terribile, penso lui, era che probabilmente aveva ragione. La sua vita nella Citta Galleggiante non era altro che una variazione sul tema del wu-nien, una specie di castrazione. In qualche modo, era stato reso davvero impotente.

Teresa era il suo passaporto per tornare nel mondo.

Non le aveva affidato quel ruolo di proposito, ma non si trattava nemmeno di un caso. Esisteva una via di mezzo. Lei si era presentata alla sua porta perche aveva bisogno di lui; lui si era innamorato perche aveva bisogno di innamorarsi.

Non aveva avuto alcun dubbio. Una speciale telegrafia nella forma del suo viso o nel colore degli occhi gli aveva comunicato la necessita che Teresa aveva di lui. Era pallida ed emaciata, e Byron era un Angelo in disuso, la parodia di un reduce di guerra. Avrebbe potuto essere lo spunto di una commedia comica. Ma lui le voleva gia bene.

Teresa stava morendo.

Per fortuna, la pietra le aveva salvato la vita. Solo molto piu tardi a Byron venne il dubbio che fosse servita solo a rimandare l’inevitabile. Teresa voleva davvero morire. Non era difficile capirlo. Si stava punendo per qualche peccato che non riusciva nemmeno a ricordare consciamente, un’enormita rimasta sepolta nel trauma dell’incendio. Eppure dentro di lei c’erano altre forze e Byron fu certo di averne risvegliata almeno una: una scintilla di ribellione, un ostinato bisogno di vivere. Era come se ci fossero due Terese intessute insieme, ciascuna pronta a tradire e schiacciare l’altra. La morte ingannata dalla vita e viceversa.

In tutto cio, l’oneirolita rimaneva un mistero, un legame segreto tra le parti della sua anima in conflitto, una presenza necessaria ma pericolosa. Byron aveva nutrito timore nei confronti delle pietre di profondita, intuendo che potevano sconvolgere il delicato equilibrio che era riuscita a crearsi. Sembrava che avesse avuto ragione. La miracolosa scintilla di vita, in lei, sembrava ormai completamente estinta.

Dunque non c’era nient’altro da fare che trovarle un posto per nascondersi, una baracca nella Citta Galleggiante dove almeno fosse al sicuro dall’Organizzazione. Poteva ancora tirarsene fuori. Byron continuava a ripeterselo.

Ma quello che lo irritava, e si trattava di un’ira intensa e profonda che dubitava di poter controllare ancora a lungo, era la freddezza che Keller mostrava verso di lei.

Keller, di cui Teresa era innamorata. Keller, che avrebbe potuto salvarla.

Keller voleva ritornare in terraferma.

Byron l’incontro davanti a una bancarella del mercato. Camminarono insieme lungo l’argine, in un silenzio imbarazzato.

— Il mio compito e finito — disse infine Ray. — Ormai e evidente.

— Lei ha bisogno di te — ribatte Byron, con semplicita.

Segui lo sguardo di Keller perdersi oltre le passerelle, oltre gli argini di cemento. Fuori, una nave cisterna tailandese sembrava immobile sull’orizzonte nitido. I gabbiani stridevano sopra la loro testa. — Non c’e niente che io possa fare per lei.

— Le devi almeno un tentativo.

Lui scrollo la testa. — Non le devo nulla.

Nel fondo dei suoi occhi si leggeva una consapevolezza misteriosa. Byron si senti irritato, escluso, impotente. Riconobbe la fredda indifferenza dell’amico per quello che era: il Palazzo del Ghiaccio, l’istinto dell’Angelo, una gelida e caparbia lacuna dell’anima. — Ho un lavoro da compiere — disse Keller.

— Al diavolo il tuo lavoro. — Mossero ancora qualche passo, avvolti da un’aura di rancore, senza parlare. — Anche per te e pericoloso tornare laggiu — commento Byron. — L’Organizzazione potrebbe trovarti.

— Eseguiro la decodifica, mettero tutto in un elaboratore d’immagine e distruggero la traccia di memoria originale. Anche se mi trovano non avranno prove. Niente che sia possibile usare contro Teresa.

— Dunque ti importa qualcosa di lei?

La domanda sembro pungere Keller sul vivo. Non rispose.

— Se te ne importasse davvero rimarresti — osservo Byron.

— Non posso.

— E allora? Assumerai un nuovo nome? Troverai un altro lavoro da qualche parte?

Lui si strinse nelle spalle.

Diglielo tu — concluse Byron, in tono stanco. — Lasciami fuori da questa faccenda, per favore. Dille di persona che te ne vai.

— D’accordo — promise Keller.

Lei era nel retro della baracca a vedere qualcosa alla TV.

Keller osservo lo schermo al di sopra della sua spalla. Era uno sceneggiato d’amore scandinavo, trasmesso via satellite. Ma lei in realta non lo stava guardando. Aveva l’espressione assente. Sollevo gli occhi su di lui e per un attimo furono soli nel silenzio della piccola stanza, mentre il pavimento dondolava dolcemente. — Te ne vai — disse Teresa.

Lui trasali. Ma era logico che avesse indovinato. Dai piccoli silenzi, dalle mani contratte, dagli sguardi distolti. Si impose l’indifferenza. — Ho del lavoro da svolgere — replico.

Lei sorrise debolmente. — Devi decodificare la memoria?

Keller annui.

— E poi ne farai un video, giusto? — continuo lei. — Potrai finalmente disfartene. — Si alzo, passandosi una mano tra i capelli. — Tornerai?

La domanda fece a pezzi la sua determinazione. Non sapeva che cosa rispondere. Una parte di lui desiderava di non tornare, di non rivederla mai piu. Ma non era interamente al sicuro dall’adhyasa, dai suoi impulsi potenti e traditori. — Non lo so — rispose.

Lei annui, come per ringraziarlo di essere stato onesto. Gli tese la mano, e lui la prese. Ma quando Ray accenno a voltarsi, lei lo trattenne. Aveva uno sguardo intenso e le sue dita stringevano con forza. — Non me ne importa — dichiaro con fervore. — Qualsiasi cosa sia successa non ha importanza, per me. Quello che e capitato con Meg… Non me ne importa.

Lui si scosto. Per un attimo provo il desiderio di crederle, di accettare cio che lei gli stava offrendo. Ma non era in suo potere perdonarlo.

Teresa sapeva. E questo era insopportabile.

— Non ha importanza — ripete lei seguendolo alla porta. — Ricordalo, Ray. Per favore. Ricordalo sempre.

Prese una barca-taxi dal canale del mercato fino ai grossi recinti industriali che segnavano la terraferma. Quando ritrovo la sua auto, parcheggiata in un posteggio a pagamento piu di un mese prima, era gia scesa la sera. Le strade che portavano alla citta erano affollate, le autoradio diffondevano vertiginose cascate di musica forte, ritmata e triste. La citta stessa era un fiume di luci e di cemento che si stendeva dal confine messicano all’arida periferia, dall’oceano al deserto. Dopo il Brasile, quell’atmosfera avrebbe dovuto scoraggiarlo. E invece no. Lo inebriava.

Nei canyons della notte era uno in mezzo a tanti, finalmente anonimo. Li poteva perdere i suoi rimorsi, i suoi ricordi, la sua storia, se stesso.

17

Un tassista tailandese condusse Oberg in barca fino allo studio vuoto, vicino al margine della darsena.

Era una balsa molto particolare. Oberg la guardo dal pontile su cui era sbarcato. — Vive qui? — chiese.

— Ci viveva — rispose il tassista in tono laconico. — Forse ci vive ancora, ma non si e vista, ultimamente. — Rimase in attesa, fissandolo con intenzione. Oberg gli mise in mano alcune banconote sbiadite. Lui annui e rimise in moto la barca, allontanandosi.

Rimasto solo, Oberg si arrampico su una scala e raggiunse la passerella d’ingresso. Poi forzo la porta.

C’era molta polvere, all’interno.

Aveva previsto che non sarebbero tornati li. Erano abbastanza saggi da evitarlo. Rintracciare Teresa Rafael era stato semplice, era molto nota fra i commercianti d’arte nelle gallerie sulla costa. Sotto molti aspetti, era stata una donna dalle abitudini prevedibili.

Eppure, anche se non era tornata li, Oberg restava convinto di due cose: che si fosse stabilita da qualche parte della Citta Galleggiante e che lui, prima o poi, l’avrebbe trovata. Era inevitabile.

Cio che cercava in quello studio, l’appartato rifugio di bambu che lei aveva un tempo abitato, era al tempo stesso mistico e pratico: una prova della sua presenza, un pegno della sua vita.

L’aria quieta parve vibrare attorno a lui. Senza fretta, Oberg si mosse su per le scale.

Aveva preso informazioni sulla Citta Galleggiante.

Non era una comunita. Da qui, il nome collettivo di Citta. Anni prima, grazie a sovvenzioni statali e federali della durata di un decennio, al largo della costa della California erano state costruite delle enormi dighe. Era un’opera di ingegneria ambiziosa almeno quanto la grande Muraglia cinese, e tentava di conciliare il bisogno pressante di fonti d’energia che andava a scontrarsi con obiezioni di natura pratica ed ecologica.

Dopo anni di spese esorbitanti e l’estinzione di una mezza dozzina di specie marine minori, il progetto diede i suoi frutti. Da allora continuava a fornire la maggior parte dell’energia elettrica assorbita dai giganteschi insediamenti urbani in rapida espansione. La maggior parte, ma non tutta. I generatori fotici di Baja e di Sonora si facevano carico dei resto. Ed erano state le pietre esotiche a rendere possibile la loro messa in opera, sulla base di tecnologie rivoluzionarie.

Ma dal punto di vista di Oberg era molto piu importante il campionario umano cresciuto all’ombra delle dighe. Le acque costiere, rinchiuse e imbrigliate, erano diventate all’inizio una specie di selvaggia zona industriale. Nacquero progetti di riempimento al largo di Long Beach, e di bacini di navigazione in acque profonde confinanti con la Diga del Porto. La gente meno abbiente si trasferi nelle vicinanze per soddisfare la richiesta di personale semispecializzato. Era inevitabile che molti lavoratori fossero al limite della legalita, in possesso di documentazione dubbia. Le prime baracche sorsero al riparo delle industrie, ma la popolazione crebbe anche quando le nuove fabbriche dovettero arrendersi di fronte alle tecnologie competitive degli Esotici. Gli abusivi occuparono i gusci vuoti dei vecchi magazzini.

Una rivolta di disoccupati, negli anni Trenta, stabili una zona di autonomia, un confine oltre il quale la polizia civile e portuale rifiutava di avventurarsi. La contea di Los Angeles arretro ufficialmente la propria giurisdizione dopo una serie di accordi negoziati con i leader degli scioperanti. Cosi si creo un precedente, tanto che ancor prima dell’incendio che devasto i ghetti galleggianti alla fine dello stesso decennio, l’unico ente governativo che godesse di un potere reale nella Citta Galleggiante era il ministero dei Lavori Pubblici.

E cosi la Citta era diventata il rifugio di tutti quelli che avevano dei problemi in terraferma; artisti, criminali, drogati, contrabbandieri, immigrati illegali e disoccupati cronici. All’interno della vastissima rete di canali, balse e ponti mobili c’era almeno una dozzina di comunita autonome. C’erano i veri e propri bassifondi come in terraferma, luoghi dove era decisamente pericoloso vivere. E c’erano poi delle comunita tranquille e pacifiche, in particolare, al nord, dove lo spazio era piu abbondante. Li c’era denaro, lavoro, e anche un certo scambio commerciale con il mondo esterno. La gente andava e veniva. Era un posto dove si poteva vivere, penso Oberg. E soprattutto, dove ci si poteva nascondere.

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