degli schedari del computer.

— Dove hai imparato quel trucco? — chiese THX.

— Gli attori imparano un sacco di trucchi — disse SRT. — Qualcuno ha inventato quel trucco li per una storia poliziesca in cui recitavo io. Facevo la parte della vittima dell’omicidio.

Ora che si trovavano fra gli schedari, THX non sapeva praticamente cosa fare. Gli schedari erano enormi, file apparentemente interminabili di console di computer, banchi di memoria, con tavolini ogni venti console sui quali c’erano schermi di lettura e tastiere per fare richieste al computer.

«I nastri che riguardano LUH sono qui da qualche parte» si disse.

— Ora che siamo qui — disse SRT — ti spiacerebbe dirmi cosa stiamo cercando?

— Nastri. Lo schedario personale della mia… della mia compagna di stanza. Credo sia stata mandata in prigione anche lei. Vorrei scoprirlo.

SRT s’incammino lungo uno degli stretti corridoi di passaggio fra i moduli del computer. Quelle pesanti masse elettroniche parevano estendersi per chilometri, ronzanti, con luci ammiccanti a intimi scherzi misteriosi: lunghissime file di memorie elettroniche e di elaborazione dati costantemente in funzione, senza sonni ne emozioni, in mezzo al vibrare costante dei moduli delle console che si ergevano piu alti di un uomo.

Da qualcuno dei moduli, delle voci:

— Ritrasmettere all’analisi. Ordini ineseguiti in sezione sei uno sette otto otto due uno. Abbiamo perso il contatto con entrambe.

— Gruppo unita quarantuno, riferite a centro correlazione. Gruppo unita quattro uno, ripeto, quattro uno.

— Se il finanziamento prevede incrementi di trentasette o piu…

Sconcertato dall’enormita e dalla complessita degli schedari, THX si mise a vagare tra una fila e l’altra senza sapere da dove cominciare.

SRT gli stava al fianco.

— Per che cosa ti hanno messo in prigione? — gli chiese con noncuranza.

THX balbetto: — Evasione da medicinali e, be’, la mia compagna di stanza, lei…

— Oh. — SRT si strinse nelle spalle. — Diavolo, se mettessero in prigione tutti quelli che lo fanno. Perche proprio te?

THX scosse la testa. — Non lo so.

— Su, forza adesso, che non possiamo stare qui per sempre. Chiedi al computer quello che vuoi sapere.

THX mormoro: — Ho… ho paura.

— Cosa? — Poi SRT capi. — Ah, hai paura che chiedendo di lei ti possano individuare qui. E una riflessione intelligente.

— No. — THX non aveva mai pensato una cosa del genere. — Paura di scoprire cosa le hanno fatto.

Prima che SRT potesse rispondere, dagli altoparlanti in alto esplose una voce:

— Attenzione! Attenzione! Ascoltate! Ascoltate! Un evaso, il criminale THX uno uno tre otto, e stato osservato assieme a un complice non identificato sul quarto livello, nell’area degli Schedari Centrali del Computer. I cittadini stiano tutti all’erta. L’evaso THX uno uno tre otto puo essere pericoloso. La polizia si sta dirigendo nella zona. Riferite subito al Controllo su «qualsiasi» persona sospetta.

— Oh-oh — disse SRT, guardando il soffitto.

— E meglio che tu scappi finche sei in tempo — disse THX.

Il nero scosse la testa. — Non servirebbe a niente. Ormai avranno gia la mia foto. Scoprire chi sono e solo una questione di tempo.

— No! — grido THX, e si butto a correre per il corridoio piu vicino, attraversando in poco tempo moltissime file di moduli. «Hanno detto che non e identificato: se non ci troveranno insieme potra restarsene fuori dai guai.»

Gli parve di correre per chilometri. Finalmente si fermo e si appoggio a una console calda e ronzante. Ansimava forte. SRT non si vedeva piu. THX rimase in ascolto per sentirne i passi. Niente. Senti da qualche parte le voci:

— Richiesta di aiuto dagli agenti diciannove nove nove e ventuno ottantasette. Stanno cercando nell’area degli Schedari del Computer. Richiesti altri tre agenti.

— Blocco mentale impossibile. L’area degli Schedari e sensibile ai campi elettrici. Continuate le ricerche.

Lontanissimo, enormemente in distanza, vide sbucare un robopoliziotto, cosi piccolo che sembrava. un giocattolo. Il suo cuore si riempi di paura. Piano, con calma, THX svolto per il corridoio piu vicino che intersecava le file dei moduli, e si abbasso un po’, cosi da essere fuori vista. Diede un’occhiata prudente in giro per vedere se c’erano altri robopoliziotti. Nessuno. Allora si mise a correre piu forte che pote.

Finalmente si fermo coi polmoni che quasi scoppiavano e le gambe schiantate, crollando quasi su un tavolino al termine di una fila di moduli. THX noto lo schermo e la tastiera sul tavolo, e capi che era una stazione di domanda, per chiedere al computer informazioni e dati.

— LUH — si disse. — Devo trovarla…

«Ma se chiederai di lei al computer, sapranno il punto preciso in cui ti trovi. La polizia potra catturarti.»

A voce alta, ansimando, mormoro: — Ma loro sanno comunque… che sono… qui. Solo… questione di… tempo.

Per un momento insopportabile rimase li, piegato sul tavolo, lottando mentalmente per prendere una decisione. Poi, di colpo, si sedette nella poltroncina di plastica vicina al tavolo e chiese:

«LUH 3417. Attuale localizzazione.»

Le lettere e il numero erano adesso sullo schermo.

Si asciugo una goccia di sudore dagli occhi quando sullo schermo del computer apparve la scritta: «In funzione».

— Ho bisogno di lei — mormoro. — E lei ha bisogno di me. «Devo» andare da lei. Devo salvarla. — Di nuovo si asciugo il sudore. — E tutto cosi pazzesco. Io devo essere pazzo. Cosa sto facendo? E tutto cosi confuso. Se solo…

Il Controllore guardo THX attraverso la lente a occhio di pesce dell’olocamera posta nel soffitto degli Schedari Centrali del Computer.

— Vi ha fatto vedere esattamente dove si trova — disse il Controllore con voce amabile. — Prendetelo.

Una voce dura e cavernosa rispose: — Sissignore.

Lo schermo del computer mostro a THX una veduta di una clinica del Centro Riproduzione. File e file di feti chiusi nei ventri di plastica, tutti con la testa in giu, le braccia e le gambe raggomitolate, i cordoni ombelicali collegati ai tubi di nutrimento che correvano lungo i binari cui erano fissati gl’involucri di plastica.

Lo schermo inquadro in primo piano un contenitore. Era etichettato LUH 3417.

THX digrigno i denti, furioso. «Stupido! Stupido sistema!» Tocco di nuovo la tastiera:

«LUH 3417 e una donna di vent’anni. Professione osservatore. Il riprocentro e colpevole di errata etichettatura.»

Lo schermo si fece bianco per un attimo, poi riapparve l’immagine del feto etichettato col nome di LUH. A fianco apparvero le parole:

«Criminale LUH 3417, colpevole di atto sessuale e evasione da medicinali, distrutta in esecuzione all’ordinanza 9374911. Feto asportato al momento dell’autopsia. Nome LUH 3417 trasferito al feto nell’interesse dell’economia e di un’accurata conservazione nastri. Feto da usarsi per scopi sperimentali.»

THX urlo, annientato dal dolore, e crollo sulla tastiera del computer.

18

La cattedrale era grande e buia, tanto nera quanto era stata bianca la prigione. Ed era quasi vuota. SEN si

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