Si, dovevano essere robot: le loro facce, che sembravano fatte effettivamente di carne rivestita di pelle, erano stranamente inespressive. Portavano delle divise che non lasciavano scoperto un solo centimetro di pelle, se si escludeva la faccia. Persino le mani erano nascoste da sottili guanti opachi.
Trevize fece un gesto brusco ed eloquente, invitandoli a farsi da parte.
I robot non si mossero.
Sottovoce, Trevize disse a Pelorat: — Traducilo in parole, Janov. E sii deciso.
Pelorat si schiari la voce, ed in un insolito tono baritonale scandi lentamente le parole, sottolineandole con un gesto identico a quello fatto da Trevize. Al che, uno dei robot, che forse era leggermente piu alto degli altri, replico qualcosa con voce fredda e incisiva.
Pelorat si rivolse all’amico. — Se non sbaglio, ha detto che siamo solo degli Esterni.
— Digli che siamo essere umani e che dobbiamo essere obbediti.
Allora il robot parlo, in un galattico un po’ particolare ma comprensibile. — Ti capisco, Esterno. Parlo galattico: siamo Robot Guardiani.
— Allora avrai sentito quel che ho detto… Siamo esseri umani e voi dovete obbedirci.
— Siamo programmati per obbedire soltanto ai Signori, Esterno. Voi non siete Signori, non siete Solariani. Il Signore Bander non ha risposto alla normale procedura di Contatto, e noi siamo venuti ad indagare direttamente: e nostro compito. Abbiamo trovato una nave spaziale di costruzione non solariana, numerosi Esterni presenti, e tutti i robot di Bander disattivati. Dov’e il Signore Bander?
Trevize scosse la testa, e rispose lentamente: — Non sappiamo nulla di quanto stai dicendo. Il computer della nostra nave funziona in modo difettoso. Ci siamo ritrovati nei pressi di questo pianeta sconosciuto senza volerlo. Siamo scesi per verificare la nostra posizione, ed abbiamo trovato tutti i robot disattivati. Ma non abbiamo idea di cosa possa essere successo.
— Non e una dichiarazione credibile. Se tutti i robot della tenuta sono disattivati e manca completamente l’energia, il Signore Bander deve essere morto. E illogico supporre che la sua morte sia coincisa casualmente col vostro arrivo: deve esserci un collegamento causale.
Trevize ribatte, per confondere le acque, e per affermare la propria estraneita, la propria ignoranza, e pertanto anche la propria innocenza: — Ma l’energia non manca: tu e questi altri robot siete in funzione.
Il robot replico: — Siamo Robot Guardiani, non apparteniamo ad alcun Signore. Apparteniamo a tutto il mondo, non siamo controllati dai Signori, siamo ad alimentazione nucleare. Ti chiedo di nuovo: dov’e il Signore Bander?
Trevize si guardo attorno. Pelorat sembrava in apprensione; Bliss aveva le labbra serrate, pero era calma. Fallom tremava, ma la mano di Bliss gli si poso su una spalla ed il piccolo Solariano parve irrigidirsi, la sua faccia divenne inespressiva. (Un intervento sedativo di Bliss?)
Il robot insiste. — Per l’ultima volta… Dov’e il Signore Bander?
— Non lo so — rispose accigliato Trevize.
Il robot fece un cenno con la testa, e due suoi compagni si affrettarono ad allontanarsi. Il robot disse: — I miei compagni Guardiani perquisiranno la residenza. Nel frattempo, voi sarete trattenuti ed interrogati: consegnami gli oggetti che porti al fianco.
Trevize arretro di un passo. — Sono innocui.
— Non muoverti piu. Non ti ho chiesto se siano innocui o pericolosi: ti ho solo chiesto di darmeli.
— No.
Il robot avanzo, ed il suo braccio scatto troppo velocemente perche Trevize potesse rendersi conto di quanto stesse accadendo. La mano del robot gli calo sulla spalla, strinse, spinse verso il basso: Trevize cadde in ginocchio.
Il robot chiese: — Quegli oggetti. — Tese l’altra mano.
— No — ansimo Trevize.
Bliss si lancio in avanti, estrasse il disintegratore dal fodero prima che Trevize, bloccato dal robot, potesse impedirglielo, e consegno l’arma al Guardiano. — Ecco, Guardiano — disse. — E se mi concedi un istante… ecco il secondo oggetto. Adesso, lascia andare il mio compagno.
Il robot, stringendo ambedue le armi, arretro, e Trevize si drizzo lentamente, massaggiandosi vigorosamente la spalla sinistra, contraendo il viso in una smorfia di dolore.
(Fallom piagnucolava in modo sommesso, e Pelorat istintivamente lo prese in braccio e lo strinse a se.)
Furibonda, Bliss sibilando disse a Trevize: — Perche ti opponi a lui? Puo ucciderti con un dito.
Trevize digrigno i denti soffocando un’imprecazione. — Perche non ti occupi di lui, eh?
— Ci sto provando. Mi occorre tempo. La sua mente e compatta, rigidamente programmata, e non offre appigli. Devo studiarla: cerca di guadagnare tempo.
— Non studiarla: distruggila — ribatte Trevize con un filo di voce.
Bliss lancio una rapida occhiata al robot. Stava esaminando attentamente le armi, mentre l’altro robot rimasto sorvegliava gli Esterni. Comunque, non sembravano interessati ai sussurri che Trevize e la ragazza si scambiavano.
Bliss disse: — No, niente distruzione. Sul primo mondo abbiamo ucciso un cane e ne abbiamo fatto soffrire un altro. Sai benissimo quello che e successo su questo mondo. — (Altra rapida occhiata ai Guardiani.) — Gaia non massacra inutilmente ne la vita ne l’intelligenza: mi occorre tempo per trovare una soluzione incruenta.
Indietreggio e fisso il robot.
Il robot disse: — Questi oggetti sono armi.
— No — disse Trevize.
— Si — intervenne Bliss. — Pero non sono piu funzionanti: sono prive di carica energetica.
— Davvero? Perche mai portare delle armi senza energia? Forse non e vero che sono scariche. — Il robot ne strinse una nel pugno, sistemando con precisione il pollice. — E cosi che si attiva?
— Si — rispose Bliss. — Aumentando la pressione, si attiverebbe, se non fosse priva di energia… ma e priva, invece.
— Davvero? — Il robot punto l’arma su Trevize. — Dunque, secondo voi, se adesso l’attivassi non funzionerebbe?
— No, non puo funzionare — rispose Bliss.
Trevize era pietrificato, incapace di aprir bocca. Aveva provato il disintegratore dopo che Bander lo aveva scaricato, ed in effetti l’arma era del tutto inservibile. Pero il robot stava impugnando la frusta neuronica, e Trevize non l’aveva provata.
Bastava che contenesse ancora un residuo minimo di energia… Sarebbe stato sufficiente a stimolare i centri nervosi del dolore. E Trevize avrebbe vissuto un’esperienza assai piu spiacevole e dolorosa della stretta d’acciaio del robot… anzi, quella stretta gli sarebbe sembrata quasi un abbraccio affettuoso.
All’Accademia Navale, Trevize come tutti i cadetti aveva dovuto sottoporsi ad una lieve sferzata neuronica, tanto per sapere cosa fosse. Gli era bastato, e non aveva alcuna voglia di ripetere l’esperienza.
Il robot attivo l’arma e, per un attimo, Trevize si irrigidi istintivamente… rilassandosi per fortuna un istante dopo: anche la frusta era completamente scarica.
Il robot fisso Trevize, quindi getto via entrambe le armi. — Come mai queste armi sono scariche? — domando. — Perche portarsele appresso, se non sono di alcuna efficacia?
Trevize rispose: — Sono abituato al peso, e le porto con me anche quando sono scariche.
— Questo e assurdo — ribatte il robot. — Consideratevi tutti in stato di fermo. Verrete sottoposti ad un ulteriore interrogatorio, e se i Signori lo decideranno sarete in seguito disattivati… In che modo si apre la nave? Dobbiamo perquisirla.
— Perdereste del tempo per niente — rispose Trevize. — Non capireste nulla.
— Se io non capiro, i Signori capiranno.
— Nemmeno loro capiranno.
— Allora voi darete spiegazioni, cosi capiranno.
— Non spieghero un bel niente, io.
— Allora verrai disattivato.
— Disattivandomi non otterrete alcuna spiegazione, e credo che verrei disattivato anche se spiegassi.
Bliss mormoro: — Continua cosi. Comincio a decifrare i meccanismi del suo cervello.