Jeffries aveva indagato con discrezione per verificare la possibilita di una fuga di dati dall’IIS. Se era da li che l’assassino aveva preso le sue informazioni, parecchie persone avrebbero voluto sapere come ci era riuscito.
«Secondo il parere provvisorio del comandante Jeffries, e improbabile che questa linea di indagine si riveli fruttuosa.»
«Chiedo scusa, ma non ho portato il dizionario di burocratese…»
«Non fare lo scemo, Tom.»
Thorne si strinse nelle spalle. Sembrava che Jeffries provenisse dallo stesso posto che aveva prodotto il sovrintendente Trevor Jesmond. «Sono tutt’orecchi.»
Brigstocke getto un’occhiata al foglio che aveva sulla scrivania, leggendo rapidamente ad alta voce. «“Le persone che hanno accesso al sistema lavorano all’interno dell’edificio del quartier generale, nonche nei dodici uffici regionali di Londra, Yorkshire, Midlands, eccetera eccetera…”»
Thorne gemette. «Stiamo parlando di centinaia di persone…»
«Migliaia. Controllarle tutti richiederebbe una quantita di uomini di cui non disporremo mai.»
Thorne annui. «Quindi, anche se la linea d’indagine dovesse rivelarsi fruttuosa, i frutti non si vedrebbero molto in fretta.» Prese il bicchiere di plastica vuoto che si trovava sulla scrivania di Brigstocke, si volto e miro al cestino della carta straccia.
«Gia» disse Brigstocke.
Thorne manco il bersaglio di quasi mezzo metro. Torno a voltarsi verso l’ispettore capo. «E se si trattasse di un hacker?»
«Porca miseria, qualche migliaio di sospetti e gia abbastanza, perche vuoi farli diventare milioni?»
«Non lo voglio affatto, ma se il sistema non e sicuro…»
«Se quel sistema non e sicuro, parecchie persone riceveranno un bel calcio nel culo. L’IIS contiene informazioni dettagliate su tutti i prigionieri del paese, terroristi compresi. Se dovessimo scoprire che qualcuno e riuscito a penetrare nel database, per qualunque motivo… Cristo, il caso di Douglas Remfry arriverebbe in parlamento.»
«Ma stanno controllando, comunque?»
«Per quel che ne so…»
«Hanno dei programmi che li avvisano se qualcuno si e introdotto nel sistema, giusto? Come una specie di allarme.»
«Non chiederlo a me» disse Brigstocke. «Io a malapena sono capace di mandare un’e-mail.»
Fino a poco tempo prima, anche Thorne si trovava nella stessa situazione, ma poi si era messo d’impegno ed era finalmente riuscito a familiarizzare con la moderna tecnologia. Aveva perfino acquistato un computer per casa, anche se per il momento non l’aveva usato molto.
«Quindi, da una parte abbiamo la scarsita di risorse umane e dall’altra un delicato problema a livello politico. Il comandante Jeffries ha qualche suggerimento su quel che possiamo fare?»
Brigstocke si tolse gli occhiali, asciugo il sudore dalla montatura con un fazzoletto e se li rimise. «No, ma ce l’ho io. Secondo me ci sono altri modi in cui l’assassino puo avere ottenuto le informazioni che cercava su Remfry.»
«Continua…»
«Per esempio, potrebbe averle ottenute dalla famiglia. Trova il nome della madre sull’elenco telefonico, la chiama e le dice di essere un vecchio amico del figlio, che vorrebbe andare a trovarlo in prigione…» Thorne annui. Era possibile. «Una volta scoperto in quale carcere si trova Remfry e quando e previsto il suo rilascio, comincia a mandare le lettere…»
«E scopre tutto solo con una telefonata alla madre di Remfry?»
«La madre di Remfry… o forse un membro dello staff della prigione. Quel che voglio dire e che ci sono altre piste che potremmo seguire.»
«Qual e il movente, Russell? E la domanda importante cui non abbiamo ancora risposto. Perche Remfry e stato ucciso?»
Brigstocke sbuffo, spingendosi indietro sulla sedia. «E che ne so! Comunque varrebbe la pena di fare un’altra chiacchierata con la signora Remfry…»
Qualcosa, in cio che Brigstocke aveva detto, aveva fatto accelerare le pulsazioni di Thorne. Appena un secondo… come il viso di qualcuno in sogno, come un oggetto noto visto da un’angolazione insolita… sparito prima che lui potesse riconoscerlo per cio che era.
Thorne stava ancora cercando di risolvere quel dilemma, quando disse: «Sto seguendo anche un’altra pista. Qualcosa che ha a che fare con quelle foto».
Brigstocke si chino in avanti, inarcando un sopracciglio.
«Ti terro al corrente, se scopro qualcosa» disse Thorne. Guardo l’orologio. «Cazzo, sono in ritardo…»
Il cellulare di Holland squillo proprio mentre lui attraversava la strada per andare a farsi la solita pinta prima di pranzo. Andy Stone lo fisso con la stessa espressione con cui erano soliti guardarlo gli altri colleghi, quando notavano la sua faccia all’apparire della parola “casa” sul display del cellulare.
«Merda» disse Holland.
Stone fece qualche passo verso la porta del pub, poi si fermo. «Ne ordino una anche per te, Dave?»
Holland premette il bottone per rispondere e si porto il cellulare all’orecchio. In quel momento incrocio lo sguardo di Stone e gli fece segno di no con la testa.
Sophie stava ancora piangendo, quando venti minuti dopo lui entro in casa.
«Cosa c’e?» chiese, passandole un braccio intorno alle spalle e conoscendo in anticipo la risposta.
«Nulla. Mi dispiace, so che non avrei dovuto chiamarti…» Le parole gli si infilarono nel colletto insieme alle lacrime di lei.
«E tutto a posto, non preoccuparti. Ascolta, ho solo un quarto d’ora, ma possiamo mangiare qualcosa insieme. Tornero al lavoro quando ti sentirai piu calma.»
Mancavano meno di tre mesi al parto. Era facile imputare agli ormoni quegli sbalzi di umore settimanali, ma Holland sapeva che c’era anche dell’altro. Sapeva che Sophie aveva paura. Paura della scelta che lui avrebbe fatto tra lei e il lavoro. Paura che lui si sentisse costretto da lei a fare quella scelta. Paura che il bambino non bastasse a convincerlo a scegliere lei.
Holland sapeva tutto questo perche anche lui aveva paura. Piu di lei.
Si sedettero sul divano e rimasero abbracciati finche Sophie si fu calmata. Holland le parlo a bassa voce, sentendo il contatto con la sua pancia dura, in cui cresceva il bambino, e tenendo d’occhio lo scorrere dei minuti sul display del videoregistratore di fronte a loro.
«Thorne.»
«Buongiorno, sono Eve Bloom.»
Lui ci mise qualche secondo a ricordare dove aveva gia sentito quel nome e quella voce. «Oh, buongiorno. Mi scusi, ero distratto. Pensavo gia al pranzo.»
«Ho chiamato nel momento sbagliato? Se e cosi…»
«No, no, va benissimo. Che cosa posso fare per lei?»
«Oh, ecco… volevo sapere come stavano andando le indagini. E una cosa stupida, visto che non ho la piu pallida idea di cosa stiate cercando, ma… ero curiosa di sapere se la cassetta che avete prelevato dal mio negozio vi ha aiutati in qualche modo a risolvere il caso.»
Thorne ricordava la nota divertita nella voce della donna. E stavolta fu contento di sentirla.
«Capisco, ma io avrei dovuto trovarmi in un posto gia dieci minuti fa…»
«Non c’e alcun problema, non intendevo disturbarla adesso…»
«Come?»
«Vogliamo pranzare insieme, sabato? Lei potra farmi qualche insulsa domanda sulle segreterie telefoniche e, con la scusa che io sto ancora collaborando con la polizia nelle indagini, mettere tutto in rimborso spese. Va bene a mezzogiorno e mezzo?»
Thorne chiuse la comunicazione pochi minuti dopo, proprio mentre Yvonne Kitson entrava in ufficio. «Come mai quel sorriso?» gli chiese l’ispettrice.