Marsh annui. «Bene, portateli li, allora. Voglio che andiate tutti, e presto.» Ricordo il luccichio dorato degli occhiali di Jeffers quando gli erano caduti, quel terribile piccolo riflesso.
«Voi non verrete?» chiese Yoerger.
«Io ho il mio fucile,» disse Abner Marsh. «E ho un presentimento. Aspettero.»
«Venite con noi.»
«Se scappo, mi inseguiranno. Se mi prendono, sarete salvi. O almeno immagino che sara cosi.»
«E se non vengono…»
«Allora vi seguiro alle prime luci dell’alba,» disse Marsh. Batte il bastone da passeggio sul ponte con impazienza. «Sono ancora il capitano qui, giusto? Smettetela di farmi la predica e fate come vi dico. Voglio che sbarchiate tutti dal mio battello, capito?»
«Capitano Marsh,» disse Yoerger, «almeno lasciate che Cat ed io vi aiutiuamo.» «No. Andate.»
«Capitano…»
«ANDATE!» urlo Marsh, adirato. «ANDATE!» Yoerger impallidi e, afferrato per un braccio lo stupefatto pilota, lo condusse fuori dalla cabina di pilotaggio. Quando furono usciti, Abner Marsh si volto indietro a guardare ancora una volta il fiume — ancora nulla — e poi scese nella sua cabina. Stacco il fucile dal muro, lo controllo, lo carico, e infilo la scatola delle cartucce nella tasca della giacca bianca. Armatosi, Marsh ritorno sul ponte di coperta e fisso la sedia in un punto da cui poteva tenere d’occhio il fiume. Se erano intelligenti, Abner Marsh penso, avrebbero saputo quanto basso era il livello del fiume. Probabilmente, avrebbero saputo che l’Eli Reynolds poteva aver attraversato quel braccio di fiume oppure no, ma che, anche nell’ipotesi migliore, avrebbe dovuto procedere lentamente, sondando tutto il percorso. Avrebbero saputo, una volta svoltata la curva, che l’avevano battuto. E se lo sapevano, non avrebbero piu continuato a discendere il fiume. Avrebbero fatto stazionare il Fevre Dream all’uscita del braccio, aspettando il Reynolds. E nel frattempo, gli uomini — o i membri del popolo della notte — fatti sbarcare vicino all’estremita dell’isola avrebbero percorso il braccio su di una scialuppa, nel caso in cui il Reynolds si fosse fermato o avesse attraccato. Quello era cio che Abner Marsh avrebbe fatto, comunque.
Il breve tratto di fiume che poteva vedere era ancora deserto. Senti un leggero frescolino, mentre aspettava. In ogni istante, la scialuppa avrebbe potuto comparire, dopo aver superato quella fila di alberi, piena di nere figure silenziose con facce pallide e che sorridevano compiaciute sotto i raggi della luna. Verifico di nuovo il suo fucile e spero che Yoerger fosse gia lontano.
Yoerger e Grove e il resto dell’equipaggio dell’Eli Reynolds erano partiti da quindici minuti, e sul fiume non si muoveva ancora nulla.
Si udivano parecchi rumori nella notte. L’acqua che gorgogliava intorno al relitto del suo battello, il vento che agitava gli alberi, gli animali in caccia nella foresta. Marsh si alzo, con il dito sul grilletto del fucile, e scruto il fiume con circospezione. Non c’era nulla da vedere, niente altro che l’acqua sabbiosa del fiume che bagnava la secca, le radici nodose, il tronco nero dell’albero che aveva distrutto le pale del battello. Vide dei rami alla deriva sul fiume e niente altro. «Forse non sono cosi intelligenti,» mormoro sottovoce.
Con la coda dell’occhio, Marsh intravide qualcosa di pallido sull’isola aldila del fiume. Ruoto verso di essa, portando il fucile alla spalla, ma non c’era nulla, soltanto gli alberi neri come la pece e lo spesso fango del fiume. Venti metri di acque basse si stendevano tra lui e l’isola buia e silenziosa. Abner Marsh stava respirando con difficolta.
«Non sparate, capitano. Sono io. Sono soltanto io.» Comparve in fondo alle scale, in piena vista. Valerie. Marsh esito. Gli stava sorridendo, i suoi capelli neri catturavano i raggi della luna, lo stava aspettando. Indossava pantaloni e una camicia arricciata da uomo, sbottonata sul davanti. La pelle era morbida e pallida, e i suoi occhi incontrarono lo sguardo di Marsh e lo catturarono, luccicanti come fari viola, profondi, belli, infiniti. Avrebbe potuto nuotare in quegli occhi per sempre. «Venite da me, capitano», lo invito Valerie. «Sono sola. Mi ha mandato Joshua. Venite giu, cosi possiamo parlare.» Marsh scese ancora due scalini, ipnotizzato da quegli occhi brillanti. Valerie tese le braccia. L’Eli Reynolds gemette e si assesto, inclinandosi improvvisamente a babordo. Marsh vacillo, urto con lo stinco contro la scala, e il dolore gli fece spuntare le lacrime agli occhi. Senti una lieve risata salire dal basso, vide il sorriso di Valerie esitare e svanire. Bestemmiando, Marsh porto il fucile alla spalla e fece fuoco. Il rinculo quasi gli fracasso la spalla e ando a sbattere con la schiena contro gli scalini. Valerie se n’era andata, svanita come un fantasma. Marsh impreco, si mise in piedi e si frugo in tasca alla ricerca di un’altra cartuccia, mentre risaliva la scala. «Joshua, per l’inferno!» ruggi verso l’oscurita. «Ti ha mandato Julian, che sia dannato!»
Quando ritorno sul ponte di coperta, ora inclinatosi di trenta gradi, Marsh senti qualcosa di molto duro premergli tra le scapole. «Bene, bene,» disse una voce alle sue spalle, «guarda un po’ se qui non abbiamo il caro Capitano Marsh.» Gli altri comparvero, uno ad uno, quando Marsh lascio cadere con un tonfo il fucile sul ponte. Valerie usci per ultima e non oso guardarlo. Abner la insulto senza pieta, come avrebbe meritato una prostituta traditrice. Infine, lei gli rivolse un terribile sguardo accusatore.
«Pensate che avessi scelta?» chiese amaramente, e Marsh cesso la sua tirata. Non furono le sue parole a calmarlo, ma lo sguardo nei suoi occhi. Perche in quelle vaste e violette profondita, intraviste per un attimo, Marsh percepi la vergogna e il terrore… e la Sete. «Muoviti,» disse Billy Tipton la Serpe.
«Dannazione a te,» disse Abner Marsh.
CAPITOLO VENTISEIESIMO