Carlos si guardo intorno.
L’alcol e la paura lo avevano reso irriconoscibile. Il suo volto era livido e congestionato. Gli occhi sembravano completamente bianchi. Per un attimo, la bambina fu sopraffatta dalla meraviglia. — Sei tu — disse lui. E si mosse nella sua direzione.
Le sue mani l’afferrarono con violenza. Le strapparono i vestiti. Lei provo una specie di stordimento improvviso, che sembro estrarla dal suo stesso corpo per permetterle di guardare le cose dall’alto. Usci da se stessa e vide Carlos, la finestra, il cielo coperto di cenere, tutto con una strana e curiosa indifferenza. Le sue mani erano da biasimare, penso. Lei lo odiava. Carlos era probabilmente innocente, come aveva detto sua madre. Era colpa
Non riusciva a vedere chiaramente sua madre, che era caduta sul pavimento, stordita. Non la vide, quindi, nemmeno quando si riscosse e sbatte le palpebre vedendo cio che succedeva davanti a lei. Non la vide inorridire, ne dirigersi inciampando all’armadietto vicino ai fornelli per prendere dal cassetto un lungo coltello. La bambina non era piu in grado di rendersi conto di nulla, finche non senti Carlos rimangiarsi il fiato e irrigidirsi sopra di lei, prima di rotolare via, su un fianco. Il suo sangue, chissa come, le macchio il vestito. Carlos giacque rantolando, stringendo l’aria con le mani. Sua madre la guardo, con gli occhi di un animale spaventato. — Dio ci aiuti — mormoro. — Vieni via, adesso.
Corsero alla motolancia, ma la pressione delle altre barche l’aveva spinta contro gli ormeggi fino a farla ribaltare con tutto il suo carico. Loro rimasero a fissarla solo per un secondo. Il fuoco era tanto vicino da poterlo annusare. L’aria acre irritava le narici e la gola. Il fumo turbinava giu per il canale tra le barche e sotto i ponti mobili affollati di profughi. Dappertutto c’era gente in fuga. Nessuno sembrava ancora in preda al panico, ma ormai era una questione di minuti. Poi tutti avrebbero cominciato a spingere e a correre. E allora?, si chiese la bambina. E allora?
Sua madre la trascino avanti. Non avevano niente da trasportare. Tutto cio che possedevano era andato perduto. Anche Carlos. Se non era gia morto, sarebbe sicuramente perito nell’incendio. Una parte di lei esulto, un’altra parte si senti in colpa per quell’esultanza.
Viaggiarono per mezzo chilometro verso sud-est, con il fuoco alle spalle. L’incendio era il piu vasto che la bambina avesse mai visto e gli elicotteri sembravano incapaci di fronteggiarlo. Poi l’ondata di panico si abbatte sulla folla. Sua madre la sollevo e la porto in braccio per un certo tempo, ma lei era pesante e sua madre non era piu abbastanza giovane e sana. Andarono a sbattere contro una barriera di rete metallica. La gente alle loro spalle comincio a premere finche la barriera non cedette precipitandoli tutti in un canale di scolo. La bambina affondo nell’acqua lurida, e probabilmente sarebbe morta, come credeva di desiderare. Ma era come se fosse diventata due persone diverse. Il suo corpo lotto per risalire in superficie. Le sue gambe si agitarono nell’acqua e i suoi polmoni cercarono l’aria. Continuo a sguazzare, con il fuoco alle spalle. Nuoto alla maniera dei cani lungo il canale costeggiato di cemento e rete metallica, finche non riusci a issarsi su un ponte mobile, per riprendere fiato.
Si guardo intorno per cercare sua madre, ma non la trovo.
Sua madre e Carlos. Erano morti entrambi.
Per colpa sua. Ovvio.
Anche l’incendio era colpa sua. Probabilmente era stata lei a evocarlo. Troppe volte aveva desiderato che qualche catastrofe cancellasse Carlos dalla faccia della terra e le permettesse di rimanere per sempre nel giardino beato dell’infanzia. E i desideri contano. «Pensaci bene prima di esprimere un desiderio» le diceva sempre sua madre. «Potrebbe avverarsi».
Sentiva in faccia un calore insopportabile e il rumore di centinaia di voci urlanti la stordiva. Si accorse che stava parlando da sola. —
Molte ginocchia la urtavano. Una donna le tiro i capelli per passarle davanti. Ma lei continuo ad avanzare, senza lasciarsi prendere dal panico. Se i desideri fossero cavalli, i mendicanti sarebbero cavalieri. Se i desideri fossero cavalli… Se i desideri…
Cammino finche non perse i sensi, nella colpevole certezza che sarebbe dovuta morire nell’incendio. In un certo senso mori davvero. Tutte le cose che aveva erano morte. Doveva morire anche lei, come Carlos. Come
Si risveglio in un campo della Croce Rossa, sulla terraferma, con il viso ustionato, i polmoni gonfi di liquido e una febbre che la divorava. Ma viva. Era una nuova creatura, ora, ignota e anestetizzata. Senza storia, senza nome e con un’unica certezza: non era una brava bambina e non lo sarebbe stata mai.
Teresa aveva visto tutto.
Ma la bambina non se n’era andata. La stessa bambina comparsa tante volte nei suoi sogni, che ora le stava davanti, con le scarpe da ginnastica e gli occhi sgranati. Non era piu un ricordo, ma qualcosa di tangibile e di reale, un’entita separata. Si trovavano tutte e due in una specie di limbo, probabilmente all’interno della sua mente. Un luogo che la pietra aveva scoperto, dove la bambina aveva vissuto.
— Tu sai chi sono — disse la bambina in tono solenne.
Lo sapeva, naturalmente. La bambina era lei. O forse qualcosa di piu, una specie di fantasma. Il fantasma di cio che lei era stata. Il fantasma di cio che lei non era mai diventata.
Era possibile vedere, capire. Era possibile persino perdonare, penso Teresa. La bambina non aveva fatto niente di male. Ma la visione era stata troppo vivida e sconvolgente, e l’idea di ritornare in quel guscio vuoto, di essere di nuovo, in un certo senso, quella bambina lacera…
— Eppure devi farlo — dichiaro la bambina. — Vedere non e abbastanza.
No. Impossibile. Troppe cicatrici, una vita intera costruita su quel rifiuto. Impossibile rivivere tutto quel tormento, riprendere sulle spalle Carlos, sua madre, l’incendio… Era terribile.
Il fuoco e il senso di colpa avevano fatto di lei cio che era. Era Teresa, e Teresa non si poteva mettere da parte.
La bambina mosse qualche passo verso di lei. In realta non era piu una bambina, ma piuttosto l’immagine riflessa da uno specchio, l’immagine di una ragazza confusa e spaventata. — Non sono morta. Ho attraversato il fuoco e sono arrivata in terraferma. Tu hai tentato di uccidermi. Tu hai tentato di uccidermi con tutte quelle pillole. Ma non ci riuscirai.
— Mi sono nascosta per troppo tempo — continuo la bambina.
— Non era colpa tua — ribatte Teresa, con la forza della disperazione. — Ora lo so. Io…
Ma la bambina scrollo la testa. — Non e abbastanza!
Un brivido di panico. — E allora?
— Riportami indietro. — La bambina avanzo ancora. — Toccami. — Tese le sue piccole mani. — Sii me stessa.
Teresa lotto per trovare qualcosa da ribattere, ma non ci riusci. Venne sollevata bruscamente, accecata da una luce improvvisa e terribile, e di colpo si trovo circondata dal fumo, dagli spari e dal fetore acre e pungente della paura.
14
Ray le mise le mani sulle spalle. Lei sbatte subito le palpebre, aprendo gli occhi senza vedere. La pietra dei sogni era ancora ben stretta tra le sue mani.
Il contatto fu elettrico e straordinario, molto piu potente di quello che avevano gia vissuto nella chiesa di Cuiaba. Keller si senti perso.
Risenti l’odore della terra calda e granulosa di un campo di manioca vicino a Rondonia, e seppe che il ricordo sarebbe stato sgradevole.
Fino al momento dell’imboscata, Keller aveva ogni ragione per credere che il giro di ricognizione si sarebbe concluso nel migliore dei modi.
Lo dicevano tutti. Anche Meg. Il loco co aveva spiegato che i
Insieme all’ovvia sensazione di sollievo, Keller avverti anche una strana fitta di delusione. Non che fosse ansioso di vedere da vicino un combattimento, dato che non era un ingenuo e nemmeno uno stupido. I feriti che arrivavano all’ospedale di Cuiaba erano stati uno spettacolo abbastanza eloquente, in grado di fargli capire il significato della morte e del dolore. E non era nemmeno cio che gli psicologi dell’esercito definivano un 'soggetto ipermotivato'. Si trovava li solo perche il suo nome era stato sorteggiato.
Ma non poteva fare a meno di ripensare a cio che gli aveva detto Megan la sera prima, nella sua cuccetta. — La fuori, Ray, e molto facile compiere azioni di cui non si puo essere orgogliosi.
Era piu di quanto gli avessero detto gli altri. — La fuori. — Quelle erano state le parole di Megan. Come se fosse stato il nome di un posto.
Alla fine il servizio di pattuglia era giunto, ma Keller cominciava a credere che le sue domande non avrebbero trovato risposta nemmeno quella volta. Era appunto assorto in un miscuglio di gratitudine e di delusione quando i suoi timori divennero di colpo realta, e l’imboscata li colse tutti.
Stavano attraversando un campi di manioca verso il margine dell’autostrada contesa, la BR-364. Erano in formazione sparsa. In testa camminava un ragazzo di diciannove anni di nome Hooper. Hooper era appesantito dai sensori e da un dispositivo di localizzazione a elmetto che lo faceva assomigliare a uno scarafaggio, come aveva detto Byron. Hooper avrebbe dovuto dare l’allarme. Purtroppo era distratto. Nel bagliore della prima esplosione, Keller lo vide perdere tempo con i comandi a mano, forse nel tentativo di mettere a fuoco un’immagine sospetta o magari solo per giocare con lo schermo, colorare il cielo di rosso o altre fesserie del genere. Al corso, gli avvenimenti erano stati precisi. Non si doveva giocare. Era la prima regola. La reazione immediata di Keller al momento dell’imboscata fu dunque di irritazione nei confronti di Hooper. Hooper!, penso. Hooper, pezzo d’idiota!
Lo spostamento d’aria lo butto a terra.
Nei momenti successivi il tempo perse di valore. La fortuna lo aveva fatto cadere nel cratere di una bomba, grande come il suo corpo. Il riparo gli forniva una protezione appena sufficiente contro la pioggia di pallottole provenienti da una postazione tra gli alberi. Keller rotolo di fianco in tempo per vedere un proiettile colpire Logan, uno Spec/4 di colore. Rimase impietrito per l’orrore. Era come se Logan fosse stato investito da una grandinata di lame di rasoio. Aveva sangue dappertutto. Cadde a terra come un albero segato alla radice, ridotto in brandelli cosi piccoli da non fare neppure rumore.
Cristo, penso Keller.
Il suo fucile era schiacciato nel fango sotto di lui. Lo tiro fuori per difendersi in qualche modo, cercando di non cedere al panico, ma non c’era niente di logico a cui sparare, solo un bosco in lontananza, il nastro deserto della strada, l’aria immobile che annunciava il crepuscolo. In quella calma temporanea, Keller udi il co che urlava ordini incoerenti da qualche parte alla sua sinistra. Gli ordini s’interruppero con un grido. Lui striscio in avanti fino a che riusci a vedere una parte del campo. Tutti erano a terra, interi o a pezzi. Hooper era a terra. Il co era a terra, e sanguinava. L’addetto alle comunicazioni, con la sua radio, si affannava a chiedere aiuto e copertura aerea. Combattuto tra l’ansia e la riluttanza, Keller si impose di cercare Megan.
I suoi occhi si soffermarono per un attimo su Byron Ostler, l’Angelo del plotone, anche lui a terra, integro e intento a osservare la scena con metodo. Quasi lo invidio, assorto com’era nei suoi meccanismi di registrazione, lontanissimo dalla paura. Lo Zen degli Angeli. La parte pensante di lui si era chiusa come una noce. Doveva essere dolcissimo.
Tutto questo nello spazio di un battito di ciglia.