Scuotivento cercava le parole adatte. — Cohen, tu hai settanta anni piu di lei. Sei sicuro che…
— Sono gia stato sposciato, sciai. Ho un’ottima memoria — rispose in tono di rimprovero.
— No, cioe… be’, io intendo fisicamente. Sai, circa la differenza di eta e tutto, e una questione di salute, no? e…
— Ah! Comprendo scio che vuoi dire. La tenscione. Non sci avevo pensciato.
Scuotivento si raddrizzo. — No. Be’, c’era da aspettarselo.
— Mi hai dato qualcoscia a cui pensciare, non sc’e dubbio — ammise Cohen.
— Spero di non avere combinato un guaio.
— No, no — rispose il vecchio eroe in tono vago. — Non ti scusciare. Hai fatto bene a parlarne.
Si volto a guardare Bethan, che lo saluto con la mano, e poi alzo gli occhi verso la stella che luceva attraverso la nebbia.
Alla fine affermo: — Tempi pericolosa, questi.
— E un fatto.
— Chi scia coscia puo portare il domani?
— Io di certo non lo so.
Cohen gli batte una mano sulla spalla. — A volte sciamo costretti a correre dei rischi. Non offenderti, ma penscio che andremo avanti con il matrimonio comunque. E, be’ — guardo Bethan e sospiro — dobbiamo sciolo sperare che lei scia forte abbastanza.
Il giorno seguente, verso mezzogiorno, arrivarono a cavallo a una cittadina dalle mura di fango, circondata da campi ancora di un verde lussureggiante. Tuttavia, c’era un sacco di traffico diretto nell’altro senso: passaggio di grossi carri rumorosi, mandrie di bestiame trotterellanti sul bordo della strada, vecchie che avanzavano a fatica con le schiene cariche di tutti i loro beni e di balle di fieno.
Scuotivento fermo un uomo che spingeva un carretto pieno di bambini. — Peste? — gli domando.
Quello scosse la testa. — E la stella, amico. Non l’hai vista lassu nel cielo?
— Si, era impossibile non notarla.
— Dicono che ci colpira la Notte della Posta del Cinghiale e i mari ribolliranno e le terre del Disco si spezzeranno, i re saranno deposti e le citta saranno simili a laghi di vetro — rispose l’uomo. — Io fuggo sulle montagne.
— Servira a qualcosa, vero?
— No, ma la vista sara migliore. Scuotivento torno verso i suoi compagni.
— Tutti si preoccupano della stella — li informo. — Quasi piu nessuno e rimasto in citta. Sono tutti spaventati.
— Non voglio turbarvi, ma non vi sembra che faccia un caldo fuori stagione? — chiese Bethan.
— E quanto dicevo la notte scorsa — disse Duefiori. — Pensavo che facesse molto caldo.
— Sospetto che lo diventera ancora di piu. Entriamo in citta — suggeri Cohen.
Cavalcarono attraverso strade praticamente deserte. Cohen guardava attento in cerca delle insegne dei mercanti, finche tiro le redini del suo cavallo e disse: — E questo che scercavo. Voi trovate un tempio e un prete. Vi raggiungero tra poco.
— Un gioielliere? — disse Scuotivento.
— E una sciorprescia.
— Non mi dispiacerebbe neppure un vestito nuovo — dichiaro Bethan.
— Te ne rubero uno.
Nella citta c’era un che di molto opprimente, decise il mago. E anche di molto strano.
Su quasi ogni porta era dipinta una grande stella rossa.
— Mi fa venire la pelle d’oca — disse Bethan. — Come se la gente volesse portare qui la stella.
— O per tenerla lontana — dichiaro Duefiori.
— Non funzionera. E troppo grossa — disse Scuotivento. Gli altri si girarono a guardarlo.
— Be’, e evidente, no? — insistette debolmente lui.
— No — replico Bethan.
— Nel cielo le stelle sono delle piccole luci — spiego Duefiori. — Una volta una cadde vicino a casa mia… una grossa cosa bianca, grande come una casa, ha continuato a rilucere per settimane prima di spegnersi.
— Questa stella e diversa — disse una voce. — La Grande A’Tuin si e arrampicata sulla spiaggia dell’universo. Questo e il grande oceano dello spazio.
— Come lo sai? — domando Duefiori.
— So cosa? — ribatte il mago.
— Cio che hai appena detto. A proposito di spiagge e oceani.
— Io non ho detto niente.
— Si che lo hai detto, sciocco! — grido la ragazza. — Abbiamo visto le tue labbra muoversi e tutto.
Scuotivento chiuse gli occhi. Sentiva nella sua mente l’Incantesimo che correva a nascondersi dietro la sua coscienza, borbottando tra se e se.
— Va bene, va bene — disse. — Non c’e bisogno di urlare. — Io… io non so come lo so, lo so e basta.
— Allora, vorrei che ce lo dicessi. Girarono l’angolo.
Tutte le citta intorno al Mare Circolare avevano uno spazio speciale riservato agli dei, che sul Disco erano numerosi. Tali aree di solito erano affollate e non molto attraenti da un punto di vista architettonico. Gli dei piu antichi, naturalmente, avevano templi grandi e splendidi. Ma il guaio era che gli dei piu recenti pretendevano l’uguaglianza e ben presto le zone sacre erano affollate di baracche, annessi, capannoni ristrutturati, scantinati, appartamentini, apparecchiature ecclesiastiche e loro accessi trans-temporali. Infatti nessun dio si sarebbe sognato di vivere fuori dal quartiere sacro, anche se ridotto ai minimi termini. Normalmente venivano bruciati trecento diversi tipi d’incenso e il rumore quasi superava il livello acustico di sopportazione a causa di tutti i sacerdoti che facevano a gara nel chiamare alla preghiera la loro quota di fedeli.
Ma quella strada era mortalmente silenziosa, di quel silenzio particolarmente sgradevole quando centinaia di persone incollerite e spaventate si tengono immobili.
Un uomo, ai margini della folla, si giro e guardo con un severo cipiglio i nuovi arrivati. Aveva una stella rossa dipinta sulla fronte.
— Che cosa… — comincio Scuotivento e s’interruppe perche la sua voce risuonava troppo forte — che e questo?
— Siete stranieri? — domando l’uomo.
— In realta ci conosciamo tutti molto… — comincio a dire Duefiori e tacque.
Bethan punto un dito verso la strada.
Su ogni tempio era dipinta una stella. Una particolarmente grossa imbrattava l’occhio di pietra all’esterno del tempio di Cieco Io, il piu grande di tutti gli dei.
— Urgh — esclamo Scuotivento. — Io si incazzera quando la vede. Amici, non credo che dovremmo restare qui.
La folla si era addensata davanti a una piattaforma di fortuna costruita in mezzo al viale; sul davanti del palco era stata drappeggiata una grande bandiera.
— Ho sempre sentito che Cieco Io e in grado di vedere qualsiasi cosa accade in qualsiasi posto — affermo Bethan. — Perche non ha…
— Zitti! — ordino l’uomo vicino a loro. — Parla Dahoney!
Un tizio era salito sul palco, un uomo alto e magro con i capelli come un’aureola intorno al capo. La folla non lo accolse con grida di acclamazione, ma con un sospiro collettivo. Lui comincio a parlare.
Scuotivento lo ascoltava con crescente raccapriccio. 'Dov’erano gli dei?' chiedeva l’uomo. 'Se ne sono andati. Forse non sono mai esistiti. Chi poteva davvero ricordare di averli mai visti? E ora era stata mandata la stella…'
La voce, calma e distinta, parlava e parlava. Usava parole come 'risanare', 'castigare', 'purificare' che penetravano nel cervello come una lama ardente. 'Dov’erano i maghi? Dov’era la magia? Tutto cio era veramente esistito o era stato tutto un sogno?'
Scuotivento comincio veramente a temere che gli dei potessero udirlo e arrabbiarsi tanto da prendersela con chiunque si fosse trovato per caso sul posto.
D’altra parte, pero, perfino la collera degli dei sarebbe stata preferibile al suono di quella voce. La stella stava per venire, sembrava dire, e il suo fuoco terribile poteva essere allontanato soltanto da… da… Scuotivento non ne era certo, ma gli apparivano visioni di spade e stendardi e guerrieri dallo sguardo spietato. La voce non credeva agli dei (cio che per Scuotivento era abbastanza giusto), ma non credeva nemmeno nelle persone.
Alla sinistra di Scuotivento un alto straniero incappucciato gii diede una gomitata. Lui si giro… e alzo gli occhi verso un teschio ghignante sotto il nero cappuccio.
I maghi, proprio come i gatti, possono vedere la Morte.
A confronto del suono di quella voce, la Morte sembrava quasi simpatica. Stava appoggiata a un muro, con la falce accanto. Fece un cenno al mago.
— Sei venuta a godertela? — le bisbiglio questi. La Morte scrollo le spalle.
— SONO VENUTA A VEDERE IL FUTURO.
— E questo il futuro?
— UN FUTURO — rispose la Morte.
— E orribile — esclamo Scuotivento.
— MI SENTO DI DARTI RAGIONE.
— Avrei creduto che tu fossi assolutamente d’accordo.
— NON IN QUESTO MODO. LA MORTE DI UN GUERRIERO O DI UN VECCHIO O DI UN BAMBINO PICCOLO, QUESTA LA CAPISCO, E IO METTO FINE AL DOLORE E ALLA SOFFERENZA. NON CAPISCO QUESTA MORTE-DELLA-MENTE.
— Con chi stai parlando? — chiese Duefiori. Nella folla, parecchi si erano voltati e fissavano sospettosi Scuotivento.
— Con nessuno — rispose il mago. — Possiamo andarcene? Mi e venuto mal di testa.
Adesso, ai margini della folla, un gruppo di persone mormorava e puntava il dito contro di loro. Scuotivento afferro i suoi due compagni e li spinse in fretta dietro l’angolo.