«Non so se sia possibile rispondere a questa domanda, Eugenia, ma se l’aumento della percettivita di Marlene e un effetto del Morbo, pare che l’equilibro mentale della ragazza non ne risenta affatto. E posso dirti questo… da quando siamo su Eritro, nessuna delle persone colpite dal Morbo ha mai mostrato dei sintomi che ricordassero anche lontanamente il dono di Marlene.»

Eugenia Insigna sospiro. «Grazie. Le tue parole mi confortano. E grazie per essere cosi buono e gentile con Marlene, anche.»

Genarr piego un angolo delle labbra, abbozzando un sorrisetto. «Non mi costa nulla. Marlene mi piace moltissimo.»

«Detto da te, sembra una cosa perfettamente naturale. Marlene non e una ragazza simpatica. Lo so, anche se sono sua madre.»

«Io la trovo simpatica. Ho sempre preferito il cervello alla bellezza nelle donne… a meno di non potere avere entrambe le cose, come nel tuo caso, Eugenia…»

«Vent’anni fa, forse» disse lei, sospirando di nuovo.

«I miei occhi sono invecchiati col tuo corpo, Eugenia. Non vedono nessun cambiamento. Ma a me non importa se Marlene non e bella. E intelligentissima, indipendentemente dalla sua dote.»

«Gia, e vero. E la cosa mi consola, anche quando Marlene e particolarmente fastidiosa.»

«Be’, quanto a questo, temo che Marlene continuera a essere un bel fastidio, Eugenia.»

Lei alzo lo sguardo di scatto. «In che senso?»

«Mi ha spiegato senza mezzi termini che non le basta stare nella Cupola. Vuole uscire, vuole camminare sul suolo di Eritro non appena avrai terminato il tuo lavoro. Insiste!»

Eugenia lo fisso inorridita.

18 Ultraluce

XXXVII

Tre anni sulla Terra avevano invecchiato Tessa. La sua pelle era diventata leggermente ruvida. Era ingrassata un po’. Sotto gli occhi cominciava ad apparire un accenno di borse e di chiazze scure. Il suo seno non era piu sodo ed eretto come un tempo, e i suoi fianchi si erano appesantiti.

Crile Fisher sapeva che Tessa stava avvicinandosi ai cinquanta, che aveva cinque anni piu di lui. Tuttavia Tessa non dimostrava piu dei suoi anni. Era ancora un bell’esemplare di donna matura (come Fisher l’aveva sentita descrivere da qualcuno), ma non sembrava piu una donna al di sotto dei quaranta, a differenza di quando Crile l’aveva incontrata per la prima volta su Adelia.

Anche Tessa se ne rendeva conto, e gliene aveva parlato, con amarezza, solo la settimana prima.

«Sei tu, Crile» aveva detto una notte, mentre erano a letto insieme (un momento in cui, apparentemente, avvertiva con particolare intensita il proprio invecchiamento.) «La colpa e tua. Mi hai convinta a venire sulla Terra. «Magnifica», hai detto. 'Enorme… Una varieta infinita. Sempre qualcosa di nuovo. Inesauribile.'»

«E non e vero?» aveva replicato Crile. Sapeva di cosa si lamentasse soprattutto, ma era disposto a lasciarla sfogare un’altra volta.

«Non per quanto riguarda la gravita. In qualsiasi parte di questo pianeta spropositato e impossibile, avete la stessa attrazione gravitazionale. Su in aria, giu in una miniera, qui, la, dappertutto, gravita uno… un G… un G. Dovreste morire tutti di noia.»

«Non conosciamo nient’altro, Tessa.»

«Tu, si. Sei stato sulle Colonie, tu. La, puoi scegliere l’attrazione gravitazionale che preferisci. Puoi fare ginnastica in condizioni di bassa gravita. Puoi alleviare lo sforzo e il logorio dei tessuti, di tanto in tanto. Come potete vivere senza?»

«Facciamo ginnastica anche qui sulla Terra.»

«Oh, per favore! Lo fate con questa attrazione continua che vi tira giu. Passate tutto il vostro tempo lottando contro la gravita invece di lasciare che i vostri muscoli interagiscano. Non potete saltare, non potete volare, non potete librarvi. Non potete lasciarvi cadere, catturare da un’attrazione maggiore, e nemmeno salire verso una gravita piu bassa. E questa forza trascina verso il basso ogni parte del vostro corpo, cosi vi afflosciate, raggrinzite, invecchiate. Guardami! Guardami

«Ti guardo il piu spesso possibile» aveva replicato solenne Fisher.

«Non guardarmi, allora. O mi abbandonerai. E se mi abbandonerai, io tornero su Adelia.»

«No, non tornerai su Adelia. Cosa farai la, dopo la ginnastica in condizioni di bassa gravita? Il tuo lavoro di ricerca, i tuoi laboratori, la tua equipe, sono qui.»

«Ricomincero da capo e creero una nuova equipe.»

«E Adelia ti dara il tipo di appoggio a cui ormai ti sei abituata? No, naturalmente. Devi ammettere che la Terra non ti nega nulla, soddisfa ogni tua richiesta. Non avevo ragione?»

«Non avevi ragione? Traditore! Non mi hai detto che la Terra aveva l’iperassistenza. E non mi hai detto nemmeno che avevano scoperto la Stella Vicina. Infatti, hai lasciato che mi esprimessi in termini magniloquenti sull’inutilita della Sonda Remota di Rotor… mai una volta che tu mi abbia detto che la Sonda Remota non aveva rilevato solo qualche parallasse. Sei rimasto li a ridere di me, da quel perfetto mascalzone senza cuore che sei.»

«Te lo avrei detto, Tessa… ma se tu avessi deciso di non venire sulla Terra? Non stava a me rivelarti quel segreto.»

«Ma dopo, quando sono venuta sulla Terra?»

«Non appena hai cominciato a lavorare, a lavorare sul serio, te lo abbiamo detto.»

«Loro me l’hanno detto, e io sono rimasta frastornata, mi sono sentita una sciocca. Avresti potuto accennarmi almeno qualcosa, un piccolo indizio, cosi avrei evitato quella figura idiota. Avrei dovuto ucciderti, ma che potevo fare? Dai assuefazione, tu. E lo sapevi quando mi hai sedotta senza alcuna pieta, convincendomi a venire sulla Terra.»

Era un gioco a cui Tessa non sapeva rinunciare, e Fisher conosceva il proprio ruolo. «Ti ho sedotta? Sei stata tu a insistere. Non ho avuto scelta.»

«Bugiardo. Ti sei imposto… me l’hai imposto. E stata violenza carnale… un atto disonesto e subdolo. E lo farai ancora. Lo leggo in quei tuoi occhi tremendi e libidinosi.»

Erano trascorsi alcuni mesi da quando Tessa si era divertita con quel gioco particolare, e Fisher sapeva che lo faceva quando era soddisfatta professionalmente. «Qualche progresso?» le chiese poi.

«Qualche progresso? Direi proprio di si» rispose Tessa, ansimando. «Domani quel vecchio terrestre cadente di Tanayama assistera a una dimostrazione che ho allestito per lui. Ha continuato a insistere, a martellarmi spietatamente.»

«E un tipo spietato.»

«E uno stupido. Anche se una societa non conosce la scienza, in teoria dovrebbe almeno sapere qualcosa della scienza, di come funziona. Se ti danno un milione di crediti mondiali al mattino, non dovrebbero pretendere dei risultati concreti entro la sera dello stesso giorno. Come minimo, dovrebbero aspettare fino alla mattina dopo, concederti tutta la notte per lavorare. Sai cosa mi ha detto Tanayama l’ultima volta che abbiamo parlato, quando gli ho annunciato che forse avevo qualcosa da mostrargli?»

«No. Sentiamo.»

«A rigor di logica, avrebbe dovuto dire: 'E sorprendente che in soli tre anni abbia elaborato una cosa cosi straordinaria e nuova. I suoi meriti sono enormi, e la nostra gratitudine e smisurata'. Ecco cosa mi sarei aspettata da lui.»

«Da Tanayama? Mai! Non direbbe mai una cosa simile. Comunque, che ha detto?»

«Ha detto: 'Ah, finalmente ha qualcosa, dopo tre anni. Era ora, lo speravo proprio. Crede che io possa vivere in eterno? Pensa che l’abbia finanziata e abbia mantenuto lei e il suo esercito di assistenti e di operai perche ottenesse dei risultati quando saro morto e non potro vedere nulla?'. Ecco quel che ha detto, e ti confesso che mi piacerebbe rimandare la dimostrazione fino alla sua morte, per soddisfazione personale. Ma immagino che il lavoro

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