sulle tartarughe terrestri e poi su quelle marine giganti per comprendere la struttura della mente dei cheloni. Tuttavia, pur sapendo che la mente della Grande A’Tuin sarebbe stata enorme, non si erano resi conto che sarebbe stata
— Un gruppo di maghi l’hanno letta a turno per trenta anni — disse Scuotivento. — Tutto cio che hanno scoperto e che la Grande A’Tuin punta a qualche cosa.
— Cosa?
— Chi lo sa?
Cavalcarono per un po’ in silenzio attraverso un terreno accidentato dove il sentiero era delimitato da grossi blocchi di calcare. Alla fine Duefiori disse: — Dovremmo tornare indietro, sai.
— Senti, arriveremo allo Smarl domani. A loro non accadra nulla laggiu. Non vedo perche…
Si accorse di parlare a se stesso. L’amico aveva girato il cavallo e trottava via, dimostrando di sapere stare in sella come un sacco di patate.
Scuotivento abbasso gli occhi. Il Bagaglio aveva lo stesso sguardo fisso di un gufo.
— Che stai guardando? — lo apostrofo il mago. — Lui puo andarsene, se vuole, perche dovrei preoccuparmene?
Il Bagaglio non disse nulla.
— Senti, lui non e una mia responsabilita — dichiaro il mago. — Mettiamo le cose in chiaro su questo punto.
Il Bagaglio resto in silenzio, ma questa volta fu piu eloquente.
— Vattene… seguilo. Tu non hai niente da fare con me.
Il Bagaglio tiro dentro le sue gambette e si sistemo sul terreno.
— Be’, io me ne vado — dichiaro Scuotivento. — Parlo seriamente — aggiunse.
Fece voltare il cavallo verso il nuovo orizzonte e diede un’occhiata in basso. Il Bagaglio era sempre li seduto.
— Non serve a niente fare appello ai miei buoni istinti. Per quel che mi interessa, puoi startene li tutto il giorno. Io me ne vado via e basta, okay?
Lancio un’occhiataccia al Bagaglio. Il Bagaglio la ricambio.
— Sapevo che saresti tornato — disse Duefiori.
— Non ho voglia di parlarne — ribatte Scuotivento.
— Allora parliamo d’altro?
— Gia, be’, andrebbe bene discutere come liberarsi di queste corde. Tiro sulle funi che gli legavano i polsi.
— Non riesco a immaginare perche tu sia tanto importante — affermo Herrena. Sedeva su una roccia di fronte a loro, con la spada sulle ginocchia. Il resto della banda era sdraiato sulle rocce in alto a tenere d’occhio la strada. Scuotivento e Duefiori erano rimasti vittime di un’imboscata cosi facile da essere patetica.
— Weems mi ha riferito che cosa ha fatto a Gancia la tua cassa — continuo lei. — Non posso dire che sia stata una grande perdita, ma spero che quel coso capisca che se si avvicina a un chilometro da noi, vi tagliero io stessa la gola. Afferrato il messaggio?
Scuotivento annui con forza.
— Bene — disse Herrena. — Vi vogliono morti o vivi, in un caso o nell’altro io me ne frego, ma alcuni dei miei ragazzi forse desiderano discutere con voi a proposito di quei troll. Se il sole non si fosse levato quando l’ha fatto…
Lascio la frase in sospeso e si allontano.
— Be’, eccoci qui ancora una volta in un bel pasticcio — disse Scuotivento, con un’altra strattonata alle corde che lo legavano. Alle sue spalle c’era una roccia e se avesse potuto sollevare i polsi… Gia, come supponeva, la roccia gli procuro delle lacerazioni mentre, essendo troppo smussata, non ebbe alcun effetto sulla corda.
— Ma perche noi? — chiese Duefiori. — Ha a che vedere con quella stella, no?
— Non so niente della stella — ribatte il mago. — Non ho mai nemmeno assistito alle lezioni di astrologia all’Universita.
— Secondo me alla fine tutto si aggiustera — dichiaro l’amico.
Scuotivento lo guardo. Osservazioni come quella lo spiazzavano sempre.
— Davvero lo credi? Ma proprio davvero?
— Be’, se ci pensi, in genere le cose si aggiustano con soddisfazione.
— Se chiami soddisfacente il fatto che in quest’ultimo anno la mia vita sia stata totalmente sconvolta, allora forse hai ragione. Ho perduto il conto delle volte in cui poco e mancato che venissi ucciso.
— Ventisette — preciso l’ometto.
— Cosa?
— Ventisette volte — ripete volenteroso Duefiori. — L’ ho calcolato. Ma in realta
— Il fatto di essere ucciso. Non sembra un po’ sospettoso?
— Quanto a questo, non ho mai fatto obiezioni, se e cio che intendi. — Il mago si guardo i piedi. Duefiori aveva ragione, naturalmente. L’Incantesimo lo teneva in vita, era evidente. Senza dubbio, se fosse saltato giu da un dirupo, una nuvola vagante avrebbe attutito la sua caduta.
Il guaio con una simile teoria, decise, era che funzionasse soltanto se lui non la credeva vera. Nel momento stesso in cui si ritenesse invulnerabile, sarebbe morto.
Quindi, tutto sommato, era meglio non pensarci affatto.
D’altra parte, poteva avere torto.
L’unica cosa di cui fosse certo era che gli stava venendo l’emicrania. Sperava che l’Incantesimo si trovasse in zona e soffrisse.
Quando lasciarono il burrone Duefiori e Scuotivento dividevano ognuno il cavallo con uno dei loro rapitori. Il mago era sistemato assai scomodamente davanti a Weems, il quale si era slogato una caviglia ed era di pessimo umore. Duefiori sedeva davanti a Herrena e, dato che lui era piccoletto, aveva cosi il vantaggio di avere le orecchie al caldo. La guerriera cavalcava con il coltello in una mano e l’occhio vigile per il minimo accenno a una cassa in movimento. Herrena non era ancora riuscita a capire che cosa fosse il Bagaglio, ma era abbastanza sveglia da sapere che quello non avrebbe permesso che Duefiori venisse ucciso.
Circa dieci minuti piu tardi, lo videro in mezzo alla strada, il coperchio aperto con aria invitante. Era pieno d’oro.
— Giraci intorno — ordino la donna.
— Ma…
— E una trappola.
— Questo e vero — riconobbe Weems, pallido in volto. — Credimi sulla parola.
A malincuore deviarono i cavalli intorno alla luccicante tentazione e proseguirono al trotto per il sentiero. Weems, spaventato, si guardo indietro nel timore di vedere il baule inseguirlo.
Cio che scorse era ancora peggio. Era sparito.
Piu avanti, su un lato del sentiero, l’erba alta si mosse misteriosamente e torno immobile.
Scuotivento non era un granche come mago e ancora meno come valoroso, ma era un esperto di vigliaccheria e conosceva la paura quando la fiutava. Disse sottovoce: — Lui ti seguira, sai.
— Che? — domando distratto Weems, che ancora scrutava l’erba.
— Lui e molto paziente e non si arrende mai. Hai a che fare con il legno del pero sapiente. Lascera che tu creda che ti ha dimenticato, poi un giorno, quando cammini da solo in una strada buia, sentirai dietro a te dei passetti… shlup, shlup… tu comincerai a correre e quelli accelereranno, shlupshlupshlupSHLUP…
— Chiudi il becco — gli urlo Weems.
— Probabilmente ti ha gia riconosciuto, cosi…
— Ti ho detto di chiudere il becco!
Herrena si giro sulla sella con un’occhiataccia. Weems, con un cipiglio, tiro l’orecchia del mago fino a trovarsela davanti alla bocca e disse con voce rauca: — Io non ho paura di niente, capito? Questa faccenda dei maghi, io ci sputo sopra.
— Dicono tatti cosi finche non odono i passi — ribatte Scuotivento. Tacque. La punta di un coltello gli punzecchiava le costole.
Per il resto della giornata non accadde nulla. Ma, con soddisfazione di Scuotivento e la crescente paranoia di Weems, il Bagaglio si mostro diverse volte. Qui assurdamente appollaiato su una balza, la seminascosto in un fossato coperto di muschio.
Nel tardo pomeriggio arrivarono in cima a una collina e scorsero in basso l’ampia vallata dello Smarl superiore, il fiume piu lungo del Disco. Era gia largo circa un chilometro e gonfio del limo che faceva del terreno piu a valle la zona piu fertile del continente. Le sue sponde erano avvolte dai filamenti della prima nebbia.
— Shlup — disse Scuotivento. Senti Weems rizzarsi sulla sella.
— Eh?
— Mi schiarivo semplicemente la gola — disse il mago con un sogghigno. Era un sogghigno ben calcolato. Del genere usato dalle persone che ti fissano l’orecchio sinistro e ti dicono con voce piena d’ansia di essere spiate da agenti segreti della vicina galassia. Non era un sogghigno da ispirare fiducia. Probabilmente se ne sono visti di peggio, ma solo da parte di quella specie di creatura che e fulva con strisce scure, ha una lunga coda e si aggira per la giungla in cerca di vittime a cui sogghignare.
Herrena li raggiunse al trotto e ordino: — Togliti quella smorfia dalla faccia.
Nel punto in cui il sentiero conduceva alla riva del fiume, c’era una specie d’imbarcadero e un grande gong di bronzo.
— Serve a chiamare il traghettatore — spiego Herrena. — Se attraversiamo qui, tagliamo una grande ansa del fiume. Potremmo perfino farcela ad arrivare a una citta in serata.
L’espressione di Weems era dubbiosa. Il sole, una palla rossa e infuocata, era prossimo al tramonto e la nebbia cominciava a infittirsi.
— O forse desideri trascorrere la notte da questa parte del fiume?