volta riattivato, ci notera subito, notera degli esseri umani estranei, e puo darsi che ci attacchi all’istante. In tal caso sarei costretta a disattivarlo, non otterremo alcuna informazione, e per il bambino sarebbe un altro trauma assistere al blocco dell’unico genitore che conosce… No, non lo faro.
— Ma ci e stato detto che i robot non possano fare del male agli esseri umani — replico mite Pelorat.
— E vero — ammise Bliss. — Pero non sappiano che tipo di robot abbiano progettato i Solariani. Ma anche se questo robot avesse una programmazione innocua, si ritroverebbe a dover scegliere tra il bambino affidatogli e tre oggetti estranei alla tenuta… Forse non riconoscerebbe in noi degli esseri umani, ma solo degli intrusi illegittimi. Mi pare ovvio, sceglierebbe il bambino, e noi tre diventeremmo bersagli, no?
Torno a rivolgersi al bambino. — Fallom — disse. — Bliss. — Poi indico: — Pel… Trev.
— Pel. Trev — ripete docile il bambino.
Bliss continuo ad avvicinarsi, tendendo piano le mani. Il bambino la osservo, quindi arretro di un passo.
— Calmati, Fallom — disse lei. — Buono, Fallom… Toccare, Fallom. Bravo, Fallom.
Fece un passo verso di lei, e Bliss sospiro. — Bene, Fallom.
Gli tocco un braccio, nudo, perche Fallom come il genitore portava solo una lunga veste aperta sul davanti, con un perizoma. Un tocco delicato. Bliss ritrasse le dita, attese, poi tocco ancora, accarezzando adagio.
Il bambino socchiuse gli occhi sotto il forte effetto calmante della mente della ragazza.
Le mani di Bliss salirono lentamente, sfiorandogli le spalle, il collo, le orecchie, insinuandosi poi sotto i lunghi capelli castani in un punto della nuca.
Bliss stacco le mani e annuncio: — I lobi di trasduzione sono ancora piccoli: la scatola cranica non si e ancora sviluppata. C’e solo uno strato abbastanza spesso di pelle nei due punti, che alla fine si dilatera all’esterno e verra protetto da una formazione ossea quando i lobi saranno cresciuti del tutto… Il che significa che per il momento il bambino non puo controllare la tenuta ne attivare il suo robot personalmente… Pel, chiedigli quanti anni abbia.
Dopo una breve conversazione, Pelorat disse: — Ha quattordici anni, se non ho capito male.
— Per me ne dimostra undici, se mai — commento Trevize.
Bliss intervenne: — Puo darsi che la durata dell’anno usato su questo mondo non corrisponda all’Anno Galattico Standard. E poi, gli Spaziali sono noti per la loro longevita, e se i Solariani non fanno eccezione, puo darsi che oltre alla longevita abbiano anche una fase di sviluppo piu lunga della media. Quindi, non possiamo basarci solo sugli anni.
Trevize fece schioccare la lingua, spazientito. — Basta coi discorsi antropologici. Dobbiamo raggiungere la superficie, e dal momento che ci troviamo di fronte ad un bambino puo darsi che stiamo solo sprecando tempo… E se non sapesse il modo per raggiungere la superficie? E se non fosse mai stato all’esterno?
— Pel! — disse Bliss.
Pelorat capi subito cosa volesse, al che segui una conversazione particolarmente lunga con Fallom.
Infine, Pelorat riferi: — Il bambino sa cosa sia il sole, dice di averlo visto. Ha visto anche gli alberi, credo… Non mi e parso molto sicuro del significato della parola… almeno, della parola usata da me.
— D’accordo, Janov — annui Trevize. — Ma veniamo al dunque, per favore.
— Ho detto a Fallom che se ci portera in superficie, noi forse riusciremo ad attivare il suo robot. A dire il vero, io ho detto che lo riattiveremo: credete che ne saremo capaci?
— A questo penseremo in seguito — rispose Trevize. — Allora, ha detto che ci guidera?
— Si. Ecco, ho pensato che il bambino lo avrebbe fatto volentieri promettendogli di riattivare il robot… C’e il rischio di deluderlo, immagino…
— Su, muoviamoci — disse Trevize. — Tutte queste discussioni saranno inutili se ci sorprenderanno qui, sottoterra.
Pelorat disse qualcosa al bambino, che comincio a camminare, poi si fermo voltandosi verso Bliss.
Bliss gli tese la mano, e i due si avviarono affiancati.
— Sono il suo nuovo robot — sorrise la ragazza.
— Mi sembra abbastanza soddisfatto — commento Trevize.
Fallom procedeva spedito, e per un attimo Trevize si chiese se fosse felice solo grazie all’intervento di Bliss, o se fosse anche eccitato al pensiero di uscire in superficie, di avere tre nuovi robot, o se la contentezza derivasse dalla prospettiva della riattivazione di Jemby… Non che avesse importanza: l’importante era che Fallom li guidasse.
Il bambino si muoveva senza esitazioni. Girava deciso quando arrivavano ad una biforcazione. Sapeva davvero dove andasse, o si trattava solo di indifferenza infantile? Stava semplicemente facendo un gioco senza uno scopo preciso?
Ma dalla lieve sensazione di fatica, Trevize si rese conto che adesso stessero procedendo in salita, e Fallom saltellando in testa al gruppetto impettito prese a indicare dinanzi a se ed a farfugliare qualcosa.
Trevize guardo Pelorat, che schiarendosi la voce disse: — Penso che stia dicendo “porta”.
— Speriamo che tu abbia capito bene.
Il bambino si stacco correndo da Bliss. Indico un tratto di pavimento che sembrava piu scuro dell’area circostante, vi balzo sopra, saltando piu volte, poi si giro con un’espressione costernata e fece udire di nuovo la sua vocetta stridula.
Con una smorfia, Bliss disse: — Dovro fornirla io l’energia… Questo compito mi sta logorando.
La sua faccia arrossi leggermente, mentre le luci si affievolivano, ma una porta si apri di fronte a Fallom, che scoppio a ridere deliziato.
Il bambino si precipito all’esterno, seguito dai due uomini. Bliss usci per ultima, e si volto mentre le luci si spegnevano e l’apertura si richiudeva. Poi si fermo per riprendere fiato, l’aria affaticata.
— Bene — annui Pelorat. — Siamo fuori. E la nave, dov’e?
Il chiarore crepuscolare si riversava su di loro.
Trevize borbotto: — Dovrebbe essere in quella direzione, mi sembra.
— Sembra anche a me — convenne Bliss. — Muoviamoci — li esorto, prendendo Fallom per mano.
Non si udiva alcun rumore, a parte il frusciare prodotto dal vento, ed i richiami degli animali. A un certo punto passarono accanto a un robot immobile ai piedi di un albero, che stringeva un oggetto dalla funzione non bene identificabile.
Pelorat, incuriosito, mosse un passo verso il robot, ma Trevize lo trattenne. — Non sono affari nostri, Janov. Sbrighiamoci.
Superarono un altro robot, piu lontano del primo, che era caduto a terra.
Trevize disse: — Ci sono robot disseminati in ogni direzione per chissa quanti chilometri, immagino… — Poi, il tono esultante: — Ah, ecco la nave!
Affrettarono il passo, poi pero si arrestarono di colpo. Fallom alzo la voce in un gridolino eccitato.
Vicino alla nave era posato uno strano velivolo di linea primitiva, munito di un motore che doveva sprecare parecchia energia ed aveva un aspetto per nulla robusto. Accanto al velivolo, tra il gruppetto di Esterni e la loro nave, c’erano quattro figure umane.
— Troppo tardi — disse Trevize. — Abbiamo perso troppo tempo. E adesso?
Con espressione interrogativa, Pelorat fece: — Quattro Solariani? Impossibile… Non si avvicinerebbero mai l’un altro cosi… Che siano immagini olografiche?
— Sono immagini del tutto corporee, ne sono certa — rispose Bliss. — Ma non sono Solariani. Le loro menti parlano chiaro: quelli sono robot.
15
— Be’, avanti, allora! — disse stancamente Trevize. Riprese ad avanzare verso la nave ad andatura tranquilla, e gli altri lo seguirono.
— Cosa intendi fare? — gli chiese Pelorat, un po’ allarmato.
— Se sono robot, devono obbedire agli ordini.
I robot li stavano aspettando, e Trevize li studio man mano che la distanza diminuiva.