«Come, scusa?»

«A che numero sto pensando?» ripete mister Vandemar. E, per aiutare ulteriormente, aggiunse, «E tra uno e un sacco.»

«Sette» rispose il Marchese.

Mister Vandemar annui, molto colpito.

Mister Croup comincio, «Dov’e la…» ma il Marchese scosse il capo. «Ah-ah» disse. «Stiamo diventando ingordi!»

Nello scantinato umido ci fu un momento di assoluto silenzio. Poi l’acqua prese a colare e i vermi a strisciare, e il Marchese disse, «Un’ora di vantaggio, ricordatevelo.»

«Naturalmente» disse mister Croup.

Il Marchese de Carabas lancio la figurina a mister Croup, che l’afferro con impazienza, come un tossicodipendente che afferri una bustina di plastica piena di una polverina bianca di dubbia legalita.

Poi, senza voltarsi indietro, il Marchese lascio il sotterraneo.

Mister Croup esamino minuziosamente la statuetta, girandola e rigirandola tra le mani, come un prete dickensiano appartenente alla chiesa della Mostra itinerante dell’antiquariato. Di quando in quando la lingua gli sporgeva tra le labbra, simile a quella di un serpente.

«Oh, bella, bella» sussurrava. «E davvero della dinastia Tang. Vecchia di milleduecento anni, le piu raffinate figurine di porcellana mai realizzate su questa terra. Questa e stata creata da Kai Lung, il migliore dei ceramisti: non ne esiste un’altra uguale. Esamini il colore della vetrina; il senso delle proporzioni; la vita…» Sorrideva, ora, come un bambino; il sorriso innocente sembrava perso e confuso sull’ambiguo terreno della faccia di mister Croup. «Regala al mondo un tocco in piu di meraviglia e di bellezza.»

Quindi la bocca gli si allargo in un ghigno eccessivo, abbasso la faccia verso la figurina e ne frantumo la testa tra i denti, mordendo e masticando selvaggiamente, inghiottendo pezzo dopo pezzo. I denti avevano ridotto la porcellana a una polvere sottile che gli ricopriva la parte inferiore del viso.

Si compiaceva di quella distruzione, e le dedicava la strana follia e l’incontrollabile brama sanguinaria di una volpe in un pollaio.

Poi, quando non rimase altro che polvere, si rivolse a mister Vandemar. Sembrava insolitamente mite, quasi languido. «Quanto tempo abbiamo detto che gli concedevamo?»

«Un’ora.»

«Hmm. E quanto e trascorso?»

«Sei minuti.»

Mister Croup abbasso la testa e si passo un dito sul mento, che lecco per non sprecare neppure una piccola parte della polvere di porcellana.

«Lo segua, mister Vandemar» disse mister Croup. «Io ho bisogno di qualche altro minuto per assaporare il momento.»

Hunter senti il rumore dei loro passi mentre scendevano le scale. Era in piedi nell’ombra, a braccia incrociate, nella stessa posizione in cui si trovava quando l’avevano lasciata.

Richard canterellava a bocca chiusa, in modo enfatico.

Porta non riusciva a smettere di ridacchiare. Si fermava e diceva a Richard di stare zitto. Per ricominciare subito a ridacchiare.

Passarono davanti a Hunter senza accorgersene.

Lei usci dall’ombra e disse, «Siete stati via otto ore.» Era un’affermazione del tutto priva di biasimo o di curiosita.

Porta la guardo di sottecchi. «Non mi e sembrato cosi tanto.»

Hunter non commento.

Richard le fece un largo sorriso un po’ offuscato. «Non vuoi saper cos’e successo? Be’, mister Croup e mister Vandemar ci hanno teso un’imboscata. Purtroppo non avevamo una guardia del corpo a portata di mano, ma gliel’ho fatta vedere io.»

Hunter inarco un sopracciglio perfetto. «Mi sento in soggezione davanti al tuo talento pugilistico» disse con freddezza.

Porta sogghigno. «Sta scherzando. In realta — ci hanno uccisi.»

«In quanto esperta nella terminazione delle funzioni organiche vitali» disse Hunter «mi permetto di non essere d’accordo. Nessuno di voi e morto. A occhio e croce direi che siete entrambi molto ubriachi.»

Porta fece la linguaccia alla sua guardia del corpo. «Stupidaggini. Ne ho toccata appena una goccia. Tanto cosi.»

Allungo due dita per mostrare che quantita infinitesimale fosse «tanto cosi.»

«Siamo solo andati a una festa» spiego Richard «e abbiamo visto Jessica e abbiamo visto un vero angelo e ci hanno dato un porcello pazzerello tutto nero e cicciottello e siamo tornati qui.»

«Abbiamo bevuto pochissimo» continuo Porta, tutta seria. «Un vino vecchio vecchio. Pochiiino pochiiino. Proprio poco. Quasi niente.»

Comincio ad avere il singhiozzo. Poi si mise di nuovo a ridacchiare. Fu interrotta da un singhiozzo e si sedette di colpo sulla banchina.

«Penso che forse siamo un po’ sbronzi» ammise Porta, gia piu sobria. .

Quindi chiuse gli occhi e inizio solennemente a russare.

Il Marchese de Carabas correva lungo le strade sotterranee come se avesse alle calcagna tutti i diavoli dell’inferno. Avanzava sguazzando nei quindici grigi centimetri del fiume Tyburn, il fiume dell’impiccato, al sicuro nell’oscurita di una fognatura di mattoni sotto Park Lane, alla volta di Buckingham Palace. Aveva corso per diciassette minuti.

Circa un metro al di sotto di Marble Arch si fermo. La fognatura si divideva in due diramazioni.

Il Marchese de Carabas scelse quella a sinistra.

Parecchi minuti piu tardi, mister Vandemar si incamminava nella fognatura. Raggiunto il punto di confluenza, si fermo per qualche istante, annusando l’aria. Poi, anche lui prese la diramazione di sinistra.

Con un grugnito, Hunter lascio cadere il corpo inanimato di Richard Mayhew su un cumulo di paglia. Lui si rotolo nella paglia, disse qualcosa che suonava come «Forsta griugli brufluf paf» e si rimise a dormire.

Accanto a lui adagio anche Porta, ma piu gentilmente. Poi si accovaccio vicino alla ragazza, nella buia scuderia sotterranea, sempre all’erta.

Il Marchese de Carabas era esausto. Si appoggio contro il muro del tunnel a fissare i gradini che gli si paravano davanti. Quindi estrasse l’orologio da taschino d’oro e controllo l’ora. Erano passati trentacinque minuti dal momento in cui aveva lasciato lo scantinato dell’ospedale.

«E gia un’ora?» chiese mister Vandemar.

Era seduto sui gradini di fronte al Marchese, e si esplorava le narici con un coltello.

«Neanche per sogno» disse il Marchese con il fiato corto.

«Sembrava un’ora» disse mister Vandemar.

Il mondo tremo, ed ecco mister Croup accanto al Marchese de Carabas. Gli era rimasta ancora qualche traccia di polvere sul mento.

De Carabas fisso mister Croup. Si volto a guardare mister Vandemar. Poi, involontariamente, scoppio a ridere.

Mister Croup sorrise. «Ci trovi buffi, vero messer Marchese? Una fonte di divertimento. Non e cosi? Con i nostri bei vestiti e le nostre involute circumlocuzioni…»

Mister Vandemar mormoro «Io non ce l’ho una circumlo…»

«… E le nostre sciocchezzuole nelle maniere e nei modi. E forse siamo buffi.» In quel momento mister Croup sollevo un dito e lo agito verso de Carabas. «Ma, messer Marchese, non devi mai credere che solo perche una cosa e buffa non possa anche essere pericolosa.»

E mister Vandemar lancio con forza e accuratezza il coltello contro il Marchese, che fu colpito alla tempia con il manico. Gli si rivoltarono gli occhi, e le ginocchia cedettero.

«Circumlocuzione» spiego mister Croup «e un modo di parlare intorno a qualcosa. Una digressione. Verbosita.»

Mister Vandemar sollevo il Marchese de Carabas afferrandolo per la cintura e lo trascino su per le scale, la testa che sbatacchiava rumorosamente contro ogni scalino.

Mister Vandemar fece un cenno di assenso. «Ero curioso» disse.

Sapeva che li stava aspettando. Ogni tunnel che percorreva, ogni svolta, ogni diramazione, la percezione cresceva, sempre piu pressante e piu pesante. La sensazione di catastrofe imminente aumentava a ogni passo.

Avrebbe dovuto sentirsi sollevato quando aveva svoltato l’ultimo angolo e l’aveva vista la, in piedi, incorniciata dal tunnel, ad attenderlo. Invece, provo soltanto paura.

Nel sogno era grande come il mondo. Non c’era altro che la Bestia, dai fianchi fumanti. Dalla sua pelle spuntavano lance spezzate e frammenti di vecchie armi. Sulle corna e sulle zanne c’era del sangue rappreso. Era grassa, enorme e cattiva.

E la Bestia carico.

Sollevo la mano (ma non era la sua mano) e scaglio la lancia contro la creatura.

Vide i suoi occhi, rossi, maligni e gongolanti, che fluttuavano verso di lui, il tutto in una frazione di secondo che divenne una minuscola eternita. E poi fu su di lui…

L’acqua era fredda, e colpi il viso di Richard come uno schiaffo. Spalanco gli occhi e trattenne il respiro.

Hunter lo guardava dall’alto in basso. Teneva in mano un grosso secchiello di legno. Vuoto.

Allungo una mano e constato di avere i capelli zuppi. Si tolse l’acqua dagli occhi e rabbrividi.

«Non c’era bisogno che lo facessi» disse Richard. Dal sapore che aveva in bocca pareva che numerosi animaletti l’avessero usata come gabinetto, prima di liquefarsi in qualcosa di vagamente verdognolo. Cerco di mettersi in piedi, ma si risedette di colpo. «Ooh!» spiego.

«Come va la testa?» chiese Hunter con tono professionale.

«E stata meglio» rispose Richard.

Hunter prese un altro secchiello di legno, questa volta pieno d’acqua, e lo trascino sul pavimento della scuderia. «Non so cosa avete bevuto,» disse «ma doveva essere molto potente.»

Hunter tuffo la mano nel secchiello e la agito davanti al viso di Porta, spruzzandolo d’acqua. Gli occhi della ragazza sbatterono leggermente.

«Non c’e da meravigliarsi che Atlantide sia affondata» borbotto Richard. «Se la mattina si sentivano tutti cosi, con ogni probabilita e stato un sollievo. Dove siamo?»

Hunter spruzzo dell’altra acqua sul viso di Porta. «Nelle scuderie di un’amica» rispose.

Richard si guardo attorno. In effetti il luogo poteva avere l’aspetto di una scuderia. Si chiese dove fossero i cavalli — che tipo di cavalli potrebbe vivere sottoterra? Sul muro era dipinto uno stemma: la lettera S (o si trattava forse di un serpente? Richard non era in grado di stabilirlo) circondata da un cerchio formato da sette stelle.

Porta allungo una mano incerta verso la propria testa e la tocco con circospezione, quasi non fosse sicura di cosa avrebbe trovato. «Ooh» disse in un sussurro o poco piu. «Per Temple e Arch! Sono morta?»

«No» rispose Hunter.

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