Nel suo ufficio, Jase batte ancora una richiesta di trasferimento. Il Settore Tundra, aveva sentito dire, era un luogo tranquillo, se non si badava al freddo. Piu rapide delle sue dita sui tasti, piu vivide dei suoi sogni di liberta, le immagini che aveva visto sulla Macchina dei Sogni si frapposero fra lui e le righe. Alla fine rinuncio, appoggio la fronte alla mano. Il silenzio del Mozzo lo avviluppo come nebbia. Di solito era lieto del silenzio. Ma ora, al declinare del giorno, tutti i folli pensieri di Terra gli ossessionavano la mente, e il silenzio lo turbava. Fisso lo schermo della consolle, vide il proprio riflesso nebuloso, poi la sabbia ametista.

— Quale visione?

Sobbalzo al suono della sua stessa voce. Lancio un’occhiata truce alla sua ombra. Il dottor Fiori aveva ragione. La donna mascherava i propri pensieri; non c’era alcun mistero, solo una pazza che non poteva affrontare il risultato delle proprie azioni.

— Non riesce nemmeno a dare al sole il colore giusto — brontolo. Rimase di nuovo in silenzio, completamente immobile. Il sole rosso. La sabbia viola. Il mare… — Non ci sono mari nel Settore Deserto…

La spia luminosa dell’intercom lampeggio; lui premette il pulsante. — Klyos.

— Nils, signore. Il poliziotto del Settore Costadoro e appena arrivato. Aaron Fisher. Volete vederlo subito?

— Non adesso. Lasciagli il tempo di riflettere.

— Ha chiesto il permesso di assistere al concerto. Signore, non credo che sappia con precisione perche e stato chiamato quassu.

— E sospettato di cospirazione — disse severamente Jase.

— Un’accusa ufficiale?

— No. Una intuizione. Non voglio che compaia nelle registrazioni finche non l’avro formalizzata. Non e in arresto, ma non l’ho nemmeno invitato qui per un concerto. Dagli da mangiare e sistemalo nel dormitorio delle guardie. Bastera a tenerlo fuori dai guai.

— Dovrebbe… — Si interruppe. — Avete parlato con Michelle Viridian. E…

— Tutta diversa da una cospiratrice incallita. Non e tanto pazza da pensare di poter fare evadere sua sorella, anche se sospetto che l’idea le sia venuta.

— Assomiglia a Terra?

Jase sospiro, ricordando le mani tese attraverso la bolla verso Michelle. Provo un improvviso senso di depressione, il peso di un’atmosfera umida e soffocante.

— No — disse, rispondendo alla domanda indiretta di Nils. — In lei non c’e niente che possa aiutare a capire Terra. Ammesso che qualcuno lo desideri. Vorrei davvero che Fiori l’avesse lasciata stare.

— Vi sentite bene? Qualcosa non va?

— Per il momento no.

Ci fu un’altra pausa. — Volete che venga li? — chiese improvvisamente Nils. Jase scosse la testa.

— No. Va’ ad ascoltare la musica. Forse ci andro anch’io, prima di cominciare ad aver paura delle ombre.

— Non c’e assolutamente niente che faccia paura a uno come voi — disse in tono serio Nils.

Piu tardi Jase si fermo sulla soglia del circolo ricreativo del Livello D, l’unico locale abbastanza grande per un concerto. Avevano coperto la piscina, rimosso le attrezzature. Lungo le pareti era allineata una doppia fila di guardie di sicurezza, volontari per un buon 80 per cento. I detenuti sedevano sul pavimento e sulle sezioni mobili di parete che coprivano la piscina. Le loro teste rapate riflettevano bizzarri colori sotto lo spettrale splendore delle luci del palco. Non parlavano molto, quasi non si muovevano, tranne quando qualcuno qua e la lanciava di nascosto un’occhiata rapida e incredula alla zona delimitata da corde che costituiva il palco.

La scena meritava davvero un’occhiata. L’arpa a canne, una specie di lisca di rame e ottone, occupava tre quarti del palco. Dietro, i grandi cubi traslucidi erano impilati come una scultura aliena. I gas contenuti nel loro interno cominciavano a scaldarsi, ad acquistare lentamente colore. Nebraska era ancora alle prese con le luci, e inondava l’aria di viola, verde, arancione. Il Mago si era dipinto il viso con una galassia di colori turbinanti e accordava, tra tutte le cose possibili, un antico pianoforte ammaccato. Pizzico un’ultima nota, fece scorrere il pollice sui tasti in un vivace glissando che provoco movimento di teste e riflessi colorati. Nebraska provo a suonare una canna. Il rame sputo azzurro elettrico verso una seconda canna; il vetro emise un’alta nota risonante. Nebraska oscuro il palco.

L’attimo seguente tutta la sala si oscuro. La breve oscurita aumento la tensione. Il mormorio delle guardie cesso; Jase udi lo scricchiolio del cuoio, lo stridore del metallo. Che stupido, si disse, pensando alle catene e alle sbarre ancora attaccate alle pareti. Stupido, stupido… avro la pelle di Jeri, per questo! Poi il locale fu un’eruzione di luce.

La Regina di Cuori scosse capelli rosso-rosa dal viso modellato in oro puro e abbasso le bacchette sui cubi. Il cubo colpito fumo di scarlatto. Lei creo un battito di cuore dal rosso scarlatto e dal blu scuro, fuoco e notte, che infranse come vetro il silenzio di Averno. Quasar, con i capelli splendenti dei colori dell’arcobaleno, salto sul palco con un grido da strada che doveva provenire direttamente dalle fogne del Settore Lumiere. Il Mago, incandescente, inizio un duetto fra il piano e i suoi neurocavi. Nebraska, alla cassa sonica, con i capelli lisci e i baffi pendenti imperlati dalla luce, regolo le onde sonore dei neurocavi, riducendo lo stesso Mago a uno strumento. La luce giocava sulle gelide ossa dell’arpa a canne. Una corrente d’energia scricchiolava lungo la struttura portante. Il Professore intesse un glissando di note selvagge fra i colori del Mago.

La voce di Quasar, bassa e roca, guizzo nella trama:

Prendi la carta della Fortuna, scopri la Regina di Cuori; ascolta il monito della Fortuna, copri l’Asso di Picche. E vola, vola, vola a quell’oscuro mazziere nel cielo. L’amore fugge, la notte scende, Nova ti irretisce di luce…

Una canna ando in pezzi alle vibrazioni soniche; il Professore allontano i frammenti con un calcio senza fermarsi, traendo suoni secchi e carezzevoli dalle ossa. Un’altra canna si spezzo con una scarica luminosa. Quasar lancio un altro grido. Il Mago svani in una negazione di luce. Il palco si muto in un nebbioso azzurro cupo di mezzanotte. Dal buio provenne un dolce, tranquillo fraseggio di musica antica.

Jase applaudi, sorpreso. Non c’erano teste chine fra il pubblico: nessuno avrebbe potuto dormire durante un’esecuzione del genere. Indugio, con la voglia si ascoltare ancora. D’un tratto vide Jeri Halpren sorridergli con aria trionfante. Ma continuo lo stesso ad ascoltare.

La musica veleggio in reami piu caldi; i cubi rullarono un pulsare illanguidito. Quasar canto una ballata d’amore, lenta e intima, che richiamo alla mente di Jase, per la prima volta in molti anni, l’immagine di se stesso seduto sulla riva di un fiume nel Settore Mediano con una compagna di giochi, una ragazzina dagli occhi verdi come rane, dai capelli gialli come raggi di sole che continuavano a ricaderle sul viso. La canzone seguente li condusse nel gelido spazio scintillante. I suoni si librarono nella tenebra notturna: le perpetue scariche di statica, il mormorio di metallo gelido di un’astronave aliena alla deriva, uno spruzzo di eruzioni solari, il debole e costante pulsare della coscienza: il battito del cuore. L’arpa a canne passava di colore in colore. I cubi risplendevano luminosamente di gas stellare. Le note si raccoglievano in un unico suono; la voce di Quasar echeggiava colori increspati dall’aura del Mago. Uno schema lotto per emergere dalla nebbia, emerse finalmente mentre il Mago si perdeva in maree cangianti: la gentile, misurata musica del passato.

Il palco divenne rosa; i musicisti si ritirarono per rifarsi il trucco. Jase si allontano nel disciplinato silenzio di Averno, ancora sorpreso. “Dovro raccontarlo a Sidney Halleck”, si disse. “Non avrei mai creduto che mi piacesse.”

Ritorno al Mozzo. Ancora un piccolo, fastidioso dettaglio e poteva andare a letto. Tutti quanti, penso scontrosamente, sono cosi maledettamente innocenti. Persino il poliziotto convocato su Averno non provava affatto l’impulso di nascondersi per il rimorso; voleva divertirsi. “Se non c’e niente di cui preoccuparsi”, penso, “perche mi

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