Il terzo si accosto a Bliss, che agi prima di lasciarsi toccare. Lei almeno sapeva cosa aspettarsi, perche si tolse il giaccone e per alcuni attimi rimase esposta al sibilo del vento coperta solo da indumenti leggeri.

In tono gelido quanto la temperatura, disse: — Vedete benissimo che non sono armata.

Era piu che evidente. Il Comporelliano scosse il giaccone, come se dal peso fosse in grado di giudicare se contenesse un’arma (forse era in grado di stabilirlo), quindi indietreggio.

Bliss torno ad infilarsi il giaccone, avvolgendoselo bene addosso, e Trevize non pote fare a meno di ammirare il suo gesto. Sapeva quanto soffrisse il freddo Bliss, eppure la ragazza non si era lasciata sfuggire un solo tremito mentre era rimasta in camicetta e calzoni. (Poi Trevize si domando se, in quella particolare emergenza, non avesse per caso assorbito calore dal resto di Gaia.)

Un Comporelliano li chiamo con un gesto, ed i tre forestieri esterni lo seguirono. Gli altri due Comporelliani si accodarono. Il paio di pedoni che erano per strada non si presero la briga di osservare cosa stava accadendo. O erano abituati a episodi del genere, o, piu probabilmente, pensavano piu che altro a raggiungere un ambiente chiuso quanto prima.

Trevize ebbe modo di constatare che quella lungo la quale i Comporelliani erano saliti poco prima fosse una rampa mobile. Ora stavano scendendo, tutti e sei, ed attraversarono un sistema di chiusura complicato quasi quanto quello di un’astronave… senza dubbio, per trattenere il calore all’interno, non l’aria.

E d’un tratto si trovarono dentro un edificio enorme.

5. Lotta per la nave

9

Li per li, Trevize ebbe l’impressione di trovarsi sul set di un iperdramma… per la precisione, sul set di un romanzo storico d’ambientazione imperiale. C’era un set particolare, con poche variazioni (forse ne esisteva uno solo ed era usato da tutti i produttori ipervisivi, per quel che ne sapesse Trevize), che rappresentava la mastodontica citta-pianeta di Trantor nel periodo di maggior splendore.

C’erano larghi spazi, lo scalpiccio indaffarato dei pedoni, i piccoli veicoli che sfrecciavano lungo le corsie riservate.

Trevize alzo lo sguardo, aspettandosi quasi di vedere degli aerotaxi che si spingevano in oscuri recessi a volta, ma almeno questo mancava. Infatti, superata la sorpresa iniziale, si rese conto che l’edificio era molto piu piccolo di quanto ci si sarebbe aspettati su Trantor. Era solo un edificio, non una parte di un complesso che si estendesse ininterrottamente per migliaia di chilometri in ogni direzione.

Anche i colori erano diversi. Negli iperdrammi, Trantor era sempre raffigurato come un mondo dalle tinte eccessivamente sgargianti, e gli abiti se presi alla lettera apparivano privi di qualsiasi praticita reale. Comunque, tutti quei colori e quei fronzoli avevano un preciso significato simbolico, in quanto indicavano la decadenza (una prospettiva obbligatoria, in quei giorni) dell’Impero, e soprattutto di Trantor.

In tal caso, Comporellen era esattamente l’opposto della decadenza, perche il modello cromatico che Pelorat aveva fatto notare allo spazioporto trovava li una netta conferma.

Le pareti erano di varie tonalita di grigio, i soffitti bianchi, il vestiario della popolazione nero, grigio, e bianco. Di tanto in tanto, si vedeva un abito completamente nero; ancor piu raramente, un completo grigio; di completi bianchi, nessuna traccia, per quel che poteva constatare Trevize. I modelli ed i disegni pero erano sempre diversi, come se la gente, pur priva dei colori, riuscisse ugualmente ad affermare in altri modi la propria individualita.

Le facce tendevano a essere inespressive, e se non erano inespressive tendevano a un’espressione arcigna. Le donne portavano i capelli corti; gli uomini li portavano piu lunghi ma raccolti sulla nuca in codini. Nessuno guardava gli altri, passando. Sembrava che tutti avessero uno scopo ben preciso, e che nella loro mente non ci fosse spazio per nient’altro. Uomini e donne vestivano in maniera identica, e li si distingueva solo dalla lunghezza dei capelli, dal rigonfiamento del seno e dall’ampiezza dei fianchi.

I tre furono guidati in un ascensore che scese cinque livelli piu in basso. Una volta usciti, vennero condotti davanti a una porta grigia su cui, in piccole lettere bianche, compariva la scritta: “Mitza Lizalor — MinTras”.

Il Comporelliano in testa al gruppetto tocco la scritta, che, un istante dopo, luccico in risposta: la porta si apri, ed entrarono.

Era una stanza ampia e piuttosto spoglia, e forse la scarsezza di arredi rappresentava uno spreco voluto di spazio destinato a ostentare il potere di chi la occupava.

Due guardie se ne stavano ritte contro la parete opposta, i volti inespressivi, gli occhi fissi sui nuovi arrivati. Un’ampia scrivania riempiva il centro della stanza, sistemata forse leggermente arretrata rispetto al centro esatto. La figura dietro la scrivania era senza dubbio Mitza Lizalor… corporatura imponente, tratti regolari, occhi scuri, mani forti e capaci con dita lunghe dalla punta tozza posate sulla scrivania.

Il MinTras (Ministro dei Trasporti, dedusse Trevize) aveva i risvolti del vestito di un bianco abbagliante che spiccavano sul grigio scuro dell’indumento. La doppia striscia bianca proseguiva in diagonale sotto i risvolti incrociandosi al centro del petto. Anche se il taglio dell’indumento minimizzava le protuberanze del seno femminile, noto Trevize, quella X candida richiamava l’attenzione proprio su quel punto.

Il Ministro era senza dubbio una donna. Anche ignorando il seno, lo si capiva dai capelli corti; e anche se sulla faccia non c’era ombra di trucco, i lineamenti erano decisamente femminili.

Pure la sua voce era indiscutibilmente femminile, una voce sonora da contralto.

Il Ministro esordi: — Buon pomeriggio. Ci capita di rado di avere l’onore di ricevere una visita da uomini di Terminus… E da una donna non meglio identificata. — I suoi occhi osservarono i tre, poi si posarono su Trevize, che se ne stava rigido ed accigliato. — E uno degli uomini e inoltre membro del Consiglio.

— Un Consigliere della Fondazione — disse Trevize, cercando di far squillare la propria voce. — Consigliere Golan Trevize, in missione per conto della Fondazione.

— In missione? — Il Ministro inarco le sopracciglia.

— In missione — ripete Trevize. — Perche dunque veniamo trattati come criminali? Perche siamo stati presi in custodia da guardie armate e portati qui come prigionieri? Il Consiglio della Fondazione, spero ve ne rendiate conto, non accogliera la notizia con piacere.

— E in ogni caso — intervenne Bliss, e la sua voce sembrava leggermente stridula rispetto quella dell’altra donna, piu anziana di lei — dobbiamo restare in piedi in eterno?

Il Ministro le lancio un’occhiata fredda, poi alzo un braccio e disse: — Tre sedie! Presto!

Una porta si apri, e tre uomini che indossavano i soliti capi spenti della moda comporelliana si affrettarono a portare tre sedie. I tre forestieri davanti alla scrivania si sedettero.

— Ecco — disse il Ministro con un sorriso privo di qualsiasi calore. — Siamo comodi?

A Trevize pareva proprio di no. Le sedie non erano imbottite, erano fredde al tatto, piatte, non venivano ad alcun compromesso con la forma del corpo. — Perche siamo qui? — chiese.

Il Ministro consulto degli incartamenti sulla scrivania. — Ve lo spieghero non appena saro sicura dei dati in mio possesso. La vostra nave e la “Far Star” proveniente da Terminus. E esatto Consigliere?

— Si.

Il Ministro alzo lo sguardo. — Ho usato il vostro titolo, Consigliere. Volete essere tanto cortese da usare il mio?

— E sufficiente “Signor Ministro”? O c’e qualche titolo onorifico?

— Nessun titolo onorifico, signore, e non e necessario che usiate due parole. “Ministro” e piu che sufficiente o “signora” se non vi piacciono le ripetizioni.

— In tal caso a mia risposta e: si, Ministro.

— Il capitano della nave e Golan Trevize, cittadino della Fondazione e membro del Consiglio di Terminus… Consigliere giovane di nomina recente, per la precisione. E voi siete Trevize. E tutto esatto, Consigliere?

— Si, Ministro. E dal momento che sono un cittadino della Fondazione…

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