E alla fine scorse Meg. Al momento dell’imboscata lei camminava alla sua sinistra, un paio di passi piu indietro. Keller dovette sporgersi in fuori per vederla. Quando ci riusci, rimpianse di averlo fatto.

Meg era stata colpita.

L’orrore lo stordi, come un colpo violento nel centro del cranio. Gli si velo lo sguardo e per un secondo dubito di cio che vedeva.

Il proiettile l’aveva colpita alle gambe che ora, dalle ginocchia in giu, erano ridotte a un orrendo mucchio di confetti rossi. Non poteva camminare. Non poteva reggersi. Era bloccata nel campo di manioca, completamente indifesa. Ed era viva.

Faceva dei cenni verso di lui. Gli tendeva le mani. Ray, sembrava dire. Voleva che lui la tirasse nel cratere dove si trovava, o in qualunque altro posto in cui potesse salvarsi. Dove riuscire a rimanere viva fin quando fossero arrivate le squadre di soccorso. Lui sbatte le ciglia, guardandola. Megan tese la mano sanguinante verso di lui, e il suo sguardo divenne implorante e in qualche modo terribile. Lui si trascino in avanti per raggiungerla. Se qualcuno e in pericolo bisogna aiutarlo, penso. Era molto semplice.

Ma in quel momento inizio una seconda grandinata di proiettili e lo spettrale canto funebre dei fucili devastati fu presto seguito dal boato di grappoli di bombe. Keller si irrigidi. Il terrore che si impadroni di lui era una cosa nuova. La paura negli occhi di Meg sembrava esserglisi trasferita dentro. Udi delle urla sovrastare lo strepito delle esplosioni e capi che avrebbe urlato anche lui allo stesso modo. Immagino il terrore che si liberava nella sua gola in un gemito lungo e straziante, simile a quello di un animale. L’ultimo sussulto di lucidita, prima dell’attacco finale di dolore, prima della morte. Avverti il sibilo di una granata a tempo che solcava l’aria sopra di lui, e ritiro istintivamente la testa.

Moriro, si disse. C’era una logica fredda e inesorabile in quello che stava succedendo. Se mi alzo per prendere la sua mano, moriro. Era tutto calcolabile: impatto, esplosione, velocita, peso. Dio, penso, era un grande matematico, se riusciva a fare calcoli cosi precisi.

Probabilmente, l’indecisione non duro piu di un attimo. In seguito Keller si ripete che aveva avuto l’intenzione di aiutarla, e che era stato trattenuto solo dallo spavento per l’esplosione vicina, che l’esitazione era stata istintiva…

Ma lei mori mentre lui esitava. Un proiettile la trovo e i monofilamenti le scorticarono il corpo all’altezza del diaframma. L’impatto la sollevo, spostandola esattamente come spiegavano le teorie balistiche, prima in alto e poi all’indietro. Keller vide la medaglietta di riconoscimento, ormai staccata dalla catenella, descrivere un arco nell’aria turbinosa. Lei ricadde senza vita nell’erba alta.

Il movimento fu netto e grave. Significava, penso Keller, che lei era entrata in quel momento nella matematica delle cose inanimate.

Lui capiva la morte. Non era una novita, che la gente morisse. Specialmente in combattimento. Rientrava nella logica delle cose. Era spiacevole e, purtroppo, inevitabile.

Ma lui l’aveva amata.

Certo, anche le persone che si amano possono morire. In questo senso, la comprensione della morte gli era giunta molto presto. Aveva visto sua madre stesa in una bara quando aveva solo sette anni, e si era reso conto che, sebbene sembrasse solo immersa in un sonno profondo e doloroso, non si sarebbe mai piu svegliata. Il respiro non sarebbe piu entrato e uscito dalle sue labbra, le palpebre non si sarebbero sollevate. L’essenza della morte era appunto questa.

Quando era morto anche suo padre, alcuni anni piu tardi, Keller era abbastanza grande da cercarsi un lavoro per continuare a vivere nell’appartamento sopra l’officina. Lascio meticolosamente tutto al suo posto, aggrappandosi a una parvenza di normalita. Anche quello era un modo di chiudere gli occhi, eliminando il dolore. Prese l’abitudine molto in fretta.

E cosi, dopo la morte di Meg e la propria silenziosa complicita in quanto era successo, giunse a capire meglio Byron, l’Angelo, l’Occhio. — Hai visto tutto — lo accuso durante una sbronza, qualche giorno piu tardi.

Ma Byron scrollo la testa. — E la macchina a vedere, Ray. Io non vedo niente.

Mio Dio, penso Keller. Dev’essere il paradiso.

Qualche tempo dopo cerco di avere accesso alle registrazioni, per valutare la propria colpa e vedere le cose, per quanto possibile, con un minimo di obiettivita. Inoltro due richieste scritte e formali, ma il permesso gli venne negato. Le registrazioni erano passate nel limbo degli archivi di sicurezza, decisamente fuori dalla portata dei comuni mortali come lui.

Si offri volontario per l’addestramento al compito di Angelo. Imparo il wu-nien. La sua fu una scelta onesta, e lui la prese con molta serieta. Alla fine fu assegnato a una nave di ricognizione che prestava servizio nelle acque tranquille del Rio Negro. Non ebbe piu occasione di vedere altri combattimenti.

Non aveva importanza. Ormai era un Angelo, molto attento e meticoloso. Cio che un tempo era un’abitudine, era diventato uno stile di vita.

Tutto apparve con grande chiarezza, nello spazio di un solo momento.

La mano di Teresa si apri.

La pietra dei sogni cadde sul tappeto della camera d’albergo di Belem.

Keller rotolo lontano da lei, sbattendo le ciglia e lottando per ritrovare il fiato.

Eppure era andato fin li per quello. Adesso gli era chiaro. L’idea di una specie di resurrezione si era fissata nella sua mente fin dal giorno in cui Byron aveva pronunciato la parola Brasile. Aveva pensato a Megan Lindsey. Non aveva mai smesso di pensare a lei.

Teresa si rialzo a sedere, spaventata e dolorante. Byron spinse la sedia girevole lontano dal telefono.

Sono venuto qui per Meg, penso Keller. Come se potessi trovare delle risposte. Pur sapendo che ce n’erano. Come se il fango placido lungo la BR-364 avesse potuto produrre qualche epifania, dopo tutti quegli anni. Come se lei fosse potuta uscire da sottoterra per perdonarlo.

Pensieri stupidi e inarticolati. Idioti.

Teresa lo stava guardando. Muoveva le labbra senza farne uscire alcun rumore, per dirgli mi dispiace.

Keller distolse lo sguardo.

— Era Denny — disse Byron.

Loro lo fissarono senza capire.

— Al telefono — spiego lui. — E riuscito a trovare una soluzione. Ci fara avere dei biglietti aerei per andarcene da qui. Dice… Cristo, che cosa vi e successo, ragazzi?

15

Erano stati li, penso Oberg.

La sua stanza d’albergo a Belem era vuota. Le finestre erano aperte e qualcuno aveva tirato indietro le tende ingiallite. Oberg aveva minacciato la polizia locale, e la polizia aveva fatto la voce grossa con la comunita di esuli americani. L’operazione aveva fruttato solo questo: una stanza vuota. Che pero non era vuota da molto tempo.

Il suo vero nemico era stato il tempo. Il viaggio da Pau Seco a quella rumorosa citta amazzonica di pescatori era piuttosto lungo, specie se compiuto in autobus. Eppure loro erano stati li. Lui lo sentiva.

Resto in silenzio, cercando di concentrare la propria capacita di percezione.

Era qualcosa di piu sottile di un profumo. Resisteva a dispetto del fetore del Ver-o-Peso e della polvere antica dell’albergo. Erano le tracce dello stesso oneirolita, penso Oberg, le sue esalazioni aliene che aleggiavano nell’aria. Impronte di altri mondi.

Sapeva anche dove erano andati.

Un cane sciolto, cosi l’aveva definito il capo della base operativa brasiliana. Forse lo era, penso Oberg. Forse era proprio un cane sciolto. Ma sapeva dove andare.

Il capo della base operativa all’ambasciata americana di Brasilia era un corpulento plurilaureato di Harvard di nome Wyskopf. Oberg lo contatto il giorno dopo il suo arrivo a Belem, per telefono, con piu di una settimana di ritardo. La cosa irrito Wyskopf, che lo richiamo subito alla base.

— Non ho ancora finito qui — replico Oberg, guardando nell’obiettivo del telefono. — Sono molto vicino.

Avrebbe potuto dire qualcosa di piu accomodante, ma il viaggio da Pau Seco era stato lungo e lui si sentiva troppo stanco per trattare Wyskopf con diplomazia. Gli incarichi andavano portati a termine, penso. Era una regola fondamentale.

L’altro aveva sospirato, concedendogli la sua immensa pazienza anche attraverso chilometri e chilometri di fibre ottiche. — Lavoriamo per la stessa gente — replico. — Sono dalla vostra parte, d’accordo? Ma guardiamo la faccenda da un punto di vista meno ristretto. Non possiamo destinare una quantita infinita di risorse a questo scopo.

— Volete lasciar perdere?

— Non esattamente — rispose Wyskopf, e Oberg capi all’improvviso che invece volevano proprio lasciar perdere e che Wyskopf stava solo cercando una maniera indolore per comunicarglielo. Mio Dio, penso allarmato. Ancora non capiscono!

— State facendo un errore — disse.

— Non sta a voi affermarlo. Non sta a voi insegnarmi il mio mestiere. — Silenzio per una frazione di secondo, poi di nuovo un sospiro. — Oltretutto non dipende da me. Ho ricevuto l’ordine di farvi rientrare. Questo e tutto.

Oberg strizzo le palpebre. Aveva passato tre giorni in viaggio, senza dormire molto. Si sentiva un po’ stordito, e stranamente distaccato. Erano solo parole, non contavano poi molto. Ma l’ignoranza di Wyskopf lo offendeva, e glielo disse.

— Ho qui il vostro profilo psicologico — ribatte Wyskopf. — Avrei potuto benissimo immaginarlo. Siete ossessivo e avete un complesso di persecuzione grande come un autocarro. Ho una pila di reclami sulla scrivania, provenienti dalla SUDAM, dall’esercito e da una mezza dozzina di funzionali civili. E stata una pessima decisione quella di inviarvi laggiu e continuero a ripeterlo a chiunque me lo chieda. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno e proprio un cane sciolto che vada in giro a smuovere le acque. — Si chino verso la telecamera. — Ignorate il mio ordine di rientrare e vi assicuro che mi renderete un grosso favore.

— Voi non capite. La pietra…

— La pietra ha preso il volo! E ora di ammetterlo, non credete? Per fortuna nessuno, nemmeno al mercato nero, vorra comperarla. Come droga e molto pericolosa. Orrenda. Dunque, lasciamola perdere! Con ogni probabilita scomparira nella Citta Galleggiante e non ne sentiremo piu parlare. Nel frattempo rafforzeremo la sorveglianza a Pau Seco e negli istituti di ricerca. Presto o tardi ci sara una fuga, e naturale, ma a quel punto avremo almeno il vantaggio di un’indagine preliminare.

— Non si tratta solo di quello.

— Mi rifiuto di discuterne ancora. Questa e politica. Mi capite, signor Oberg? Siete richiamato alla base. Voglio che domattina vi presentiate in questo ufficio, pronto a farmi le vostre scuse.

Oberg rimase sbalordito. — Non posso.

— Rifiutate? — Nella voce di Wyskopf aleggio quasi una nota di sollievo.

— Si — rispose Oberg. — Andate al diavolo. Rifiuto. Voi non capite. Voi…

— Stronzate — taglio corto Wyskopf.

Lo schermo si svuoto.

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