teneva stretto alle ombre, tremando, e tentava di avvilupparsele intorno per sentirsi protetto: e intanto guardava dappertutto, temendo il pericolo.

Lontano, in fondo alla cattedrale, si distinguevano, montate sui loro carrelli, alcune olocamere il cui contorno era illuminato dalla luce che proveniva da un’enorme immagine di OMM, sopra una «otto» gialla. SEN noto che il pavimento era attraversato da spessi cavi e che un gruppetto di operatori e di tecnici era radunato intorno alle olocamere.

In piedi davanti al ritratto di OMM, tutto inondato da una luce giallastra e con addosso una lunga veste color zafferano, c’era un monaco alto e magro, dagli occhi incavati e scintillanti. Stava dicendo alle olocamere:

— E accadde tutto cosi lentamente che la maggior parte degli uomini non si accorsero nemmeno che fosse successo qualcosa. Non si erano mai resi conto di cio che ognuno in cuor suo sa, che cioe sapere e non sapere; e che bisogna sapere di non sapere. Cambiare e girare in circolo per l’eternita.

SEN si rannicchio nell’ombra a guardare il monaco che teneva il suo olosermone. Sapeva che lungo i sacri muri della cattedrale c’erano dipinti, sculture e strutture di metallo prodotti dall’arte piu raffinata, autentici tesori venerati con amore dalle masse. Ma i tesori appartenenti alle masse non erano per lui. Lui era un uomo braccato. Ma forse, pero, si poteva ancora sperare…

— Restare fermi significa fluire nel flusso della volonta di OMM — continuo il monaco. — Il respiro di OMM e infinitamente lento, eppure OMM respira. Traetene profitto. Preghiamo:

«Unita della mente, unita del pensiero, unita del comportamento. Benedizione delle masse. Voi siete creature divine.»

D’un tratto la luce se ne ando e non rimase altro che una leggera, fluorescenza proveniente dalla faccia di OMM. Pareva che il monaco e i tecnici delle olocamere fossero scomparsi. SEN vide una porta aprirsi e entrare un filo di luce polverosa. Poi la porta si chiuse di nuovo, con rumore. SEN si rattrappi ancor di piu, impaurito.

Dopo aver passato lungo tempo nell’oscurita silenziosa, comincio a strisciare lungo il muro, mantenendosi nell’ombra ma cercando di arrivare al ritratto di OMM.

Una volta che fu davanti ad esso, guardo quella faccia barbuta e i suoi occhi tristi. Era cosi grande che arrivava fino al quinto piano. Ed era circondato dalle olocamere. Accatastati sul pulpito che il monaco aveva usato per il sermone c’erano dei cartelloni con sopra scritto, a lettere cubitali:

«Prima di OMM fu OMM

Dopo OMM sara OMM».

SEN se ne stette davanti al ritratto, tutto tremante.

— Ho sempre fatto quello che pensavo fosse meglio per tutti. Non sono stato come tutti gli altri, che sono pigri, sbadati, ladri e bugiardi. Ho usato il talento che mi hai dato per guidare gli altri uomini, per farli star meglio, per condurli piu vicino alla tua perfezione. Ho solo cercato di rendere le cose piu semplici, non di cambiarle, ne ho mai inteso offenderti. Ho fatto bene, vero? Non mi hai mai detto che facevo male. Le cose… sembrano non avere senso. — Si mise in ginocchio. — Si, pare a volte che le cose siano poco chiare, o che non si adattino… La gente non le capisce, oppure semplicemente non sa cosa fare. Forse tutto il problema sta solo nella capacita di piccoli adattamenti.

Il ritratto di OMM lo guardo, sereno.

— Io voglio fare quello che e giusto. Voglio tornare indietro. Posso ricominciare. Posso farcela. Ho soltanto bisogno di riposare un po’.

Da qualche parte si apri una porta e si udi un rumore di passi veloci sulle plastimattonelle del pavimento. In preda al panico, SEN sbarro gli occhi e cerco di capire chi stesse arrivando. Nella luce fioca riusci a distinguere la sagoma di un monaco di bassa statura, vestito di bianco, che si dirigeva verso di lui. Quando quello gli fu vicino, SEN si alzo in piedi, tremando in tutto il corpo.

Il monaco grido: — Voi la! Non e questo il posto per pregare! — La sua voce rimandava un’eco sepolcrale.

— Se volete parlare con OMM dovete andare a una cabina di preghiera, oppure a un’unichiesa. Lo sapete bene. Fra quindici minuti dobbiamo registrare un altro sermone, qui.

— Ma io…

— No, no. I tecnici saranno di ritorno fra pochi minuti. Andate a pregare nel posto giusto.

— Si — mormoro SEN.

— Ma… — Il monaco si era avvicinato di piu e adesso lo stava scrutando attentamente. — C’e qualcosa che non va?

— No, no. Sto bene — rispose in fretta SEN. — Adesso vado.

Il monaco allungo una mano per fermarlo. — Dov’e la vostra scheda di riconoscimento? Il numero e il prefisso? Dovro inserirli nel vostro nastro.

— No, vado via subito.

Il monaco lo tenne stretto e insistette: — Mi spiace, ma devo riferire su tutti gli intrusi. Mi date la vostra scheda di riconoscimento?

SEN si guardo il risvolto della giacca vuoto. — L’ho perduta.

— Ma e una violazione. Faro rapporto alle autorita. Questo va oltre la mia competenza.

Il monaco volto le spalle, incamminandosi nella direzione da dove era venuto. Pazzo di terrore, SEN lo aggredi alle spalle e lo butto in terra.

— Datemi tempo! Datemi tempo!

Il monaco si mise a urlare, mentre lottava. SEN gli diede dei calci, poi si mise a cavalcioni su di lui, tenendolo stretto per il cappuccio.

— Tempo! — grido, con la voce roca per l’impeto e il terrore. — Tempo! Tempo! Tempo! — A ogni parola sbatteva la testa del monaco contro il pavimento.

Finalmente si fermo. La lunga veste candida del monaco era tutta imbrattata di sangue e i suoi occhi erano fissi sulla faccia, di OMM, ormai incapaci di vedere.

SEN si tiro un po’ indietro, stando sempre in ginocchio, e fisso pieno di orrore la faccia del monaco. Sollevo la testa a guardare il ritratto.

— OMM. OMM, cos’ho mai fatto?

T’orno a guardare il cadavere. Nella lotta al monaco erano scivolate fuori dalle tasche alcune pillole. Pillole rosse, azzurre, gialle, bianche, che adesso erano sparse sul pavimento. SEN ne prese una manciata a caso e le inghiotti tutte in una volta, con fatica e disperazione.

THX avrebbe voluto essere morto, ma in realta non era nemmeno svenuto. Stava la, abbandonato sulla tastiera, senza avere la forza o la volonta di muoversi. «Distrutta, l’hanno distrutta. E il bambino, vogliono usarlo…»

All’improvviso qualcuno gli tocco la spalla.

Si giro. Era SRT, e aveva un’espressione molto seria. — Forza — disse — ci saranno un centinaio di robopoliziotti che si aggirano da queste parti. Dobbiamo andarcene.

— Cosa importa?

SRT lo guardo. — Vuoi farti prendere e distruggere?

Con un fremito THX si alzo in piedi. — No. Non ancora. Prima devo fare una cosa.

L’uomo che coordinava le operazioni della polizia del Controllo stava seduto davanti a una serie di schermi molto simili a quelli di una stazione d’osservazione. Ma i suoi schermi mostravano quello che in quel momento un intero plotone di poliziotti stava vedendo. Sullo schermo centrale pero c’era un’altra scena, sempre riguardante THX e SRT, ma dipendente non piu dall’ottica dei poliziotti, bensi da quella dell’osservatore.

Nella cuffia, una marea di chiamate:

— I due criminali che si trovano negli Schedari Centrali del Computer sono in sei due uno B, fila quarantaquattro otto nove. Arresto imminente.

— Ho qui una morte non accidentale, Cattedrale zero novanta, Area F. Si sa di nessun criminale che circoli

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