casse. Il suono era straordinario e ti dava l'impressione di avere un'orchestra nel cervello. Nella macchina di Mallory non esistevano CD e Riker si era sempre domandato che razza di musica potesse piacerle.
«Bevi qualcosa?»
«Una birra, grazie.» Riker sprofondo nel divano mentre Charles attraversava l'austera sala da pranzo per andare in cucina. Nonostante fosse stato in quell'appartamento parecchie volte, passo in rassegna la stanza arredata con preziosi mobili d'antiquariato, dalle pareti coperte di pannelli di legno. Libri e giornali erano impilati sulle sedie, segno che Charles aveva troppo tempo libero. Trovo quello che stava cercando: una ciotola di noccioline parzialmente nascosta da un giornale. Le aveva gia divorate al ritorno di Charles, che portava le birre in due boccali ghiacciati. Chiunque tenesse i boccali per la birra nel freezer poteva contare sull'eterna amicizia di Riker.
«Sai…» Prendendo la sua birra, il detective vide un biscotto della fortuna sul tavolino accanto al divano. «Non e esattamente una visita di cortesia.» Afferro il biscotto, poi, ricordandosi le buone maniere, chiese: «Ti dispiace?».
«Fai pure.» Charles si sistemo sulla poltrona. «Cosa posso fare per te?»
Riker sbottono la giacca e mostro il libro bagnato.
«Puoi sistemarlo?»
Charles osservo cowboy e pistole sulla copertina fradicia. L'espressione del suo viso era l'equivalente educato di
«Non c'e fretta.» Riker apri il biscotto e guardo il foglietto cadere sul pavimento. Non lo raccolse: Riker era tra i pochissimi al mondo che mangiava quei biscotti, invece di limitarsi a leggere la frase all'interno. Si guardo intorno cercandone un altro.
Charles si allontano per un attimo, e quando ricomparve portava un panino avvolto in un tovagliolo. Riker fu felice di scambiare il libro bagnato per un panino con il roast beef. Un secondo dopo la sua felicita era dissolta: Charles stava sfogliando il libro, e Riker noto un pezzo di carta incollato alla copertina.
Se non fosse stato cosi stanco e affamato, avrebbe pensato di esaminare il libro prima di consegnarlo. «Che cos'e?»
«Una ricevuta.» Charles delicatamente stacco il pezzo di carta. «E di Warwick libri usati. Strano. Credevo di conoscere tutte le librerie di Manhattan.» Chiuse il libro e fisso la copertina sbiadita. «Sembra che per te sia importante.» Era troppo discreto per chiedere perche.
«Non se ne trovano piu. E uscito di stampa quarant'anni fa. E l'ultimo libro scritto da Jake Swain.» Riker divoro il panino, scolo la birra, cercando le parole.
«E meglio che mi dia da fare prima che si asciughi.» Charles si alzo e passo nell'altra stanza.
Riker lo segui in biblioteca. I muri erano alti piu di tre metri, rivestiti da un mosaico di copertine di pelle. Una porta ricavata nella scaffalatura conduceva a un'altra piccola stanza.
Barattoli di colla, rotoli di carta, pennelli, pinzette e rocchetti di filo erano sistemati su un lungo tavolo dove il bibliofilo riparava i libri della sua collezione. Charles sposto dei volumi istoriati d'oro per fare spazio a un tascabile costato cinquanta centesimi.
«Non devi dire nulla a Mallory» disse Riker. «Devi promettermelo. Il libro e suo, non voglio che sappia che l'ho rovinato.»
Charles era una di quelle persone che e meglio non far sedere al tavolo da poker. Era trasparente. Ora stava pensando che Riker mentiva. L'ufficio oltre il corridoio conteneva tutti i libri di Mallory. Quasi tutta informatica, niente narrativa. E prima di lasciare il college per entrare nella polizia, aveva frequentato la prestigiosissima Barnard per due anni. Quel libro non poteva appartenere a lei.
«D'accordo.» Charles si allungo per prendere la carta assorbente da una mensola sopra il tavolo da lavoro. «Non sei mai stato qui. Questa conversazione non e mai avvenuta.»
«Grazie.» Riker sapeva che nel frattempo Charles aveva messo in moto il cervello e cercava di capire che cosa stesse accadendo.
Stacco il blocco di pagine dal dorso. Il nervosismo del suo ospite era evidente. «Non preoccuparti. Tornera come nuovo.» Dopo aver messo da parte la copertina, tolse la prima pagina di pubblicita per osservare meglio la successiva. La sua faccia diceva che adesso tutto era chiaro. «Non posso asciugare questa pagina, l'inchiostro scolorirebbe completamente. Posso salvare la dedica, ma la firma di Louis e andata.»
«Cosa?» chiese il detective sforzandosi di dissimulare la propria sorpresa.
«Questa
Riker osservo la dedica scarabocchiata nella strana grafia del suo vecchio amico, e sotto la macchia blu della firma. «No. Mallory non ne sa niente. Contavo di farglielo avere fra qualche giorno.»
Charles lesse la dedica. «Cosi e un regalo di Louis per Mallory. Davvero carino. Pensato perche lei lo ricevesse dopo la sua morte, una specie di addio postumo.»
«Si, qualcosa del genere.» Falso. Quando aveva scritto quella dedica, Louis Markowitz non pensava alla propria morte. Aveva davanti a se ancora molti anni, tutto il tempo necessario per allevare Kathy Mallory. Il vecchio doveva essersi dimenticato dell'esistenza di quel libro, e cosi Riker, finche non se l'era ritrovato di fronte nell'appartamento di Sparrow.
«Il funerale di Louis non e cosa recente.» Charles uso pinze e tamponi per fissare la pagina a una tavola, poi accese una piccola stufa grande quanto una mano. «Non e un po' tardi per darglielo?»
«Si.» Riker si stava lentamente riprendendo dallo shock. Un morto aveva sostenuto la sua bugia, quindici anni prima che venisse pronunciata.
Un'ora dopo, la stanza era invasa dalle pagine del libro avvolte nella carta assorbente. Solo la pagina con la dedica era in bella vista. Il detective fisso lo scarabocchio di inchiostro blu, le parole di un uomo che aveva amato una piccola vagabonda. Evidentemente Lou aveva scritto quelle parole nella convinzione che la bambina fosse andata, morta. Eppure si capiva che non aveva rinunciato a sperare che Kathy potesse tornare.
Riker lesse la dedica ancora una volta.
Dopo che Charles ebbe augurato la buonanotte a Riker sulla porta dell'ascensore, vide uno spiraglio di luce filtrare dalla porta della Butler & Company. Mallory? Non la vedeva dall'inizio di giugno. Entro in ufficio, sforzandosi di non correre. Attraverso la reception e percorse lo stretto corridoio fino alla stanza di Mallory, dove c'erano i computer. Si fermo sulla soglia. Vide la schiena della sua socia. Sedeva di fronte a uno dei tre computer. La maggior parte dell'ufficio era avvolto nell'ombra a eccezione dei capelli di Mallory, illuminati da una lampada.
Cosa poteva dirle? Sicuramente non si sarebbe scusata, non avrebbe nemmeno accennato alla cena mancata. Rapita dalle sue macchine, era indifferente a ogni altra cosa. Anni prima, lui aveva scritto un saggio piuttosto poetico sulle doti di Kathy in campo informatico. Nel corso della sua carriera aveva studiato molte persone in grado di utilizzare la tecnologia a proprio vantaggio. Ma lei era diversa. Aveva la sensibilita di un compositore, fondeva competenze tecnologiche, matematiche e musicali per comporre partiture adatte a strumenti elettronici.
In seguito, dopo aver conosciuto i particolari della sua infanzia, quella visione si era alterata e incupita. Il suo passato era la causa di quel talento per cio che era freddo e alieno. E la sua intimita con le macchine lo spaventava.
Non era sempre stato cosi categorico a proposito dei computer. Ma adesso li vedeva come soldati perversi capaci di sequestrare Mallory. Aveva cercato di smorzare la loro influenza, introducendola alla raffinatezza delle cose antiche. Mallory aveva resistito, occupando la cucina dell'ufficio con l'orribile tecnologia che Charles detestava. Aveva addirittura invaso il suo appartamento con un attacco a sorpresa e aveva rifatto l'impianto stereo. La perfezione del suono, il telecomando, l'avevano sedotto, per qualche tempo. Ma adesso era tornato sulle sue posizioni e fantasticava di riuscire un giorno a scollegare tutti i computer, Mallory compresa.
Una bella lotta.
Quando Charles si avvicino, Kathy non alzo gli occhi dallo schermo. Fissava il monitor, concentrata nella semplice trascrizione di un testo scritto a mano. Tutta quell'angoscia per niente.