«E tutte le macchine vi danno le cose che chiedete?» domando Richard.
«Oh, si» rispose il vecchio. «Ascoltano il Conte, capisci? Lui governa il Mondo di Sotto nella metropolitana. Il pezzo con i treni. E signore delle linee Central, Circle, Jubilee, Victoria, Bakerloo — be’, tutte tranne, la Underside Line, la linea del Mondo di Sotto.»
«Cos’e la Underside Line?» chiese Richard.
Halvard scosse il capo e increspo le labbra.
Hunter sfioro la spalla di Richard con le dita. «Ricordi cosa ti ho detto a proposito dei pastori di Shepherd’s Bush?»
«Hai detto che era meglio che non li incontrassi. E che non facessi domande.»
«Giusto» disse lei. «Ora alla lista di cose che e meglio tu non sappia aggiungi anche la Underside Line.»
Porta ripercorse il vagone verso di loro. Sorrideva. «Ha deciso di aiutarci» disse. «Venite, l’incontro e in biblioteca.»
Richard era quasi orgoglioso di se stesso per non avere chiesto «Quale biblioteca?» o sottolineato il fatto che non si puo tenere una biblioteca su un treno. Si limito a seguire Porta in direzione dello scranno del Conte, ora vuoto, poi dietro di esso e attraverso la porta di comunicazione che portava in biblioteca.
Si trattava di un’ampia stanza di pietra con il soffitto molto alto. I muri erano tutti coperti di scaffali. Ogni scaffale era carico di oggetti. C’erano libri, certo, ma i ripiani ospitavano molte altre cose: racchette da tennis, bastoni da hockey, ombrelli, una vanga, un computer portatile, una gamba di legno, svariate tazzine, decine di scarpe, binocoli, un piccolo ceppo, sei burattini, una lampada di lava, numerosi CD, dischi (LP, 45 giri, 78 giri), videocassette e filmini in superotto, dadi, automobiline giocattolo, dentiere, orologi, torce, quattro gnomi da giardino di misure assortite (due che pescano, uno dall’aria trasognata), pile di giornali, riviste, libri di magia per stregoni, sgabelli a tre piedi, una scatola di sigari, un pastore tedesco di plastica con la testa che va su e giu, calzini… La stanza era un piccolo impero di oggetti smarriti.
«Questo e il suo vero dominio» mormoro Hunter. «Cose perdute. Cose dimenticate.»
Incastonate nel muro di pietra c’erano delle finestre. Attraverso di esse Richard poteva scorgere la sferragliante oscurita e le luci fugaci dei tunnel della metropolitana.
Il Conte era seduto per terra a gambe larghe, intento a dare carezze e grattatine sotto il mento al levriero. Il giullare gli stava a fianco, con aria imbarazzata. Appena li vide, il Conte si rimise in piedi, aggrottando la fronte.
«Ah. Eccovi qui. Bene, ci deve essere un motivo se vi ho chiesto di venire, mi tornera in mente…» Si tiro la barba grigio-rossa, un gesto piccino per un uomo tanto immenso.
«L’Angelo Islington, vostra grazia» disse educatamente Porta.
«Oh, si. Tuo padre aveva un sacco di idee, sai. Ha chiesto il mio parere in proposito. Non mi piacciono i cambiamenti. L’ho mandato da Islington.» Si fermo. Socchiuse l’unico occhio. «Te l’avevo gia detto?»
«Si, vostra grazia. E
Annui come se la ragazza avesse affermato qualcosa di molto profondo. «Una sola volta per la via rapida. Dopo di che dovrete seguire la strada piu lunga. Pericoloso.»
Con molta pazienza Porta chiese, «E la via rapida sarebbe…?»
«No, no. Bisogna essere un apritore per utilizzarla. Va bene solo per la famiglia di Portico.» Le appoggio una manona sulla spalla. Poi la mano sali fino alla guancia. «Meglio che resti qui con me. A riscaldare la notte di un vecchio, eh?» La guardo con occhio lascivo e le tocco una ciocca di capelli con le dita avvizzite.
Hunter fece un passo verso Porta, che le fece un gesto con la mano:
Porta alzo lo sguardo verso il Conte e disse, «Vostra grazia,
Richard era stupito della capacita di Porta di mantenere la calma di fronte all’ovvia incapacita del Conte di vincere la battaglia contro il passare del tempo.
Il Conte strizzo l’unico occhio in un ammiccamento solenne: un vecchio sparviero con la testa piegata da un lato. Poi le tolse la mano dai capelli.
«Proprio cosi, proprio cosi. La figlia di Portico. Come sta il tuo caro genitore? Bene, mi auguro. Uomo esperto. Brav’uomo.»
«Come facciamo ad andare dall’Angelo Islington?» chiese Porta. Questa volta la sua voce tremava.
«Hmm? Usate l’Angelus, ovviamente.»
Richard si trovo a immaginare il Conte sessanta, ottanta, cinquecento anni prima: un guerriero possente, un astuto stratega, un grande donnaiolo, un buon amico, un nemico implacabile. Da qualche parte, in quello che vedeva, c’era ancora il relitto di quel grande uomo.
Il Conte armeggio sugli scaffali, spostando penne, pipe e cerbottane, piccoli doccioni e foglie morte. Poi, come un vecchio gatto che inciampa su un topo, afferro una piccola pergamena arrotolata e la diede alla ragazza.
«Ecco, piccina» disse il Conte. «Qui c’e tutto. E suppongo sia meglio che vi facciamo scendere alla vostra fermata.»
«Ci fate scendere?» chiese Richard. «Dal treno?»
Il Conte si guardo intorno alla ricerca della fonte del rumore, mise a fuoco l’immagine di Richard e fece un grandioso sorriso. «Oh, quisquilie» tuono. «Qualunque cosa per la figlia di Portico.»
Porta teneva stretta in mano la pergamena con aria trionfante.
Richard si accorse che il treno cominciava a rallentare e lui, Porta e Hunter vennero condotti fuori dalla sala di pietra e di nuovo all’interno del vagone.
Mentre la velocita diminuiva, Richard sbircio sulla banchina.
«Scusate, che stazione e?» chiese.
Il treno si fermo proprio davanti a uno dei cartelli che indicano il nome della stazione: british MUSEUM. In qualche modo era la stranezza che faceva traboccare il vaso. Poteva accettare la faccenda di Attenzione allo Spazio Vuoto e la Corte del Conte e persino quella strana biblioteca, ma, dannazione, la piantina della metropolitana la conosceva a menadito. E quello era davvero troppo. «Non c’e una stazione del British Museum» disse Richard con fermezza.
«Non c’e?» tuono il Conte. «Be’, hmm, allora dovete stare molto attenti quando scendete dal treno.» Scoppio a ridere, felice e contento, e diede un colpetto sulla spalla al suo giullare. «Hai sentito, Tooley? Sono divertente quanto te!»
Il giullare sorrise, il sorriso piu tetro che si sia mai visto. «I miei fianchi si strappano, le mie costole si spezzano e la mia ilarita e assolutamente incontenibile, vostra grazia» commento.
Le porte si aprirono con un sibilo.
Porta sorrise al Conte. «Grazie.»
«Via, via» disse l’immenso vecchio, allontanando Porta, Richard e Hunter dal vagone caldo e fumoso verso la banchina deserta. Le porte si richiusero e il treno riparti, e Richard si ritrovo a fissare un cartello che, a prescindere dal numero di occhiate di sottecchi — e persino dal fatto che distogliesse lo sguardo per voltarsi di scatto e coglierlo di sorpresa — si ostinava a portare scritto
OTTO
Era tardo pomeriggio, e il cielo senza nubi stava passando dal blu reale a un violetto intenso, con una spruzzatala di rosso-arancio e giallo-verde a ovest, sopra Kensington, dove, dal punto di vista di Old Bailey, il sole era appena tramontato.
Cieli. Mai due uguali. Ne di giorno ne di notte. Era un esperto di cieli, Old Bailey, e questo era proprio un bel cielo.
Old Bailey aveva piantato la tenda per la notte su un tetto di fronte alla cattedrale di St Paul, nel centro della City di Londra. Era affezionato a St Paul, e almeno lei era cambiata poco negli ultimi trecento anni. Era stata costruita in pietra Portland bianca, che era lentamente diventata nera a causa della fuliggine e della sporcizia nella fumosa aria londinese, ma adesso era stata ripulita ed era ritornata bianca. Comunque, era sempre St Paul.
Non era certo che si potesse dire altrettanto del resto della City: scruto oltre i tetti, fissando lo sguardo lontano dal suo amato cielo, giu sul marciapiede illuminato al sodio. Poteva scorgere telecamere di sicurezza affisse a un muro, qualche auto, un impiegato che aveva lavorato fino a tardi e ora chiudeva una porta e si dirigeva verso la metropolitana.
Old Bailey si ricordava di quando la gente
Adesso nella City non abitava piu nessuno. Era una zona fredda e squallida, piena di uffici e di persone che ci lavoravano di giorno per tornarsene a casa da un’altra parte la sera. Non era piu un luogo dove vivere. Gli mancava persino la puzza.
L’ultimo sprazzo di sole arancione stava svanendo nel porpora della sera.
Copri le gabbie, in modo che gli uccelli si facessero un sonnellino. Questi brontolarono, poi si misero a dormire.
Old Bailey si gratto il naso, dopo di che entro nella tenda a prendere un vecchio tegame per stufato, tutto annerito, dell’acqua, patate, carote, sale e un paio di storni morti e spennati.
Usci di nuovo all’aperto, accese un fuocherello in una latta da caffe nera di fuliggine ed era sul punto di mettere a cuocere lo stufato quando si accorse che qualcuno, nell’ombra accanto a un gruppo di camini, lo stava osservando.
Brandi il forchettone da barbecue e lo agito con aria minacciosa verso i camini. «Chi e la?»
Il Marchese de Carabas usci dall’ombra, accenno un inchino e fece uno splendido sorriso. Old Bailey abbasso il forchettone. «Oh,» disse «sei tu. Be’, cosa vuoi? Notizie? O uccelli?»
Il Marchese si avvicino, prese una rondella di carota cruda dallo stufato di Old Bailey e si mise a sgranocchiarla. «Informazioni, in realta.»
Old Bailey ridacchio esultante. «Ah ah! C’e un colpo di scena! Eh?» Quindi si chino verso il Marchese. «Cosa offri in cambio?»
«Cosa ti serve?»
«Forse dovrei fare come te. Dovrei chiedere un favore, un giorno. Un investimento» ghigno Old Bailey.
«Troppo costoso, a lungo termine» disse il Marchese senza traccia di ironia.
Old Bailey annui. Il sole era calato, e cominciava a fare freddo, molto freddo e molto in fretta.
«Scarpe, allora. E una balalaica.» Diede una controllatina ai guanti senza dita: c’erano piu buchi che guanto. «E guanti nuovi. Ci aspetta un inverno bastardo.»
«Molto bene. Te li portero.» Il Marchese de Carabas infilo la mano in una tasca interna e, come un prestigiatore fa apparire una rosa dal nulla, fece apparire la statuirla nera rappresentante un animale che aveva preso nello studio di Portico. «Ora, cosa mi puoi dire di questa?»
Old Bailey inforco gli occhiali e prese l’oggetto dalle mani di de Carabas. Era freddo al tatto. Si sedette su un condotto dell’aria condizionata, quindi dopo avere rigirato in mano la statuetta di ossidiana piu e piu volte, dichiaro: «E la Grande Bestia di Londra.»
Il Marchese non disse nulla, gli occhi impazienti che correvano dalla statuina a Old Bailey, il quale, godendo del piccolo momento di disagio del Marchese, continuo. «Dunque, dicono che prima dell’incendio e della peste, un macellaio che viveva accanto al fossato di Fleet Street tenesse all’ingrasso una qualche povera creatura per Natale. (Qualcuno dice che era un maialino, altri dicono di