la riconobbe dalla voce. Sicura di se, divertita. E fu subito chiaro che anche lei lo aveva riconosciuto.

«Bene, possiamo far arrivare su ordinazione quelle particolari specie, signor Thorne. Ma l’avverto, le costera molto caro…»

Lui rise, esaminandola per alcuni secondi. E capi che lei stava facendo la stessa cosa con lui, anche se sembrava occupata con i fiori.

Era alta circa un metro e sessanta, o forse meno, e portava i capelli biondi fermati sulla nuca da una grossa molletta di legno. Sotto il grembiule marrone indossava jeans e una felpa. Aveva il viso lentigginoso e il sorriso rivelava uno spazio tra i due incisivi superiori.

Thorne ebbe subito voglia di vederla senza i jeans.

L’uomo dietro il bancone aveva preso in mano un block-notes. «Devo fare un ordine, Eve? Per i crisantemi e le altre cose?»

Lei poso la composizione floreale, si sfilo il grembiule da sopra la testa e sorrise. «No, Keith, lascia perdere.» Poi si volto verso Thorne. «C’e una piccola sala da te proprio dietro l’angolo. Servono un te con gli scone da urlo. Cosa ne dice? Con una bella giornata come oggi, possiamo anche far finta di essere nel Devon, o in qualche posto del genere…»

Mentre si dirigevano verso la sala da te, lei non smise un attimo di parlare. «Keith mi aiuta il sabato mattina. E bravissimo con i fiori ed e simpatico ai clienti. Il resto della settimana me la cavo da sola, ma il sabato devo preparare le composizioni per i matrimoni, sistemare le fatture, gli ordini e tutto il resto. Oggi, pero, Keith puo occuparsi del negozio da solo, mentre noi ci rimpinziamo. Non e un genio, povero caro, ma lavora come un matto per… be’, praticamente per niente, se devo essere sincera.»

«E che cosa fa Keith nel resto del tempo?» chiese Thorne. «Quando non e sfruttato da lei, voglio dire.»

Eve sorrise, stringendosi nelle spalle. «A dire la verita, non lo so di preciso. Credo che si occupi della madre. Forse e una donna ricca, perche lui non sembra mai a corto di denaro. Se lavora nel mio negozio non e certo per soldi, visto quello che lo pago. Dio, ho una tale voglia di una tazza di te…»

Il locale in cui entrarono era terribilmente kitsch, con le tovaglie a quadretti, servizi di tazze art deco e radio di bachelite su scaffali e davanzali. Il te arrivo quasi subito. Eve riempi la propria tazza di Earl Grey e quella di Thorne di monkey tea, poi spalmo una generosa dose di burro e marmellata su uno scone e sorrise.

«Ascolti, se vuole dire qualcosa, le conviene farlo mentre sono occupata a mangiare. So che tendo a parlare un po’ troppo…»

«L’uomo che ha lasciato quel messaggio sulla sua segreteria telefonica si e mai piu fatto vivo?» Eve lo fisso, confusa. «Sono le domande che mi servono per giustificare questo incontro e mettere il pranzo nel rimborso spese, come ha suggerito lei» spiego Thorne.

Eve si schiari la voce. «No, signor ispettore. Purtroppo non ho mai piu avuto notizie di quell’uomo.»

«Grazie. Se le viene in mente qualcos’altro su di lui, si fara viva, vero? Ed e inutile che le dica che preferiremmo che non lasciasse il paese…»

Lei rise, infilandosi in bocca l’ultimo pezzo di scone. Quando lo ebbe trangugiato, fisso Thorne negli occhi, riparandosi con una mano dal sole che entrava dalla vetrata. «Mi sembra di capire che non l’avete ancora preso. Ha ucciso qualcuno?»

Thorne degluti. «Ecco, non credo di poter…»

«Sto solo facendo due piu due, in realta. So che e un uomo, perche ho sentito la sua voce, e lei mi ha detto di far parte dell’Unita per i Reati Gravi, percio immagino che non lo stiate cercando perche non ha restituito i libri presi in prestito alla biblioteca del quartiere.»

Thorne si verso un’altra tazza di te. «Si, ha ucciso qualcuno. No, non l’abbiamo ancora preso.»

«E lo prenderete?»

Thorne verso del te anche a lei.

«Perche quell’uomo ha scelto proprio me per ordinare una corona di fiori?» chiese Eve.

«Credo che abbia preso un nome a caso sulle Pagine Gialle» rispose Thorne. Ne avevano trovata una copia nel comodino. Era piena di impronte digitali, ma Thorne dubitava che ce ne fosse qualcuna dell’assassino.

«Sapevo che non avrei dovuto scegliere la pubblicita con il riquadro» disse lei, facendo una smorfia.

Benche Eve parlasse molto di piu e molto piu rapidamente di lui, nell’ora che segui Thorne chiacchiero con lei piu di quanto avesse fatto con chiunque da molto tempo. Era un pezzo che non si sentiva cosi a suo agio con una donna.

«Quando sara il matrimonio?» chiese Eve, mentre una cameriera portava via i piatti. Thorne rimase sorpreso nel constatare quante cose si erano detti e con quale facilita erano passati a darsi del tu. «Tra una settimana precisa, il prossimo sabato. Cristo, preferirei salire sul patibolo…»

«Non vai d’accordo con tuo cugino?»

Thorne sorrise alla cameriera, che aveva appoggiato il conto sul tavolo. «Lo conosco appena. Se adesso entrasse qui probabilmente non lo riconoscerei neppure. E solo un dovere di famiglia, capisci…»

«Gia. Puoi sceglierti gli amici, ma non i parenti…»

«I tuoi sono come i miei, allora?»

Lei spazzo via alcune briciole dalla tovaglia, facendole cadere per terra. «Tuo cugino ha la tua stessa eta?»

«No, zia Eileen e molto piu giovane di mio padre e Trevor dovrebbe avere una trentina d’anni, credo…»

«E tu?»

Thorne apri il portafoglio e appoggio quindici sterline sul tavolo. «Vuoi sapere quanti anni ho? Quarantadue. Anzi, quarantatre fra… Cristo, dieci giorni.»

Lei rimise a posto una ciocca di capelli che si era liberata dal fermaglio. «Non ti diro che ne dimostri meno perche suona sempre falso, ma guardandoti direi che devono essere stati quarantatre anni interessanti.»

Thorne annui. «Ti ringrazio, ma tanto perche tu lo sappia… non mi importa anche se suona falso.»

Lei sorrise, infilandosi un paio di occhiali da sole con la montatura oblunga. «Quaranta, allora. Forse trentanove.»

Thorne si alzo, prendendo la giacca di pelle dallo schienale della sedia. «Cosi va meglio.»

Una volta tornati nel negozio, si scambiarono i biglietti da visita, si strinsero la mano e si trattennero sulla soglia, un po’ imbarazzati. Thorne si guardo intorno. «Forse dovrei prendere una pianta, che ne dici?»

Eve si chino e sollevo un vaso di metallo a forma di secchio in miniatura, da cui sporgeva una pianta che sembrava un cactus. «Ti piace questa?»

Thorne non ne era tanto sicuro. «Quanto ti devo?»

«Nulla. Considerala un regalo di compleanno anticipato.»

Lui la esamino con attenzione. «Grazie.»

«E un’aloe vera.»

Thorne annui. Noto che Keith li osservava da dietro il bancone. «Allora sara perfetta per lo shampoo…»

«Le foglie contengono una sostanza ottima per rimarginare tagli e piccole ferite.»

Thorne fisso le spine che sporgevano dalle foglie lanceolate. «Sono certo che mi sara utile, allora.»

Uscirono sul marciapiede e di nuovo avvertirono una punta di imbarazzo. Thorne noto uno scooter argenteo parcheggiato accanto al negozio. Era una Vespa ultimo modello. «E tua?»

Lei scosse la testa. «No, e di Keith.» Poi indico un edificio dall’altra parte della strada. «Io abito li.»

Thorne allora noto anche il furgone bianco dietro il quale aveva parcheggiato la sua Mondeo. Il nome del negozio era dipinto sulla fiancata con le stesse lettere verdi a mo’ di rampicante dell’insegna.

«Avrei potuto fare solo la fioraia, credo» disse lei. «Mi piace tutto cio che sboccia.»

Thorne penso ad altre cose che potevano sbocciare e che forse non le sarebbero piaciute, ma non disse nulla per non rovinare l’atmosfera. «Hai scelto l’attivita giusta, allora» disse.

E penso: “Lividi, tumori, macchie di sangue…”.

Per la quarta volta in un’ora, Welch si trovo a rispondere alle stesse stupide domande.

«Data di nascita?»

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