese su di lui, e il mondo comincio a scivolare via, portando con se il ricordo del volto in agonia di Soames. Attraverso il tendone udi che il signor Hostetter diceva:

«Ho cercato di mettere in guardia quell’uomo nel pomeriggio, dicendogli che quei fanatici stavano facendo insinuazioni sul suo conto. L’ho seguito la, stanotte, per dirgli di andarsene. Ma sono giunto troppo tardi, non c’era piu niente che io potessi fare».

Lo zio David domando:

«Era colpevole?»

«Di fare proseliti? Dovreste saperlo meglio di me. Gli uomini di Bartorstown non vanno in giro a fare proseliti».

«Allora veniva da Bartorstown?»

«Soames veniva dalla Virginia. Lo conoscevo come mercante, e come amico».

«Colpevole o no,» disse in tono cupo papa, «E una cosa blasfema, indegna di un cristiano. Ma finche ci saranno dei capi pazzi o astuti, capaci di giocare sulle vecchie paure, una folla come quella diventera sempre crudele».

«Tutti noi,» rispose Hostetter, «Abbiamo le nostre vecchie paure».

Sali di nuovo a cassetta, e se ne ando. Ma Len si addormento ancora prima che il rumore delle ruote fosse cessato.

3.

Erano passate tre settimane, meno un giorno o due, e a Piper’s Run era ottobre, e sabato pomeriggio. Len sedeva solo sul gradino della veranda, dietro la fattoria.

Dopo qualche tempo la porta si apri, dietro di lui, e capi dai passi strascicati e dal tonfo del bastone che stava uscendo la nonna. Ella si appoggio con una mano ossuta e sorprendentemente forte al suo braccio, e discese i due scalini, e poi sedette, piegandosi come un ramo secco quando si spezza.

«Grazie, grazie,» disse la nonna, e comincio a sistemare i diversi strati di sottane intorno alle vecchie caviglie.

«Vuoi una coperta?» domando Len. «O vuoi il tuo scialle?»

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