Anche un vecchio signore si fermo a guardarla. Stella gli sorrise.

Si, sono proprio io, la famosa attrice che non ha detto una sola battuta.

Adesso erano in molti a fissarla. Una coppia di mezza eta si fermo e la indico: bisbigliavano, l'avevano riconosciuta. Quella soap opera era piu seguita di quanto pensasse.

Questa gente non ha un lavoro?

Entro nella hall dell'hotel. Al bancone della reception un ragazzo annoiato non la degno di uno sguardo e si limito a porgerle un foglio. Una donna vicino alla porta della sala conferenze leggeva a voce alta un elenco di cognomi. Era arrivata alla lettera R. Stella Small sospiro. L'ordine alfabetico era dalla sua. Era un giorno fortunato.

Si infilo la giacca e si avvicino al gruppo di aspiranti attrici. Nessuna le presto attenzione. Gli occhi delle ragazze erano concentrati sul copione. Stella guardo il suo, una riga, sei parole. Che ci voleva a impararle?

Si appoggio al muro dietro una pianta di felce, lontano dalla calca per evitare che qualcuno stropicciasse o sporcasse il suo vestito portafortuna. Quando chiamarono il suo nome, entro nella sala e si fermo davanti a un lungo tavolo ricoperto di bottiglie e bicchieri, carte e vassoi. Oltre la tovaglia di lino il regista e il produttore sedevano in compagnia degli assistenti. Non aveva ancora pronunciato la sua battuta, e gia tutti la fissavano attoniti, rapiti. Regalo loro il suo sorriso migliore. L'attrice senti qualcosa di umido che le gocciolava sulla mano. Una spessa striscia di sangue impregnava la manica della giacca. Gocciolava a terra dalla punta delle dita.

«Ma che diav…» Era la battuta sbagliata. Chiuse gli occhi e svenne. La testa picchio sul pavimento.

Le tende verdi circondavano il letto del pronto soccorso garantendo un po' di privacy alla giovane coppia. Le gambe di Stella Small penzolavano dal bordo del lettino metallico, e il dottore sembrava intimidito mentre le medicava il braccio. La testa del dottore si sposto di lato, improvvisamente distratto da un'ombra dietro le tende. Sembrava la famosa scena di Psycho. La mano che si solleva, poi la tenda spostata di colpo. Il giovane dottore fissava una donna corpulenta con una massa di capelli scuri e un lungo vestito nero che fluttuava come quello di una suora.

Stella aveva sempre sospettato che la sua agente potesse sentire l'odore del sangue anche da lontano. Martha Sutton era una donna formidabile, incline al melodramma e molto piu spaventosa di una vera suora.

«Bella entrata.»

«Oh Stella, hai un aspetto magnifico…»

La donna fisso il braccio ferito e le macchie di sangue sui vestiti. Nel linguaggio degli agenti significava pubblicita assicurata.

Il giovane dottore continuo a medicare la ferita. «Non c'e bisogno di punti. E un taglio poco profondo. Non riesco a credere che a provocarlo sia stata una macchina fotografica; anche se ci fosse stato un pezzo di metallo sporgente…»

«Come le ho gia spiegato,» lo interruppe Stella «quel turista mi e venuto addosso con la sua stupida macchina fotografica. Ero davanti alla porta di casa, stavo chiamando un taxi…»

«Non lo metto in dubbio.» Il dottore si allontano dal lettino e disse: «Anche se continuo a pensare che questo taglio sia provocato da un rasoio».

Gli occhi di Martha Sutton s'illuminarono di una luce impercettibile. Sussurro: «Bella battuta, tesoro, davvero buona».

«Ma e stata una macchina fotografica» protesto Stella.

Martha Sutton indico un uomo oltre la porta di vetro. «Vedi quel tipo? E un giornalista. Tu vuoi fare carriera, vero?»

«Oh» disse Stella. Due lettere, un mondo di significati. Aveva capito, aveva visto la luce. Ad alta voce disse, in tono drammatico: «Sono stata ferita con un rasoio».

«Cosi ti voglio» disse Martha Sutton. «Assicurati che il giornalista non sbagli a scrivere il tuo nome.» Fece per andarsene, poi si fermo. «Ti ho fissato un appuntamento per un'altra audizione. Qualcosa di diverso, una stazione di polizia. Ho parlato con un poliziotto di SoHo. Cercano delle attrici bionde: per caso hai una camicia con una grossa 'X' sulla schiena?»

Stella annui. «Qualche bastardo me l'ha rovinata con un pennarello.»

«Splendido, tesoro. I poliziotti lo stanno cercando. Speriamo che non sia successo niente di grave, cosi con un po' di fortuna vedremo la tua faccia in televisione. Che ne dici? E porta con te quella camicia, fara un grande effetto, te lo giuro.»

«Ma non ce l'ho piu» disse Stella. «L'ho buttata nell'immondizia.»

«No, tesoro, non dire cosi. Adesso guardami negli occhi e dimmi che hai conservato quella camicia.»

Stella capi: non sarebbe stato difficile disegnare una 'X' su un'altra camicia.

«Scherzavo. Certo che l'ho tenuta.»

«Cosi mi piaci…»

Due ore dopo Stella era di nuovo a casa. Si fece una doccia, poi apri una lattina di birra nella speranza che attenuasse il dolore al braccio. A quel punto, vide un paio di scarpe da ginnastica nascoste sotto un mucchio di vestiti. Scarto l'idea. La sua agente l'aveva riempita di Valium e legare i lacci sarebbe stata un'impresa. Afferro un paio di sandali da sotto la sedia e si lascio sprofondare nel divano impolverato. Sfoglio una copia di «Backstage». La pagina delle audizioni non segnalava niente per quel giorno. Eppure le pareva di avere un appuntamento nel pomeriggio. Se l'era scordato. Pazienza. Prese il telecomando e smanetto finche non trovo un programma per bambini. Bene. I cartoni animati non erano impegnativi. Lo schermo del televisore si fece nero, nessun pulsante del telecomando riusci a farlo tornare come prima. Brutto segno, ma Stella non era completamente demoralizzata, non ancora. Chissa quanto ancora sarebbe durato quel momento di sfortuna?

Qualcosa si stava arrampicando sulla sua gamba. Un mezzo urlo, poi si blocco e sorrise. Era solo un ragno. Lo scaccio dalla gamba e lo guardo zampettare sul pavimento. Sua madre e sua nonna dicevano sempre che un ragno in casa porta fortuna. Ma quello era davvero troppo grosso. Arrotolo il giornale e spiaccico il ragno sul pavimento. Si chino e sollevo la giacca macchiata di sangue. Frugando nelle tasche, trovo un messaggio scritto nella grafia della sua agente. Ecco l'appuntamento, quell'audizione. Lesse l'indirizzo della stazione di polizia di SoHo e l'ora dell'appuntamento. Quel posto era vicino, poteva andarci a piedi, aveva ancora un'ora di tempo.

Il telefono squillo, e Stella ebbe un sussulto. Lascio che rispondesse la segreteria. La ragazza dell'Ohio era troppo fragile in quel momento per avere a che fare con dei newyorkesi. Fissava la segreteria quando le parole Dipartimento di polizia catturarono la sua attenzione. Sollevo il ricevitore. «Salve, chiama a proposito dell'audizione a SoHo?… No? A Midtown? Pensavo che… Va bene. Mi dispiace, non lo sapevo… Certo che ci saro.»

Adesso ricordava tutto: Martha l'aveva trascinata fuori dal pronto soccorso, anche se le avevano detto di aspettare l'arrivo della polizia. Se n'era andata in compagnia di un giornalista, la stampa veniva prima della legge. In quale guaio era andata a cacciarsi?

Aveva poco tempo, ma con un po' di fortuna e la collaborazione della metropolitana, sarebbe riuscita a essere puntuale a entrambi gli appuntamenti. Chissa se i colloqui a SoHo seguivano l'ordine alfabetico? Il messaggio di Martha Sutton le ricordava di portare con se la camicia macchiata. Frugo nell'armadio e nei cassetti. I vestiti erano sparsi ovunque nel piccolo monolocale, e tutti gli sforzi della notte precedente, quando ubriaca aveva dato una ripulita alla stanza, non erano serviti a nulla. Era scoraggiante guardare quel disordine. Si volto verso la fotografia della mamma e della nonna. Poteva mentire a loro, ma non a se stessa. Stava perdendo il controllo della sua vita.

Nella pila di vestiti trovo una vecchia camicia che faceva al caso suo. Raggiunse la cucina e frugo nei cassetti pieni di cianfrusaglie. Alla fine trovo un pennarello e disegno quella dannata 'X'.

Il piano terra della stazione di polizia di SoHo era gremito di attricette di ogni taglia e colore, nonostante fosse stato specificato che la convocazione era riservata alle bionde. Jack Coffey si trovava nell'ingresso e osservava i furgoni dei telegiornali parcheggiati in doppia fila. I reporter affollavano il marciapiede.

Si rivolse al detective Wang: «Cos'hai detto alle agenzie?».

«Quello che mi ha suggerito lei. Che stavamo indagando su episodi di vandalismo in metropolitana.»

Il detective Desotho spense il cellulare, poi si rivolse al tenente: «Una delle agenti ha parlato con i giornalisti.

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