Leigh Brackett

La citta proibita

Nessuna citta, nessun paese, nessuna comunita con popolazione superiore a duemila abitanti, o con piu di duecento fabbricati per miglio quadrato, dovra essere costruita, o ne verra permessa l’esistenza, in qualsiasi regione degli Stati Uniti d’America.

Costituzione degli Stati Uniti TRENTESIMO EMENDAMENTO

Libro Primo

1.

Len Colter sedeva all’ombra del muro della scuderia, mangiava pane e burro, e meditava un peccato. Aveva quattordici anni, e li aveva vissuti tutti nella fattoria, a Piper’s Run, dove le opportunita di peccare davvero erano fortunatamente poche. Ma ora Piper’s Run era a piu di trenta miglia di distanza, e lui stava dando uno sguardo al mondo, colorato di distrazioni e allettante di possibilita. Si trovava alla Fiera di Canfield. E per la prima volta in vita sua, Len Colter si trovava di fronte a una decisione importante.

E si accorgeva che era difficile.

«Papa non finira piu di darmele, se verra a saperlo,» disse.

Il cugino Esau disse:

«Hai paura?»

Esau aveva compiuto quindici anni tre settimane prima, e questo significava che non avrebbe dovuto andare piu a scuola con i bambini. Era ancora ben lungi dall’essere contato tra gli uomini, ma aveva comunque compiuto un gran passo, e Len ne era impressionato. Esau era piu alto di Len, e aveva gli occhi neri che brillavano e scintillavano come quelli di un puledro indomito, perennemente in cerca di qualcosa che non riusciva mai a trovare, forse perche ancora non sapeva che cosa fosse, le sue mani erano irrequiete, e molto abili.

«Ebbene?» domando Esau. «Hai paura o no?»

Len avrebbe voluto mentire, ma sapeva che Esau non si sarebbe lasciato ingannare neppure per un momento. Prese tempo, si mosse, nervosamente, mangio l’ultimo boccone di pane, succhio il burro rimasto sulla punta delle dita, e disse:

«Si.»

«Uh!» disse Esau. «Pensavo che tu cominciassi a crescere. Quest’anno avresti dovuto restare a casa con i bambini. Paura di una bastonata!»

«Ne ho gia fatto l’esperienza,» protesto Len. «E se credi che papa non sappia darle sode, vieni a provare, una volta o l’altra. E non ho nemmeno pianto, da due anni a questa parte. Be’, non molto, almeno.» Rimase un poco a meditare, sollevando le ginocchia e circondandole con le braccia, tenendo il mento posato sulle mani. Era un ragazzo magro, sano, dal volto serio. Indossava pantaloni fatti in casa, e robusti stivali lavorati a mano, tutti coperti di polvere, e una camicia di cotone ruvido, a trama grossa, con un collaretto stretto, e senza colletto. Aveva i capelli castano chiaro, tagliati sopra le spalle, e una frangia che arrivava fin sopra gli occhi, mentre in testa portava un copricapo marrone, di forma piatta e rotonda, con una larga falda.

Len apparteneva ai Nuovi Mennoniti, che portavano dei cappelli marrone per distinguersi dai primi Vecchi Mennoniti, che li portavano neri. Nel ventesimo secolo, cioe due generazioni prima, c’erano stati soltanto i Vecchi Mennoniti e gli Amish, che avevano contato solo poche migliaia di persone, ed erano stati considerati stravaganti ed eccentrici perche si erano ostinati a seguire i vecchi sistemi di lavorazione manuale, e non avevano voluto saperne delle citta e delle macchine. Ma quando le citta avevano cessato di esistere, e gli uomini avevano scoperto che nel mondo cosi trasformato proprio loro erano stati i piu adatti a sopravvivere, i Mennoniti si erano rapidamente moltiplicati, fino a raggiungere un numero di diversi milioni.

«No,» disse Len, lentamente. «Non e delle bastonate che ho paura. E di papa. Sai come la pensa lui, intorno a queste prediche. Me le proibisce. E zio David le proibisce a te. Sai come la pensano. Non voglio che papa si arrabbi con me… non per questo.»

«Piu che bastonarti, che cosa puo fare? Niente,» disse Esau.

Len scosse il capo.

«Non lo so.»

«Va bene, allora. Non venire.»

«Tu ci vai… di sicuro?»

«Di sicuro. Ma non ho bisogno di te.»

Esau si appoggio al muro, e parve dimenticare Len, che mosse le punte degli stivali avanti e indietro, formando due irregolari ventagli nella polvere, e continuo a riflettere. L’aria calda era impregnata dell’odore di cibo e animali, insieme agli odori del fumo di legna e ai profumi delle cucine. C’erano delle voci nell’aria, molte voci, tutte mescolate e confuse in un insistente, onnipresente brusio. Pareva di essere vicini a uno sciame di api, o di ascoltare l’alzarsi e abbassarsi del vento tra gli alti pini, ma era qualcosa di piu. Era il mondo che parlava.

Esau disse:

«Si gettano a terra, e cominciano a rotolarsi e a urlare.»

Len respiro profondamente, e si senti percorrere da un brivido. La grande fiera si stendeva all’infinito, da tutte le parti, ingombra di carri e carrozzoni, baracche e recinti, bestie e persone, e quello era l’ultimo giorno. Una notte ancora da trascorrere giacendo sotto i carrozzoni, raggomitolati nelle coperte per proteggersi dal fresco di settembre, osservando i fuochi che ardevano rossi e misteriosi, e facendosi molte domande sugli stranieri che dormivano intorno a quei fuochi. Domani il carro si sarebbe rimesso in movimento, sobbalzando e tintinnando, di nuovo a Piper’s Run, e lui non avrebbe rivisto una cosa simile per un altro anno. O forse mai piu. Nel bel mezzo della vita possiamo trovarci nel cuore della morte. Oppure avrebbe potuto rompersi una gamba, l’anno prossimo, o papa avrebbe potuto dirgli di rimanere a casa, come aveva dovuto restare questa volta suo fratello James, per sorvegliare la nonna e il bestiame.

«Anche le donne,» disse Esau.

Len si strinse piu forte le ginocchia.

«Come fai a saperlo? Non ci sei mai stato.»

«Me l’hanno detto.»

«Le donne,» bisbiglio Len. Chiuse gli occhi, e dietro le palpebre apparvero visioni di prediche selvagge, quali mai un Nuovo Mennonita aveva ascoltato, di grandi fuochi fumosi e vaghe eccitazioni, e di una figura, che somigliava molto a sua mamma con la cuffia e le voluminose gonne tessute in casa, distesa a terra e agitata, che scalciava come la piccola Ester quando era di cattivo umore. La tentazione calo di nuovo su di lui, e fu perduto.

Si alzo in piedi, e guardo Esau, e disse:

«Vengo anch’io.»

«Ah!» disse Esau, e si alzo in piedi a sua volta. Tese la mano, e Len la strinse. Si scambiarono uno sguardo d’intesa, e sorrisero. Il cuore di Len batteva piu forte, e il ragazzo provava un senso di colpa, come se il padre fosse stato dietro di lui, ascoltando ogni sua parola; ma anche in questo pensiero c’era qualcosa di esaltante. C’era un diniego dell’autorita, un’affermazione di se stesso, una sensazione di esistere. Gli parve, improvvisamente, di essere diventato piu alto e piu forte, e negli occhi di Esau gli parve di leggere un nuovo rispetto.

«Quando andiamo?» domando.

«Piu tardi, quando sara buio. Tienti pronto. Ti avvertiro io.»

I carri dei fratelli Colter erano disposti fianco a fianco: non sarebbe stato difficile passare da uno all’altro. Len annui.

«Fingero di essere addormentato, ma non lo saro.»

«Meglio di no,» disse Esau. La sua stretta si fece piu forte, cosi forte da lasciare il ricordo. «E mi raccomando di non dire niente, d’accordo?»

«Oh!» protesto Len, e strinse le labbra, offeso. «Per chi mi hai preso? Non sono piu un bambino!»

Esau sogghigno, assumendo il tono cameratesco che si usa tra uomini.

«Naturalmente no. Allora e stabilito. Adesso andiamo a dare un’altra occhiata ai cavalli. Vorrei dare notizie a mio padre di quella cavalla nera che vuole trattare.»

S’incamminarono insieme lungo il muro della scuderia. Era la scuderia piu grande che Len avesse mai visto, quattro o cinque volte piu lunga di quella di casa sua. Le vecchie travi erano state aggiustate e rifatte, e il tempo le aveva rese grige e uniformi, ma qua e la sporgeva il legno originale, e si potevano ancora scorgere delle tracce di vernice rossa. Len guardo quelle tracce, poi si fermo e il suo sguardo spazio sul terreno della fiera, ed egli socchiuse gli occhi, in modo che tutto ondeggiasse e fluttuasse davanti a lui.

«Cosa stai facendo, adesso?» domando Esau, impaziente.

«Cerco di vedere.»

«Be’, non puoi vedere niente a occhi chiusi. E poi cosa intendi dire… cosa cerchi di vedere?»

«Com’erano gli edifici quando erano tutti dipinti, come ha detto la nonna. Ricordi? Quando lei era piccola…»

«Gia,» disse Esau. «Alcuni rossi, altri bianchi. Doveva essere un vero spettacolo.» Anche lui socchiuse gli occhi. Le baracche e gli edifici ondeggiarono, ma rimasero senza colore.

«In ogni caso,» disse Len, rinunciando alle sue fantasticherie, «Scommetto che non hanno mai avuto una fiera come questa.»

«Ma cosa stai dicendo?» esclamo Esau. «La nonna ha detto che prima qui c’era un milione di persone, e un milione di quelle automobili, o carri, o come si chiamavano, tutti allineati in fila a perdita d’occhio, con il sole che batteva sulle parti metalliche, facendole scintillare. Pensa, un milione!»

«Ah!» disse Len. «Non e possibile. Dove avrebbero potuto trovare lo spazio per accamparsi?»

«Stupido, non avevano bisogno di accamparsi! La nonna ha detto che venivano qui, da Piper’s Run, in meno di un’ora, e che potevano tornare indietro nella stessa giornata.»

«Lo so benissimo che lo ha detto la nonna,» osservo Len, pensieroso. «Ma tu ci credi davvero?»

«Certo che ci credo!» Gli occhi neri di Esau brillarono. «Avrei voluto vivere in quei giorni. Quante cose avrei fatto!»

«Per esempio?»

«Per esempio avrei guidato uno di quei carri, e senza risparmiare sulla velocita! E magari, mi sarebbe piaciuto anche volare.»

«Esau!» esclamo Len, profondamente scosso. «Non farti mai sentire da tuo padre… a dire cose simili!»

Esau arrossi un poco, e mormoro che non aveva paura, ma si guardo ugualmente intorno, visibilmente a disagio. Girarono l’angolo della scuderia. Sul frontone, in alto, sopra la porta, c’erano quattro numeri fatti di pezzi di legno inchiodati. Len li guardo. C’era un uno, e poi un nove con un pezzo caduto dalla coda, un cinque, con la piccola stanghetta anteriore mancante, e infine un due.

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