Richard senti il sangue defluirgli dal viso. Fino a quel momento aveva pensato che si trattasse di un modo di dire. Non aveva mai creduto che potesse accadere davvero.

«Qualcuno che conosci?» chiese Porta.

Richard annui. «Era la mia… Be’, dovevamo sposarci. Siamo stati insieme per un paio d’anni. Era con me quando ti ho trovata. Era quella nella… Che ha lasciato quel messaggio. Nella segreteria telefonica.»

Jessica stava conversando con Andrea Lloyd Webber, Janet Street-Porter e un signore occhialuto che sospettava fortemente fosse uno dei Saatchi, quelli dell’agenzia di pubblicita e pubbliche relazioni. Ogni due o tre minuti controllava l’orologio e lanciava un’occhiata in direzione della porta.

«Lei?» chiese Porta, ricordandosi di quanto era successo. Poi, sentendosi in dovere di dire qualcosa di carino di una persona che per Richard era stata tanto importante, aggiunse «Be’, e molto…» fece una pausa e penso, «… pulita.»

Richard fissava Jessica dall’altra parte della stanza. «Sara… sara infastidita dalla nostra presenza?»

«Ne dubito» rispose Porta. «A dire il vero, se non fai qualcosa di stupido, come rivolgerle la parola, probabilmente non si accorgera nemmeno di te.» Quindi, con molto piu entusiasmo, disse: «Cibo!»

Piombo sui canape come una ragazzina col naso imbrattato di fuliggine, i capelli da folletto e una grande giacca di pelle marrone, una ragazza che non avesse mangiato in modo adeguato da anni. Enormi quantita di cibo vennero immediatamente stipate nella sua boccuccia, masticate e inghiottite mentre, allo stesso tempo, piu sostanziosi panini venivano avvolti nei tovaglioli di carta e messi in tasca.

Poi, con in mano un piatto di carta su cui aveva ammonticchiato cosce di pollo, fette di melone, vol-au-vent ai funghi, sfogliatine al caviale e salsicce di cervo, comincio ad aggirarsi per la stanza, fissando assorta ogni singolo angelico manufatto. Richard la seguiva con un panino al finocchio e brie e un bicchiere di succo d’arancia appena spremuto.

Jessica era molto perplessa. Aveva notato Richard, e avendo visto lui si era accorta anche di Porta. C’era qualcosa di familiare in quei due: era come un’immagine in un angolo remoto del cervello, impossibile da identificare e fonte di grande irritazione.

Le fece tornare alla mente un aneddoto che le aveva raccontato sua madre, quando aveva incontrato una donna che conosceva da sempre — con cui era andata a scuola, aveva fatto parte del consiglio parrocchiale e aveva gestito la tombola alla fiera del paese — e della quale si era resa conto, a una festa, di non sapere il nome, pur essendo a conoscenza del fatto che aveva un marito che lavorava nella pubblicita e si chiamava Eric e un golden retriever di nome Major.

La cosa aveva lasciato la madre di Jessica alquanto contrariata.

E stava distraendo Jessica.

«Chi sono quelle persone?» chiese a Clarence.

«Loro? Be’, lui e il nuovo direttore di Vogue, lei e la corrispondente del New York Times per le belle arti. Quella nel mezzo e Emma Freud, credo…»

«No, non loro» disse Jessica. «Loro. La.»

Clarence guardo nel punto che stava indicando. Hmm? Oh, loro. Non riusciva a capire come avesse potuto non notarli prima. L’eta, penso. Avrebbe compiuto ventitre anni di li a poco. «Giornalisti?» disse poco convinto. «Hanno un aspetto piuttosto trendy. Grunge chic? Ti prego! So di avere invitato The Face…»

«Io lo conosco» disse Jessica, frustrata. In quel momento lo chauffeur del signor Stockton telefono da Holborn dicendo che erano quasi arrivati al British Museum, e Richard le scivolo via dalla testa come mercurio liquido che sgocciola tra le dita.

«Visto qualcosa?» chiese Richard.

Porta scosse il capo e inghiotti una boccata di coscia di pollo masticata frettolosamente. «E come giocare a ’Individua il piccione’ a Trafalgar Square» commento. «Ma non c’e niente che avverto come l’Angelus. La carta diceva che vedendolo l’avrei riconosciuto.»

Riprese ad aggirarsi nella sala, facendosi strada tra un Capitano d’Industria, il Leader dell’Opposizione e la Squillo Meglio Pagata dell’Inghilterra del sud.

Richard si volto, e si trovo faccia a faccia con Jessica. Aveva i capelli pettinati alti sulla nuca, che le incorniciavano perfettamente il viso di riccioletti bruni. Era molto bella. Gli sorrideva. Fu il sorriso a smuoverlo.

«Ciao Jessica» disse. «Come stai?»

«Salve. Non ci credera,» disse lei «ma il mio assistente non ha preso nota del suo giornale, signor hmm.»

«Giornale?» fece Richard.

«Ho detto giornale?» disse Jessica con una dolce e tintinnante risatina piena di auto-biasimo. «Rivista… stazione televisiva. Lei e nei media, vero?»

«Hai un aspetto splendido, Jessica» disse Richard.

«Lei e in vantaggio nei miei confronti» ribadi la ragazza con aria maliziosa.

«Sei Jessica Bartram. Sei la responsabile marketing della Stockton. Hai ventisei anni. Il tuo compleanno cade il ventitre aprile, e quando sei all’apice della passione tendi a canterellare a bocca chiusa la canzone dei Monkees I’m a believer…»

Ormai Jessica non sorrideva piu.

«E una specie di scherzo?» chiese con freddezza.

«Oh, e negli ultimi diciotto mesi siamo stati fidanzati» aggiunse Richard.

Jessica sorrise nervosamente. Forse si trattava davvero di uno scherzo, di una di quelle spiritosaggini che tutti gli altri sembravano capire e che lei non riusciva mai ad afferrare.

«Credo che lo saprei se fossi stata fidanzata con qualcuno per diciotto mesi, signor hmm.»

«Mayhew» disse Richard per darle una mano. «Richard Mayhew. Mi hai piantato, e io non esisto piu.»

Jessica fece un cenno frettoloso a nessuno in particolare dall’altra parte della sala. «Arrivo subito!» grido disperata, cominciando a indietreggiare.

«I’m a believer» canticchio tutto allegro Richard «I coiddn’t leave her if I tried…»

Jessica afferro una coppa di champagne da un vassoio di passaggio e lo inghiotti in un sorso. Al lato opposto della stanza poteva vedere l’autista del signor Stockton, e dove si trovava l’autista del signor Stockton…

Si diresse verso la porta.

«Allora, chi era?» chiese Clarence mettendosi al suo fianco.

«Chi?»

«Il tuo uomo del mistero.»

«Non lo so» ammise lei. Poi aggiunse, «Senti, forse sarebbe meglio chiamare la sicurezza.»

«D’accordo. Perche?»

«Perche… perche ti chiedo di chiamare la sicurezza» poi il signor Arnold Stockton entro nella sala e tutto il resto le usci dalla testa.

Era voluminoso e facoltoso, il signor Stockton: una vignetta d’uomo, con una circonferenza enorme, molti menti e un grande stomaco. Aveva superato i sessanta; i capelli erano grigio-argento, e li teneva troppo lunghi sulla nuca perche vedere che teneva i capelli troppo lunghi metteva a disagio la gente, e al signor Stockton piaceva molto mettere la gente a disagio.

Paragonato a Arnold Stockton, Rupert Murdoch era un losco speculatore di quart’ordine e il defunto Robert Maxwell una balena arenata. Arnold Stockton era un pitbull, ed era proprio cosi che spesso lo ritraevano i caricaturisti.

La Stockton possedeva un po’ di tutto: satelliti, quotidiani, case discografiche, parchi di divertimento, libri, periodici, fumetti, stazioni televisive, compagnie cinematografiche.

«Il discorso lo pronuncio subito» disse il signor Stockton a Jessica come preambolo. «Poi me la svigno. Ci torno un’altra volta, senza tutti quei palloni gonfiati tra i piedi.»

«Bene» disse Jessica. «Si. Subito il discorso. Certo.»

Quindi lo condusse al piccolo palco e sul podio. Per ottenere il silenzio fece tintinnare le unghie contro un bicchiere. Nessuno ci fece caso, percio prese il microfono e disse «Scusatemi.» Questa volta la conversazione si acquieto. «Signore e signori. Stimati ospiti. Vorrei dare a tutti voi il benvenuto al British Museum» disse «e alla mostra, sponsorizzata dalla Stockton, ’Angeli sull’Inghilterra’, e in particolar modo all’uomo cui dobbiamo tutto questo, il nostro direttore generale e presidente del Consiglio di amministrazione, il signor Arnold Stockton.»

Gli ospiti si misero ad applaudire, senza avere dubbi riguardo a chi avesse raccolto la collezione di angeli e, peraltro, pagato lo champagne.

Il signor Stockton si schiari la voce. «Bene» disse. «Non sara una cosa lunga. Quando ero piccolo, venivo al British Museum al sabato, perche l’ingresso era gratuito e a casa non giravano molti soldi. Pero salivo gli alti gradini per raggiungere l’entrata e scendevo in questa sala sul retro per guardare quest’angelo. Era come se sapesse cosa pensavo.»

(Clarence rientro nella stanza affiancato da un paio di guardie della sicurezza. Indico Richard, che si era fermato ad ascoltare il discorso del signor Stockton. Porta stava ancora esaminando i pezzi esposti. «No, lui» Clarence continuava a ripetere alle guardie, in tono sommesso. «No, guardate, proprio la. Visto? Lui.»)

«Comunque. Come tutte le cose che non vengono custodite con attenzione» continuo il signor Stockton «e andato in rovina, caduto a pezzi sotto gli stress e le tensioni dei tempi moderni. E marcito. E andato a male. Be’, ci e voluta un carrettata di soldi» fece una pausa per dare maggior peso all’espressione — se lui, Arnold Stockton, pensava fosse una carrettata, di carrettata certamente si trattava — «e decine di artigiani hanno passato un sacco di tempo a restaurarlo e a sistemarlo. Dopo Londra, la mostra andra in America, poi in tutto il mondo, cosi forse potra ispirare qualche altro piccolo birbante senza un soldo a costruirsi un impero nelle comunicazioni.»

Si guardo intorno. Rivolto a Jessica mormoro, «E adesso che faccio?»

Lei indico il cordone a lato del sipario.

Il signor Stockton tiro il cordone e il sipario ondeggio e si apri, rivelando un vecchio portale.

(«No. Lui» disse Clarence. «Per la miseria! Ma siete ciechi?»)

Poteva essere stato l’ingresso di una cattedrale. Era alto come due uomini e abbastanza largo perche ci passasse un pony. Intagliato nel legno del portale e dipinto in rosso, bianco e lamina d’oro, c’era un angelo straordinario. Che fissava il mondo con vuoti occhi medievali.

Gli ospiti fecero un oh! di stupore, quindi applaudirono.

«L’Angelus!» Porta si era messa a tirare la manica di Richard. «Eccolo! Richard, vieni!»

Corse verso il palco.

«Mi scusi, signore» disse una guardia rivolta a Richard. «Possiamo vedere il suo invito?» aggiunse un’altra, afferrandolo saldamente, ma con discrezione, per un braccio. «Ha un documento?»

«No» rispose Richard.

Porta era sul palco. Richard tento di liberarsi con uno strattone, nella speranza che le guardie si dimenticassero di lui. Non lo fecero.

Una volta preso in custodia, intendevano trattarlo come avrebbero fatto con qualsiasi altro trasandato, sporco e mal rasato intruso. La guardia che teneva Richard per il braccio accentuo la stretta, mormorando: «Non pensarci nemmeno!»

Sul palco, Porta si era fermata, chiedendosi come fare affinche le guardie liberassero Richard. Quindi fece l’unica cosa che le venne in mente. Si avvicino al microfono, si alzo in punta di piedi e

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