Nessuno di loro capiva.

Oberg ando in un bar, placo l’appetito con un piatto di feijoada, bevve e gioco a carte con tre pescatori. Vinse, e poi, continuando a bere, perse tutto. Cammino a lungo nelle strade buie e deserte della notte, da solo. Era un soldato, un veterano e un patriota, penso. Ed era arrivato piu vicino a quella dannata cosa di tutti i carrieristi delle agenzie federali.

Ne era stato toccato. Letteralmente.

Era uscito dalla guerra con due decorazioni e un grande rispetto per gli orrori del combattimento. Aveva visto spettacoli terribili, aveva partecipato ad azioni spaventose… ma questo era nella natura della guerra, e non ci si poteva tirare indietro. La guerra era una condizione della mente. La guerra era tutto o niente. Cosi gli avevano insegnato al corso di addestramento. Oberg aveva fatto parte di un battaglione speciale composto da soggetti che gli psicologi definivano 'Aggressivi Latenti'. Erano uomini altamente motivati, predisposti alla violenza. Si erano offerti tutti come volontari, anche Oberg. O meglio, era stata la sua mappa genetica a rendere inevitabile il volontariato. Secondo gli esami, possedeva tutti i tratti caratteristici: scarico a punta nel cervelietto, periodici episodi di spersonalizzazione, un sistema endorfinico striminzito, un passato di violenze minori. Il suo co, un contadino georgiano di nome Toller, gli spiego che loro erano unici, proprio perche nati senza il 'bernoccolo della simpatia'. Sogghignava, dicendolo. Dio ci ha fatti cosi. Ed era vero, no? Forse banale ma innegabile.

Si autodefinivano Creati da Dio. Le truppe alla base di approvvigionamento li chiamavano Trucidabambini.

Erano il battaglione del terrore. Penetravano nelle zone di guerriglia ed effettuavano incursioni punitive nei villaggi di posseiros, distruggendo i raccolti, bruciando le case, radendo al suolo le basi politiche ed economiche dei guerriglieri. Era un compito vile e sanguinario. Su questo erano tutti d’accordo. Ma era adatto a loro. Dio ci ha fatti cosi.

Oberg sali di grado e acquisto una certa notorieta.

Non gli importava ricordare che cosa era successo in quegli anni. L’aspetto positivo era che la guerra gli aveva dato un’identita, la consapevolezza di se stesso. Era uscito dalla casa dei genitori adottivi in una regione rurale nel sud del Texas, dove la sua vita era stata un susseguirsi di violenze e di umiliazioni. Rimase incredulo quando un sorvegliante del riformatorio gli disse che avrebbe imparato ad amare l’esercito. Eppure accadde proprio cosi. L’esercito gli diede un’educazione, un’istruzione e una disciplina. L’esercito analizzo il suo carattere e lo spiego, infine gli trovo il modo di rendersi utile. E se l’esercito gli chiedeva di sfogare le sue perversioni nell’entroterra di quel terribile paese, ubbidire era il meno che lui potesse fare.

Al momento del congedo penso che la parentesi violenta della sua vita fosse terminata. Segui il consiglio di un commilitone ed entro nel servizio civile dell’Organizzazione. Era un buon agente, nonostante cio che aveva detto Wyskopf. La sua vita era stata lineare, almeno fino a quel momento. Se non aveva una moglie, una famiglia o gli altri contrassegni tipici di un’esistenza normale, forse dipendeva solo dal fatto che non riusciva a scrollarsi di dosso l’immagine di Aggressivo Latente, di Creato da Dio, di appartenente a quell’esigua minoranza nata senza il bernoccolo della simpatia. Ma non ci pensava molto spesso.

Aveva nutrito una profonda forma di sospetto verso gli oneiroliti ancora prima di essere assegnato all’istituto di ricerca in Virginia. In parte si trattava di un’istintiva paura e ostilita verso tutto cio che era estraneo e che rappresentava l’Altro. Ma c’era anche una repulsione piu intima. Non gli piaceva entrare in una stanza dove c’era stata una pietra. Era sensibile alle sue emanazioni. Gli si drizzavano i capelli e gli si rovesciava lo stomaco. Era conscio dell’enorme importanza degli oneiroliti e dei dati contenuti al loro interno, ma quelle pietre erano un dono di provenienza incerta, e i doni lo portavano sempre a interrogarsi sui motivi. Le pietre contenevano una quantita di informazioni astratte, ma quasi nulla sugli Esotici. Chi erano? Da dove venivano e che cosa volevano? E poi, quella strana interazione con i soggetti di Vacaville. Era come un antico film. Dissotterratori di cadaveri provenienti dallo spazio. Oberg prendeva l’idea molto sul serio, anche se sapeva che gli studiosi avrebbero riso di lui. Ma gli studiosi non sapevano vedere in prospettiva. Avere dei sospetti era il suo mestiere. Rappresentava le agenzie di spionaggio federali. Rappresentava i sospetti meno espliciti, ma non per questo meno radicati, dei loro dipendenti. Per vent’anni il mondo si era cullato nella sconsiderata familiarita con quegli oggetti, mentre Oberg sviluppava la sua professionale paranoia.

Ma si era convinto della natura assolutamente deleteria delle pietre solo con il recente arrivo di oneiroliti di profondita dal Brasile. Aveva visto la loro influenza su criminali incalliti come Tavitch… e l’aveva avvertita anche su di se.

Il contatto era stato breve e inevitabile. Oberg viveva nella base di ricerca e parecchie volte al giorno faceva la spola tra la sua camera, piu simile a una cella, e le toilettes comuni. Le toilettes erano separate dall’ala degli internati solo da una porta chiusa a chiave. Un giorno d’inverno stava appunto compiendo quel pellegrinaggio, maledicendo il vento gelido venuto dal Canada che filtrava attraverso le inadeguate strutture isolanti dell’edificio prefabbricato, quando la porta di sicurezza si era aperta e il prigioniero Tavitch era entrato nel corridoio.

Tavitch era palesemente fuori di se. Roteava gli occhi e aveva la bava alla bocca. Sosto vicino alla porta, fissando Oberg. Un paio di inservienti lo raggiunsero, ansimando, e gli si misero ai lati. Sembrava che nessuno dei due avesse il coraggio di prenderlo per un braccio. — Toccava a te chiudere quella dannata porta! — disse uno. L’altro tacque, con gli occhi fissi su Tavitch.

Tavitch l’assassino. Tavitch che sosteneva di vedere il passato. Oberg rabbrividi. Era in trappola.

Il prigioniero lo fisso. I loro occhi si incontrarono e Oberg rimase di sasso quando l’altro mostro di riconoscerlo. — Cristo — disse piano.

Tavitch aveva i pugni contratti.

— Prendilo — disse a uno dei due uomini, ma Tavitch si slancio in avanti, direttamente verso di lui. L’istinto gli suggeri di ritirarsi, ma per non perdere di dignita di fronte agli inservienti, decise di gettarsi contro Tavitch. Caddero sul pavimento avvinghiati.

Il contatto fu breve. Un secondo, forse. Ma fu sufficiente.

Inorridito, Oberg senti la natura aliena della pietra pulsare dentro di lui.

Apri gli occhi e scorse un villaggio dell’entroterra. Un villaggio Indio, probabilmente. Uomini con i capelli tagliati a scodella e le magliette stracciate, donne con i seni penduli scoperti. Un villaggio lungo il corso del fiume, penso stordito, forse rifugio di sertao rivoluzionari oppure deposito di armi per il Blocco Orientale. O forse niente di tutto questo. Ma c’era in atto un assalto, e lui aveva un fucile in mano. Si trovava al centro dell’azione di rappresaglia, sparava addosso agli indigeni e vedeva i loro occhi simili a quelli dei cervi abbagliati dalla luce dei fari. Continuava a sparare, provando una grande euforia: era come un crescendo parossistico, l’acuto erotismo di un’esecuzione di massa. Creati da Dio. Ma all’improvviso smise di essere piacevole. Per chissa quale orribile miracolo, si trovo a condividere il terrore e il dolore degli indios che stava uccidendo, come se i proiettili devastanti colpissero anche la sua carne e il villaggio che bruciava fosse il suo. Il dolore e l’umiliazione ribollirono dentro di lui in modo inarrestabile, e questo era molto peggio di una ferita. Era un pozzo profondo dal quale poteva emergere chissa quale atrocita, da un momento all’altro.

Cerco di riprendere fiato quando finalmente gli inservienti spinsero via Tavitch. Il corridoio ritorno a fuoco. Un incubo, penso quasi con disperazione. Ma Tavitch lo fissava con un ghigno astuto e terribile.

— Tu e io — disse. — Tu e io.

Oberg vomito sul pavimento.

Fu molto metodico nel divorziare dall’Organizzazione. Ritiro una grossa somma di denaro da un conto di Belem prima che gli revocassero il credito. Inoltre, aveva il denaro di altri conti segreti personali.

Non portava rancore a Wyskopf o alla gente che Wyskopf rappresentava. La loro ingenuita era inevitabile, probabilmente collegata con il famoso 'bernoccolo della simpatia'. Tutti scambiavano le sue preoccupazioni riguardo agli oneiroliti per un’ossessione, ma non era cosi. La questione era molto piu sottile. Oberg era un Aggressivo Latente, un Creato da Dio, un essere al di fuori della normalita. Come la pietra, rappresentava una deviazione della natura. La sua capacita di comprensione era dunque piu acuta, piu completa.

Ora conosceva qualche particolare in piu su di loro. Teresa Rafael, Byron Ostler, Raymond Keller. Sapeva che aspetto avevano. Sapeva dove erano stati e, ancora piu importante, dove erano diretti.

Prese un volo mattutino. Era piacevole lasciarsi alle spalle il Rio delle Amazzoni seminascosto dalle nubi, alzarsi senza sforzo nel cielo inondato di luce descrivendo una curva a est e poi a nord, dimenticarsi del passato e dell’Organizzazione. Era un cane sciolto, perche no?, con una missione purificatrice da compiere, determinato, e pronto a colpire.

16

Non sarebbe stato prudente riportarla nello studio vicino al margine della darsena, cosi Byron scelse una minuscola balsa nel cuore della Citta Galleggiante e investi nell’affitto i pochi soldi brasiliani rimasti.

La sistemazione gli piaceva. Le lontane alture di San Gabriel gli ricordavano che il continente esisteva, mentre il vento odoroso di salsedine e la foschia mattutina gli parlavano del mare poco lontano. Se non fosse stato per quello, la balsa avrebbe anche potuto trovarsi in un posto indefinito, tra acqua e legno, case di carta aggrappate alle fondamenta dei ponti, tra passaggi per i pedoni, lanterne cinesi e mulini a vento con le pale protese verso il cielo. Il canale del mercato si stendeva verso est, e garantiva uova e verdura fresca. La popolazione era mista, con una prevalenza di latini e indiani dell’est. Sulle banchine oltre l’argine di marea si poteva trovare del lavoro decente. Non c’era troppa violenza. Un buon posto, pensava Byron.

Gli piaceva piu di quanto avrebbe dovuto. Sopiva i suoi sensi e questo era pericoloso. Doveva pensare al futuro, adesso… per il bene di Teresa, e anche per il suo.

Lei non era al sicuro li. La cosa terribile era che, con ogni probabilita, non sarebbe stata al sicuro nemmeno altrove.

Continuo a camminare lungo le passerelle mobili che costeggiavano il canale, tra le vecchie baracche su palafitta simili a grossi trampolieri. Mentre camminava, pensava a lei.

Teresa non gli aveva confidato nulla, e questo lo feriva. Dal giorno della trance a Belem, era stata estremamente riservata, si scostava quando lui la sfiorava e sembrava aver perso la voglia di vivere. I suoi occhi si posavano spesso su Keller, ma lui era altrettanto distante. Sembrava quasi che una strana elettricita li avesse caricati di forze che si respingevano reciprocamente. Doveva essere successo qualcosa tra loro, quel giorno, nella stanza sul Ver-o-Peso. Forse avevano condiviso un’esperienza troppo terribile da sopportare.

Il dolore era evidente in entrambi.

Tuttavia Teresa continuava ad aggrapparsi alla pietra. L’aveva trasportata nel bagaglio a mano durante il viaggio di ritorno, e ora la teneva nascosta in un armadietto dell’Esercito della Salvezza, nella parte posteriore della balsa. Come se fosse stata il simbolo di qualcosa. Del suo passato, o del suo futuro.

Lui era arrivato a odiare quella pietra.

La odiava per la tristezza che aveva generato in lei, e la odiava anche come simbolo del proprio passato. In alcuni momenti della sua vita, gli era sembrato quasi di galleggiare in un sogno. Appena uscito dal collegio universitario del Midwest si era offerto volontario come Angelo. Il Corpo Psichiatrico lo aveva ritenuto 'idoneo al lavoro'. Forse era vero, un tempo. Eppure proprio per questo, alla fine del servizio si era fatto estrarre la presa di accesso. In qualche modo sentiva che era troppo facile, che avrebbe continuato a sprecare la vita in una nebbia di wu- nien, come Keller, o magari sarebbe finito con qualche droga elettronica perennemente infilata nella presa. Era arrivato nella Citta Galleggiante insieme a un paio di commilitoni che, con l’aiuto di un ex-CO che si chiamava Trujillo, volevano impiantare un laboratorio chimico. All’ultimo minuto Byron si era tirato indietro. Non accettava l’idea di passare la vita a produrre encefaline sintetiche o adenosine velenose per un popolo di degenerati ormai assuefatti alle droghe. Tuttavia, era attratto dalle pietre esotiche. Gli sembravano molto piu salutari ed erano gia diffuse tra gli artisti che cominciarono a far sentire la loro presenza nella Citta. Prese contatto con Cruz Wexler, il quale lo aiuto a entrare nel giro. Era un lavoro semplice e lucroso, ma fini per tormentargli la coscienza. Comincio a rispettare la natura aliena degli oneiroliti. Imparo a conoscere il loro potere curativo e sospetto che ne possedessero altri, piu profondi. Comincio a chiedersi se fosse saggio venderle come surrogati di felicita ai continentali danarosi che venivano ad affollare i club notturni della Citta Galleggiante ogni sabato sera. Comperate una pietra dall’Angelo della lunga guerra: sembrava lo slogan piu alla moda. Un giorno udi per caso una conversazione in cui si faceva il suo nome. «Forse ha perso le palle in guerra» diceva uno dei clienti. E la cosa

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