La guardava muoversi nei katas infuocati sul campo di parata sotto il sole ardente dei tropici. Persino il sudore le conferiva una grazia particolare. La T-shirt color cachi le ricadeva morbida dalle spalle e i pantaloni di fatica le modellavano i fianchi. I capelli, tagliati alla paggio secondo la foggia militare, riflettevano i raggi del sole a picco. Keller non aveva mai visto nessuna come lei. Continuava a guardare, all’ombra di un hangar-magazzino, e mentre l’immagine di lei gli si fissava nella memoria, ammise per la prima volta con se stesso che forse si era innamorato. Lei continuo a fendere l’aria e si accorse di lui solo qualche minuto piu tardi, quando sedette in posizione zazen, sfinita dal caldo umido, con alle spalle le nuvole di un temporale che salivano dal Mato Grosso. Lo guardo e lo sconvolse con uri sorriso.

Dal momento che la caserma di Cuiaba era sovraffollata, Keller dormiva in una tenda montata tra i fari di illuminazione e il filo spinato che delimitava il recinto. Quella notte, quando si spensero le luci, Meg usci dal bunker delle donne e ando da lui, bisbigliando il suo nome nel buio. Non si erano messi d’accordo, ma non fu una sorpresa, dato che la promessa era stata implicita nel loro sguardo. Fecero l’amore in modo un po’ inesperto, ma con grande passione, e si scambiarono ricordi d’infanzia nelle poche ore precedenti la sveglia.

Quando lui le chiese dei servizi di pattuglia sulla BR-364 Meg si mise a sedere di scatto, rabbrividendo nell’oscurita. — Scoprirai presto come sono.

Ray si scuso di averne parlato e lei gli passo le dita tra i capelli tagliati a spazzola. — La fuori, Ray — gli disse — e facile fare cose di cui non si puo affatto essere orgogliosi.

Il plotone usci in missione un paio di giorni piu tardi. Un mezzo di trasporto truppe li scarico nell’aspra campagna coltivata a sud-est del Ti Parana. Keller si mosse con circospezione. Byron si immerse nel suo ruolo di Angelo, parlando poco, osservando fissamente ogni particolare e tenendosi al di sopra delle proprie paure. Meg si incammino, stringendo il fucile tanto da averne le nocche bianche. La tensione era quasi palpabile poiche nei villaggi vicini era stata registrata un’intensa attivita di guerriglia, ma loro non si accorsero di niente finche non caddero in un’imboscata, in un fangoso campo di manioca dalle parti di Rondonia. Il frastuono giunse improvviso e assordante. Il cielo si accese dei bagliori antisettici del fosforo incendiato. Keller udi da ogni parte i fischi e le esplosioni di grappoli di bombe. Cadde in ginocchio, senza quasi rendersene conto. Il sangue…

— No — disse Keller, e ritiro la mano.

Teresa apri gli occhi, scossa.

Ray la fissava con espressione cupa. Qualcosa doveva essere arrivato fino a lui, penso Teresa. Una parte di quelle immagini possenti che avevano cominciato a riempire il divario fra loro. I suoi ricordi. — Mi dispiace — assicuro, con voce roca. Apri la mano e depose la pietra sul tavolo. La vecchia brasiliana si riavvicino con la cassetta di sicurezza. — Passou a hora. - Il tempo a loro disposizione era scaduto.

L’esperienza l’avvili. Tornarono a piedi verso l’albergo. A causa della pioggia, un’umidita densa si alzava nelle strade. In uno scorcio di vicolo, Teresa intravide una donna posseiro, di passaggio o forse senza casa, accovacciata tra i suoi miseri fagotti e intenta ad allattare un bambino nudo. Il piccolo aveva folti capelli neri, occhi grandi e lineamenti da indio. La madre gli reggeva la testa con un braccio e lo guardava con tanto evidente affetto che Teresa dovette distogliere lo sguardo, sentendosi improvvisamente debolissima. Dopo quello che Keller aveva detto di Byron, dopo cio che aveva visto, l’immagine di quella donna le giungeva quasi come una punizione. Siamo tutti qui a cercare ciascuno il proprio Graal, penso, a scavare nel fango, con le unghie, spinti non dall’ingordigia ma da una malintesa sincerita… Eppure quella donna analfabeta, accovacciata in un vicolo, di certo povera e magari senza casa, era intera la dove loro erano spezzati, sana dove loro erano storpi. Le sembro di sentirsi trapassare da un vento gelido, che la fece sentire piccola piccola, e colma di vergogna.

L’atrio dell’albergo era caldo e sapeva di stantio. Fermo nella loro stanza, Ng li stava aspettando.

7

Quando fu certo che gli americani avevano lasciato Brasilia, Stephen Oberg si imbarco su un volo della SUDAM destinato a raggiungere direttamente Pau Seco.

Gli basto far vedere il tesserino dell’Organizzazione. In genere, la SUDAM e il governo brasiliano erano sempre disposti a collaborare. In teoria, secondo il documento, Oberg era un impiegato civile della DEA, ma considerate le vistose fusioni di agenzie federali negli anni Trenta, ogni distinzione era diventata ormai priva di senso. Il suo immediato superiore era un burocrate della NSA, momentaneamente impiegato nel settore sicurezza, e di fronte all’Ambasciata era lui che rispondeva delle sue azioni.

Il velivolo era affollato di guardie di pace in uniforme verde pisello, che parlavano tra loro con l’accento dell’Ariguaia Valley e sembravano non far caso all’oceano di foreste sotto di loro. Oberg appoggio la testa sul cuscino e fece finta di dormire. Pesava quasi novanta chili; il vestito grigio gli conferiva un aspetto massiccio e lui era un pensatore lento ma metodico. Non era solito alle crisi di nervi, ma doveva ammettere che il Brasile lo rendeva un po’ inquieto.

Avrebbero dovuto esserci dei cambiamenti. Aveva gia tentato di farlo presente alle alte sfere dell’Organizzazione e ai funzionari di governo a cui era stato presentato nel suo breve periodo di permanenza in loco. Per anni, l’estrazione delle pietre di Pau Seco era stata una faccenda relativamente casuale; il contrabbando si verificava soprattutto negli istituti di ricerca americani e negli stati asiatici, dove la tentazione di duplicare gli oneiroliti era piu facile da soddisfare. Il contrabbando a Pau Seco era di per se problematico, e per un bel po’ di tempo non c’erano state buone ragioni per tentarlo. Il Blocco Orientale aveva fatto sentire periodicamente la propria presenza, ma questo era prevedibile; e anche tollerato, entro certi limiti. Esigenze dell’equilibrio di potere. Ma i tempi erano cambiati.

Oberg era stato negli istituti di ricerca governativi in Virginia, quando vi erano giunti i primi esemplari delle nuove pietre, l’anno precedente. Da un punto di vista tecnico, gli aveva detto il capo della squadra di ricerca, le nuove pietre erano piu 'raggiungibili', si interfacciavano meglio con i programmi criptoanalitici contenuti nei cervelli elettronici del laboratorio. — Stiamo decodificando una quantita di materiale — aveva continuato lo studioso. — Ci si trova di tutto, basta chiedere. E come un’enciclopedia. Un’enciclopedia infinita. Ma gli effetti sui volontari umani…

— Sono diverse? — aveva chiesto Oberg.

— Generano forti idiosincrasie. E molto strano. Dovreste vedere di persona.

E cosi Oberg, l’inviato dell’Organizzazione, aveva seguito il loquace studioso lungo un corridoio fino alle stanze dalle pareti color pastello dov’erano alloggiati i volontari umani. Anche questo aspetto era essenziale per le ricerche, aveva detto la sua guida, e Oberg se n’era sentito vagamente nauseato. C’erano dei dati, purtroppo, a cui non era possibile accedere tramite i computer, ma solo attraverso la mente umana. Tutto cio che si sapeva sugli Esotici aveva seguito quel particolare percorso. Era gente dalla pelle azzurra che abitava, o aveva abitato, un piccolo pianeta di una stella lontana. Con l’aiuto dei volontari umani si era raggiunta una conoscenza schematica del loro linguaggio e della loro antropologia. Ma erano testimonianze sporadiche, spesso contraddittorie, inquinate da sogni e desideri. Le escrescenze di una mente umana.

Il suo volontario era un uomo di nome Tavitch. Come la maggior parte delle cavie, proveniva dalla prigione federale di Vacaville. Era un uomo di mezza eta che parlava in tono pacato, che aveva ucciso la moglie e i due figli una settimana dopo aver perso il proprio lavoro come direttore di un archivio elettronico. Aveva scelto il volontariato nei laboratori della Virginia, in alternativa all’amigdalectomia. I suoi occhi erano umidi e grandi, l’espressione leggermente insolente. Teneva in mano uno dei nuovi oneiroliti di profondita.

— La prima volta che l’ha toccato e praticamente caduto in stato comatoso — spiego il capo della squadra di ricerca. — Con rotazione oculare e una specie di ipermnesia traumatica. Ma adesso e relativamente lucido.

Oberg incrocio le braccia in atteggiamento paziente: — Signor Tavitch? Mi sentite?

L’uomo alzo lo sguardo, ma la sua espressione era preoccupata.

— Che cosa state vedendo, signor Tavitch?

Ci fu una lunga pausa. — Il tempo — rispose alla fine. — La storia.

Era innaturale, inquietante. Oberg guardo il capo della squadra di ricerca, che si strinse nelle spalle e gli fece cenno di continuare.

Oberg sospiro tra se. — La storia — ripete. — La nostra storia?

— Si, la nostra — confermo Tavitch. — E anche la loro. La nostra e piu recente. Oh, come splende! Dovreste vederla. E come un fiume. Un fiume dorato di vite. Milioni e milioni, che svaniscono negli anni. — I suoi occhi erano vitrei e pazienti. — Sono tutti la dentro…

— Chi?

— Tutti — rispose Tavitch.

— Tutti?

— I morti — preciso l’altro con calma. — Vite intrecciate come stringhe. Ci sono anche i vivi, piu simili a delle micce accese.

Oberg non aveva potuto fare a meno di rabbrividire. Era la repulsione istintiva e inevitabile che avvertiva per quella stanza. Un senso di contaminazione. La gente credeva che gli oneiroliti fossero stati addomesticati, che la loro natura aliena fosse stata vinta dalla familiarita. Lui non condivideva l’idea. Le pietre erano il prodotto di un’intelligenza profondamente lontana e dissonante rispetto a quella umana: per capirlo bastava guardare il loro splendore oleoso, l’illusione della profondita. Apparecchi di pietra, penso. Vita minerale. Lo facevano sentire a disagio.

— Ci sono anche loro - continuo Tavitch, e la sua voce discese di un tono.

— Chi, signor Tavitch?

— Alma. Peter. Angela. — La faccia del galeotto parve come sgonfiarsi dall’interno. Oberg ne rimase sbalordito. Per un attimo temette che l’uomo si mettesse a piangere. Tavitch l’assassino, che non aveva mai mostrato il minimo rimorso. — Vogliono capire — prosegui il volontario — ma non ci riescono… non possono…

Oberg abbandono la stanza, disgustato.

Alma, Peter, Angela.

Erano la famiglia di Tavitch. Le persone che aveva ucciso.

Piu tardi, mentre pranzavano nella mensa asettica del personale, il capo della squadra di ricerca cerco di spazzar via la brutta impressione lasciata dall’episodio. — Voi capite, qui lavoriamo con soggetti particolari. Criminali. Assassini, come Tavitch. Di conseguenza il lavoro presenta un certo vizio di forma. La ricerca convenzionale non ci ha ancora fornito le risposte che cerchiamo; in pratica, non siamo piu vicini a comprendere chi siano i cosiddetti Esotici, o in che modo gli oneiroliti interagiscano con la mente, di quanto non lo fossimo quindici anni fa.

— E assurdo — commento Oberg. — Mostruoso.

Lo studioso sbatte le ciglia. — Capisco la vostra delusione, signor Oberg. Suggerisco solo un po’ di tolleranza. Di pazienza. Considerate le cose dal nostro punto di vista: quello che ci interessa sopra ogni cosa e la comunicazione. E la comunicazione e esattamente cio che si e verificato, in un modo o nell’altro, in quella stanza con Tavitch. Esiste un pregiudizio contro cio che viene chiamata 'l’interfaccia umana', l’effetto dell’oneirolita sulla mente dell’uomo. Ebbene, e ovvio che si tratta di uno studio difficile. L’effetto e soggettivo, non si puo misurarlo o calibrarlo. E per questo che conduciamo ricerche limitate, e che siamo costretti a contendere i fondi a gruppi di studio che ottengono maggiori e piu tangibili risultati. Capite dove voglio arrivare? So bene che avete riportato un’impressione negativa di cio che e successo oggi, ma non vorrei che questo influenzasse negativamente il proseguimento del nostro lavoro.

Dunque, tutto si riduceva a quello, penso Oberg. La carriera di quell’uomo. — Non sono io a decidere la destinazione dei fondi.

— Voi avete influenza.

— Poca.

— Sentite, io sono convinto che stiamo svolgendo un lavoro importante, se non addirittura vitale, con queste nuove pietre. Nessuno vuole prendere in considerazione la cosa, signor Oberg, ma forse il messaggio che questi Esotici volevano lasciarci non e strettamente linguistico. Forse e preverbale. Forse opera a livello dell’intuizione, dell’emozione… o della memoria.

La memoria. Che cosa aveva detto Tavitch? Qualcosa a proposito della storia. E il capo della squadra di ricerca aveva parlato di ipermnesia, un involontario ripescamento del passato. Per Oberg

Вы читаете Memorie di domani
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату