La figura ondeggio e divenne piu densa. 'Solo per trovarti.'

Non era una risposta. 'Perche vuoi che stia con te?'

La figura comincio a dissolversi… un pensiero fugace… 'Solo perche ti voglio con me.'

E spari.

Solo la sua immagine era scomparsa. Marlene sentiva tuttora la sua protezione, il suo caldo abbraccio. Ma perche era sparito? L’aveva seccato con le sue domande?

Marlene senti un suono.

Su un mondo deserto era possibile catalogare i suoni in breve, perche erano pochi… il rumore dell’acqua che scorreva, quello piu delicato dell’aria che soffiava, i rumori prevedibili dei propri passi, il fruscio dei vestiti, il sibilo del respiro…

Marlene udi qualcosa di diverso, e si giro nella direzione del rumore. Sull’affioramento roccioso alla sua sinistra apparve la testa di un uomo.

Qualcuno della Cupola che era venuto a prenderla, penso subito Marlene, arrabbiandosi. Perche continuavano a cercarla? D’ora in poi, si sarebbe rifiutata di portare una trasmittente, cosi non avrebbero piu potuto localizzarla, se non muovendosi alla cieca.

Pero non riconobbe quella faccia, e ormai conosceva tutti gli occupanti della Cupola. Forse non sapeva i loro nomi, chi fossero, cosa facessero, ma era in grado di riconoscerli.

Quella faccia… no, non l’aveva mai vista nella Cupola.

Gli occhi la stavano fissando. La bocca era leggermente aperta, come se la persona stesse ansimando. Poi lo sconosciuto raggiunse la sommita dell’altura e corse verso di lei.

Marlene non si mosse. La protezione che sentiva intorno a se era forte. Non aveva paura.

L’uomo si fermo a circa tre metri, imbambolato, piegandosi in avanti come se avesse di fronte una barriera impenetrabile che gli impedisse di proseguire.

Infine, con voce strozzata, esclamo: «Roseanne!»

LXXXIX

Marlene lo osservo attentamente. I suoi micromovimenti erano smaniosi ed emanavano un senso di proprieta… possesso, intimita… mia, mia, mia.

Marlene arretro di un passo. Com’era possibile? Perche quello sconosciuto…

Il ricordo vago di un’oloimmagine che aveva visto una volta da piccola…

E alla fine, Marlene non pote piu rifiutarsi di riconoscere. Per quanto sembrasse assurdo, inconcepibile…

Rannicchiandosi nella cortina protettiva, disse: «Padre?»

L’uomo si precipito verso di lei quasi volesse stringerla tra le braccia, e Marlene arretro ancora. Lui si fermo, vacillando, poi si porto una mano alla fronte come se stesse cercando di vincere un capogiro.

«Marlene» disse. «Intendevo dire Marlene.»

La pronuncia del nome era sbagliata, noto Marlene. Due sillabe. Del resto, come poteva sapere, lui?

Arrivo un altro uomo, che si affianco al primo. Aveva i capelli lisci, una faccia larga, occhi stretti, una carnagione olivastra. Marlene non aveva mai visto un uomo del genere, e per un attimo rimase a bocca aperta.

Il secondo uomo si rivolse al compagno sottovoce, il tono incredulo. «E tua figlia, Fisher?»

Marlene spalanco gli occhi. Fisher! Era proprio suo padre!

Suo padre non si giro. Continuo a fissarla. «Si.»

L’altro abbasso ancor di piu la voce. «Cosi d’acchito… centro al primo tiro, Fisher? Vieni qui e la prima persona che incontri e tua figlia?»

Apparentemente, Fisher provo a staccare gli occhi dalla figlia, ma senza riuscirci. «Credo di si, Wu… Marlene, il tuo cognome e Fisher, vero? E tua madre e Eugenia Insigna, giusto? Mi chiamo Crile Fisher, e sono tuo padre.»

Tese le braccia verso di lei.

Marlene sapeva perfettamente che l’espressione di desiderio intenso di suo padre era autentica, ma indietreggio ancora. «Come mai sei qui?» chiese, gelida.

«Sono venuto dalla Terra, a cercarti… a cercarti… dopo tutti questi anni.»

«Perche volevi trovarmi? Mi hai abbandonata quand’ero piccola.»

«Ho dovuto farlo, allora… ma con l’intenzione di tornare da te prima o poi.»

D’un tratto risuono un’altra voce, aspra, dura. «Cosi sei tornato per Marlene? Per nient’altro?»

Eugenia Insigna era sopraggiunta, pallida, le labbra esangui, le mani scosse da un tremito. Alle sue spalle, Siever Genarr, stupefatto, si tenne in disparte. Nessuno dei due indossava la tuta protettiva.

Concitata, quasi isterica, Eugenia disse: «Mi aspettavo di incontrare della gente di qualche Colonia, del Sistema Solare, magari qualche forma di vita aliena. Quando ho saputo che una nave sconosciuta stava atterrando, ho preso in esame tutte le ipotesi immaginabili. Ma non avrei mai sospettato che potesse trattarsi di Crile Fisher, che lui fosse tornato… e per Marlene!»

«Sono venuto con delle altre persone, per una missione importante. Questo e ChaoLi Wu, un compagno di bordo. E… e…»

«Ed eccoci qua, eh? Non hai mai pensato che avresti potuto incontrare me? Avevi in mente solo Marlene? Quale era la tua missione importante? Trovare Marlene?»

«No. Non era quella la missione. Soltanto il mio desiderio.»

«E io?»

Fisher abbasso gli occhi. «Sono venuto per Marlene.»

«Sei venuto per lei? Per portarla via?»

«Pensavo…» inizio Fisher, ma si blocco.

Wu lo osservo con aria stupita. Genarr corrugo la fronte, meditabondo, corrucciato.

Eugenia si volto di scatto verso la figlia. «Marlene, andresti con questo uomo?»

«Io non vado da nessuna parte, con nessuno, mamma» rispose tranquilla la ragazza.

«Ecco la risposta, Crile» disse Eugenia. «Non puoi abbandonarmi con una bambina di un anno, e tornare quindici anni dopo come se nulla fosse… cosi, dicendo: 'Oh, a proposito, la bambina la prendo io, adesso'. E senza degnarti di pensare a me. E tua figlia biologicamente, e basta. Per il resto e mia, mi spetta di diritto, per questi quindici anni di amore e di cure.»

Marlene intervenne. «E inutile litigare per me, mamma.»

ChaoLi Wu si fece aventi. «Chiedo scusa. Fisher mi ha presentato, ma le presentazioni non sono finite. Lei e, signora?»

«Eugenia Insigna Fisher.» Eugenia indico Crile. «Sua moglie… un tempo.»

«E questa e sua figlia, signora?»

«Si. Marlene Fisher.»

Wu accenno un inchino. «E quest’altro signore?»

Genarr rispose: «Sono Siever Genarr, Comandante della Cupola che vedete dietro di me all’orizzonte».

«Ah, bene. Comandante, vorrei parlarle. Mi spiace per questa discussione famigliare, ma non ha niente a che vedere con la nostra missione.»

«E quale sarebbe la vostra missione?» bofonchio una nuova voce. Una figura canuta stava avanzando verso di loro, la bocca piegata in un’espressione ostile, impugnando un oggetto che aveva tutta l’aria di essere un’arma.

«Ciao, Siever» disse il nuovo venuto, superando Genarr.

«Saltade? Come mai sei qui?» chiese Genarr, sorpreso.

«Rappresento il Commissario Janus Pitt di Rotor… Le ripeto la domanda, signore. Quale e la vostra missione? E lei chi e?»

«Non ho difficolta a dirle almeno il mio nome» rispose Wu. «Sono il dottor ChaoLi Wu. E lei, signore?»

«Saltade Leverett.»

«Salve. Veniamo in pace» disse Wu, fissando l’arma.

«Lo spero» replico Leverett, truce. «Ho sei navi con me, e la vostra e sotto tiro.»

«Davvero? Quella piccola cupola ha una flotta?» fece Wu.

«Quella piccola cupola e solo un avamposto» ribatte Leverett. «La flotta c’e. Non e un bluff.»

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