«Vado a darle la caccia» disse lo sceriffo sulla soglia. «Voglio che tu rimanga accanto al telefono in caso abbia bisogno di te, d'accordo?» e scomparve.

Lilith si sedette alla scrivania, guardando il telefono muto.

Accese il computer. Si preparo a digitare il codice d'accesso, ma la macchina prosegui da se. Sul video apparve un file riservato con la richiesta di inserire la password personale. Digito la password e lesse il messaggio. Dal saluto di apertura, Lilith capi chi l'aveva mandato. Quanto aveva impiegato Mallory a capire che la sua password era 'Lupo'?

Cara Lilith,

non e nei tuoi interessi che io venga riacciuffata. Direi allo sceriffo chi sei veramente, e, ragazzina, credo proprio che neanche tu conosca la risposta. Ti chiamero quando avro bisogno di te.

Lilith senti il ghiaccio scorrerle lungo la schiena. Mentre cancellava il messaggio di Mallory, sbircio la scatola di dischetti che era sulla scrivania. Quella mattina era ancora chiusa nell'involucro di cellophane. Adesso era aperta. Mancavano due dischetti. Cosi la fuggitiva, nella convulsa mattinata della sua evasione, si era concessa anche il tempo di scaricare dei file.

9

I defunti da seppellire non creavano problemi a Ira Wooley quando i loro corpi venivano deposti all'interno di tombe preesistenti. Una tomba nuova lo obbligava invece a memorizzare nuovamente tutto il cimitero, necessita che, per fortuna, si presentava molto di rado. Il cimitero era uno dei suoi posti preferiti. La gente era silenziosa: i monumenti e le case di pietra non cambiavano mai. Noto, mentre percorreva i vialetti fra le sepolture, che i fiori appassiti del giorno di Ognissanti erano stati rimossi dalle tombe. Registro tutti i cambiamenti nella sua mente.

«Ciao, Ira» disse una voce dietro di lui.

Spaventato si giro e vide un'alta figura al limitare del cerchio d'alberi. Era l'uomo del panino incontrato al Jane's Cafe e stava avanzando a grandi passi, facendo aumentare la paura di Ira a mano a mano che si avvicinava. L'uomo stava sorridendo, ma Ira aveva difficolta a distinguere il significato delle espressioni facciali. Era un linguaggio che non sapeva leggere. L'uomo del panino sembro accorgersi della sua paura e si immobilizzo.

Ira smise di boccheggiare e il ritmo del suo cuore diminui, ma subito sprofondo nell'ansia. L'uomo alto rappresentava una novita nel paesaggio del cimitero. Ira si giro lentamente, passando in rassegna il terreno, le pietre e gli alberi per creare un nuovo inventario. L'uomo del panino rimase immobile, a mo' di statua, fino a quando Ira non ebbe sistemato ogni oggetto in un nuovo schema mentale.

Quando Ira ebbe finito, l'uomo parlo, ma quel che disse non gli arrivo ancora in forma di parole: era solo rumore, perche la paura non gli era passata del tutto.

«Ti ricordi di me? Charles Butler?»

«Ti ricordi di me» disse Ira in tono piatto.

«Hai voglia di dirmi cosa ti e successo alle mani? Cosa ti hanno fatto?»

«Cosa ti hanno fatto?» ripete Ira. E un attimo dopo il rumore si era trasformato in parole. Le sue mani? Si guardo le bende. Le mani non gli avevano fatto nulla.

L'uomo stava dicendo altre cose, incomprensibili come il vento fra gli alberi, i richiami degli uccelli e il ronzio degli insetti. Nel cimitero ogni suono si fondeva con gli altri, a formare un sordo brusio.

Ira urlo: «Si, si, si, si, si» finche l'uomo del panino non capi che 'si' voleva dire 'Sta' zitto!' e tacque. Allora Ira insegno all'uomo a rimanere immobile, e ad abbassare gli occhi. Ci volle poco perche Charles imparasse a non guardarlo direttamente. Poi l'attenzione del ragazzo fu attratta da una goccia d'acqua che scivolava lentamente lungo la foglia di un cespuglio. Era quasi in stato di trance quando la goccia si allungo e cadde schiacciandosi a terra, liberandolo dall'incantesimo.

L'uomo del panino si sedette accanto a lui con estrema tranquillita. Adesso potevano parlare.

«Cosi, hai suonato un pugno di note al piano e a Babe non sono piaciute.»

«A Babe non sono piaciute» disse Ira.

«Puoi dirmi perche?»

«Puoi dirmi perche?» Ira si dondolava avanti e indietro, poi comincio un canto senza parole. Babe gli aveva spezzato le mani ma non la gola. Cantare lo calmava, riducendo il suo terrore istintivo per una voce che non conosceva bene.

Il Jane's Cafe non gli faceva paura perche vi faceva colazione tutti i giorni, seduto accanto alla mamma. Ma ora era solo con l'enorme uomo del panino, e questo non andava.

Ma l'uomo sembrava capirlo meglio degli altri. Era paziente e la voce era calma mentre gli domandava altre cose su Babe.

Babe era pericoloso. La mamma gli aveva detto che era morto, ma Ira non aveva un'immagine di Babe da morto, e non aveva ancora visto una lapide per Babe nel cimitero.

Lancio un'occhiata oltre la spalla dell'uomo del panino mentre si preparava a parlargli. Cerco il piu adatto nella sua collezione di dialoghi. Scelse una raccomandazione che gli aveva fatto la mamma una mattina di tanti anni prima. Ricordava quella scena soprattutto per un gioco di luci prodotto dalle tendine di merletto bianco. Poi aveva visto la fiamma sul fornello, e aveva allungato la mano per toccarla. Sua madre lo aveva fermato e gli aveva parlato con grande preoccupazione. Ripete le sue parole all'uomo del panino. «Non ti bruciare.»

L'uomo cambio espressione e abbasso ancora di piu il capo. Ira avverti un'ombra di tristezza quando Charles si alzo. Disse «Arrivederci», e si allontano con gli occhi fissi sul sentiero di ghiaia.

«Arrivederci» fece eco Ira, guardando l'uomo alto che scompariva fra gli alberi.

Passarono pochi secondi prima che Ira avvertisse un nuovo suono: passi tanto leggeri da sembrare quelli di un gatto. Si giro adagio, non volendo vedere, ma incapace di resistere.

Impossibile. Si mise a sedere sull'erba prima che le ginocchia gli cedessero e lo facessero cadere a terra.

Era la dottoressa Cass.

Tutta intera e ripulita dal sangue. Ira si sforzo di mettere in ordine cronologico le immagini immagazzinate.

Cass Shelley era morta. Era stato presente al suo servizio funebre. Quello era solo il frammento di un vecchio ricordo. La donna davanti a lui non poteva essere la dottoressa Cass.

«Chi» domando Ira senza inflessione. Lei gli si avvicino e lo guardo fisso. In un improvviso assalto di nuove paure, il significato della parola gli sfuggi. Quando la ripete, era priva di senso come il linguaggio dei gufi.

La donna gli si inginocchio accanto, le mani tese verso di lui. Stava per toccarlo. Ira si tiro indietro.

No! Non toccare! Oh, per favore, no…

Lei gli afferro le spalle. Il corpo gli si irrigidi e gli occhi si rovesciarono, mostrando il bianco. Voleva urlare. Aveva paura degli occhi della donna. «So che non ti piace» disse lei dolcemente. «Ma ho bisogno che tu presti attenzione, Ira. Metti a fuoco. Lo hai fatto per mia madre, e ora devi farlo per me.»

Le parole non significavano nulla. Era terrorizzato. Voleva guardarla senza essere visto, e lei glielo permise, abbassando lo sguardo. Ma il terrore nei suoi confronti era ancora cosi grande da avvolgere la sua figura in un vortice minaccioso di luce brillante. Il sole le inondo i capelli, incendiandoli. Le labbra rosse si avvicinarono, mostrandogli le fila perfette dei denti.

Lei aveva ripreso a parlare. «So che hai sentito la canzone del giradischi, Ira.»

Canzone?

Per un po' stette a sentire la sua voce come fosse musica, senza avere la minima idea di quel che stesse dicendo. Ma poi il significato entro di forza nella sua mente e lo rese consapevole. La stessa musica, ancora e ancora.

«Che cosa hai visto?»

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