— Montiamo in sella e andiamocene — li esorto. — Ho un cattivo presentimento che…
Una mano gli si abbatte sulla spalla. Lui si giro. Un paio di ostili occhi grigi, incassati in una testa calva e tonda in cima a un grosso corpo muscoloso, erano fissi sul suo orecchio sinistro. L’uomo aveva una stella dipinta sulla fronte.
— Hai l’aspetto di un mago. — Il tono di voce suggeriva che cio fosse imprudente e possibilmente fatale.
— Chi? Io? No, io sono… un impiegato. Si. Un impiegato. Proprio cosi. — Scuotivento fece una risatina.
L’uomo tacque, con le labbra che si muovevano mute, come se stesse ascoltando una voce nella sua testa. Diversi altri adepti della stella si erano uniti a lui. Tutti fissavano l’orecchio sinistro di Scuotivento.
— Io credo che tu sia un mago — affermo l’uomo.
— Ascolta — disse Scuotivento — se fossi un mago, sarei capace di fare una magia, giusto? Ti trasformerei in qualche altra cosa. E non l’ho fatto, quindi non lo sono.
— Abbiamo fatto fuori tutti i maghi — disse uno degli uomini. — Alcuni sono fuggiti, ma ne abbiamo ammazzati un bel po’. Quelli agitavano le mani e non e successo niente.
Scuotivento si limito a fissarlo.
— Secondo noi anche tu sei un mago — continuo l’uomo, stringendolo in una morsa. — Hai le gambe arcuate e l’aspetto di un mago.
Scuotivento si rese conto che loro tre e il Bagaglio erano stati allontanati dai cavalli e si trovavano ora in un cerchio che si andava restringendo di uomini dall’espressione solenne sui visi grigi.
Bethan si era fatta pallida. Perfino Duefiori, la cui abilita nel riconoscere il pericolo era pari a quella del mago di sfuggirlo, appariva preoccupato.
Scuotivento respiro a fondo.
Sollevo le mani nella classica posa appresa tanti anni prima ed esclamo con voce stridente: — State indietro! O vi riempiro di magia!
— La magia e svanita — ribatte l’uomo. — L’ha portata via la stella. Tutti i falsi maghi hanno pronunciato le loro stramberie e poi non e successo niente, si sono guardati orripilati le mani e di loro, molto pochi hanno avuto il buon senso di scappare.
— Io parlo sul serio! — insiste Scuotivento.
'Mi uccidera' penso tra di se. 'Ecco come stanno le cose. Non valgo niente con la magia, non valgo niente con il bluff, sono solo un…'
L’Incantesimo gli si agito nella mente. Lo senti scorrergli nel cervello come acqua gelida e prendere forza. Un brivido freddo gli corse lungo il braccio.
Il braccio si levo in alto di propria volonta. Scuotivento senti che la sua bocca gli si apriva e si chiudeva e che la lingua si muoveva mentre una voce che non era la sua, una voce che risuonava vecchia e secca, pronunciava sillabe che si gonfiavano nell’aria come nubi cariche di vapore.
Fiamme di ottarino gli sprizzarono dalle unghie e si avvolsero intorno all’uomo atterrito, finche questi non scomparve in una nuvola che s’innalzo sulla strada, rimase li sospesa per un lungo momento e poi si disintegro nel nulla.
Senza lasciare nemmeno un filo di fumo oleoso.
Scuotivento, sconvolto, si guardo la mano.
Duefiori e Bethan lo afferrarono ciascuno per un braccio e lo trascinarono attraverso la folla colpita da shock, finche non giunsero alla strada deserta. Ci fu un momento penoso quando i due vollero correre ognuno giu per una traversa differente, ma poi continuarono a galoppare con i piedi del mago che a malapena toccavano il selciato.
— La magia — mormoro lui eccitato, ebbro di potere. — Ho esercitato la magia…
— Esatto — riconobbe Duefiori per calmarlo.
— Volete che faccia un incantesimo? — chiese Scuotivento. Punto un dito contro un cane che passava ed esclamo: — Wheeee! — La bestia gli diede un’occhiata offesa.
— Sarebbe preferibile se facessi muovere i tuoi piedi piu svelti — disse Bethan.
— Sicuro! Piedi! Correte piu in fretta! Ehi, guarda, lo fanno!
— Dimostrano piu buon senso di te — lo rimprovero la ragazza. — Da che parte andiamo adesso?
Duefiori osservo l’intrico di vicoli intorno a loro. A una certa distanza, si sentivano grida eccitate.
Scuotivento si svincolo dalla loro presa e si avvio incerto lungo la strada piu vicina.
— Io posso riuscirci! — urlo. — State soltanto a vedere…
— E sotto shock — disse Duefiori.
— Perche?
— Non ha mai fatto un incantesimo finora.
— Ma lui e un mago!
— E un po’ complicato — rispose Duefiori, correndo dietro l’amico. — Comunque, non sono sicuro che sia stato davvero lui. Di certo, la voce non sembrava la sua. Vieni, vecchio mio.
Scuotivento lo guardo con occhi spiritati, che non vedevano.
— Ti trasformero in un cespuglio di rose — gli disse.
— Si, si, eccellente. Dai, vieni. — L’ometto cercava di calmarlo e lo tirava gentilmente per un braccio.
Si udi il rumore di passi provenienti da diverse direzioni, e improvvisamente un gruppo di adepti della stella avanzava verso di loro.
Bethan afferro la mano molle di Scuotivento e l’alzo con gesto minaccioso.
— Sono ancora abbastanza lontani! — grido.
— Giusto! — urlo a sua volta Duefiori. — Abbiamo un mago e non abbiamo paura di usarlo!
— E cio che intendo!
La ragazza faceva girare Scuotivento per il braccio, come fosse un argano.
— Giusto! Abbiamo l’artiglieria pesante! Cosa? — disse Duefiori.
— Ti ho chiesto, dov’e il Bagaglio? — gli sibilo Bethan alle sue spalle.
Duefiori si guardo in giro. Il Bagaglio non c’era.
Scuotivento, tuttavia, stava producendo l’effetto desiderato sui seguaci della stella. Che, scambiando la sua mano oscillante per una falce rotante, cercavano di nascondersi gli uni dietro gli altri.
— Allora, dov’e andato?
— Come faccio a saperlo? — ribatte Duefiori.
— E il
— Spesso non so dove si trova il mio Bagaglio, e quanto capita a fare il turista. Comunque, molte volte se ne va in giro da solo. Probabilmente e meglio non chiedersi perche.
La folla comincio a rendersi conto che in realta non accadeva nulla e che Scuotivento non era in condizioni di scagliare insulti, tanto meno un fuoco magico. Prese ad avanzare, senza perdere di vista le sue mani.
Duefiori e Bethan indietreggiarono. L’ometto diede un’occhiata intorno.
— Bethan?
— Cosa? — chiese lei, senza distogliere gli occhi dalle figure che avanzavano.
— Questa e una strada senza uscita.
— Ne sei sicuro?
— Credo di riconoscere un muro di mattoni quando ne vedo uno — la rimprovero lui.
— Allora ci siamo.
— Credi che forse se io spiego…
— No.
— Oh!
— Secondo me, questi non sono tipi da ascoltare le spiegazioni — disse lei. Duefiori li osservo con attenzione. Come gia accennato, di solito lui non pensava al suo pericolo personale. Andando contro l’esperienza dell’umanita intera, Duefiori era convinto che bastava che le persone si parlassero, bevessero qualcosa insieme, si scambiassero le foto dei nipotini, ci aggiungessero forse uno spettacolo o altro, e che allora tutto si sarebbe aggiustato. Era pure convinto che le persone fossero fondamentalmente buone ma che avessero le loro giornate cattive. Cio che veniva avanti per la strada aveva su di lui circa lo stesso effetto di un gorilla in una vetreria.
Dietro a lui vi fu un rumore appena percettibile, anzi non tanto un rumore quanto una variazione nella consistenza dell’aria.
I visi di fronte a lui spalancarono la bocca, si girarono e sparirono rapidamente giu per il vicolo.
— Eh? — disse Bethan, che sorreggeva ancora il mago, ora privo di sensi.
Duefiori fissava dall’altra parte una grande vetrina piena di merci strane, una porta schermata da una tenda di perline, sormontata da una grossa insegna la quale indicava (dopo che i caratteri, contorcendosi, si erano ricomposti):
Il gioielliere rigirava adagio l’oro sulla minuscola incudine e battendo delicatamente incastro l’ultimo diamante dal taglio strano.
— Dal dente di un troll, dici? — mormoro mentre studiava attento il proprio lavoro.
— Sci — rispose Cohen — e, come ti ho detto, puoi avere tutto il reshto. — Mentre parlava, esaminava un vassoio di anelli d’oro.
— Molto generoso — commento il gioielliere, un nano che la sapeva lunga sugli uomini e le cose. Sospiro.
— Non molto lavoro in questi ultimi tempi? — chiese Cohen. Guardo fuori dalla finestrella e vide un gruppo di persone radunate dall’altra parte della strada.
— Gia, sono tempi duri.