Lei lo fisso con la fronte aggrottata. «Stronzate» bofonchio.
Thorne si sfrego le braccia attraverso la giacca di pelle. Poteva anche essere l’estate piu calda degli ultimi anni, ma a quell’ora del mattino l’aria era ancora decisamente frizzante.
«Il mestiere di fioraio sta perdendo il suo fascino, dunque?»
Lei bevve un sorso di te. «Alcuni aspetti del mio lavoro mi stanno un po’ sulle palle, devo ammetterlo.»
Si fecero da parte per lasciar passare un carrello pieno di scatole lunghe e colorate. L’uomo che lo spingeva strizzo l’occhio a Eve e rise quando lei gli mostro il dito medio. Poi lei si volto verso Thorne. «Tu, invece, ami tutto del tuo lavoro?»
«No, non tutto. Farei volentieri a meno delle autopsie, degli accerchiamenti armati, o dei seminari per consolidare il lavoro di squadra… Ma nel complesso penso di amarlo.»
Vide apparire sul volto di Eve il primo accenno di un sorriso. Stava cominciando a divertirsi. «Lo ami, forse, ma secondo me non ne sei innamorato.»
«Esatto» annui Thorne. «Ho qualche problema con gli impegni a lungo termine.»
Lei soffio sul te. «Maschio tipico» commento, impassibile. Poi rise, scoprendo lo spazio tra gli incisivi che a Thorne piaceva tanto.
Passarono in rassegna metodicamente tutto il vasto mercato coperto, un settore dopo l’altro, lei davanti, lui un passo indietro, con in mano un bicchiere di te scuro. Thorne stava a poco a poco tornando alla vita e si guardava intorno, facendo attenzione a tutto…
Le grida e i fischi di venditori e clienti, che echeggiavano in quel capannone gigantesco. Le banconote da venti e da cinquanta sterline contate in fretta. I facchini in giubbotto verde fluorescente che guidavano rumorosi carrelli da carico o spostavano scatoloni. I colori, la merce, le insegne, i berretti di pile e le giacche imbottite dei clienti… il tutto immerso nel bagliore ronzante di migliaia di lampade al neon, che pendevano dalle travi sopra le loro teste.
Eve Bloom, ovviamente, conosceva ogni palmo di quella superficie due volte piu grande di un campo da calcio. Sapeva dove trovare ogni grossista, ogni specialista, dove comprare i vasi, dove i bulbi, dove le cianfrusaglie varie.
Thorne la osservava mentre faceva le ordinazioni, contrattava il prezzo e salutava i fornitori.
«Tutto bene, Evie?»
«Come va, dolcezza…?»
«Oh, eccoti qui! Ma dove ti eri nascosta?»
Thorne si rese conto che Eve, a dispetto di quanto gli aveva detto prima, amava anche quell’aspetto del suo lavoro. Il suo sorriso era immediato, il buonumore contagioso.
Mezz’ora dopo aveva finito e i facchini fecero a gara per portare i suoi acquisti fino al punto in cui era parcheggiato il furgone bianco con la scritta verde. Lei domando a Thorne se quel giro al mercato gli fosse piaciuto e lui rispose di si. Tuttavia, anche se era rimasto impressionato dalla competenza di Eve e dal suo entusiasmo, la sua mente sognava solo un sandwich alla pancetta…
Mezz’ora dopo, quel sogno divenne un’untuosa realta, ed Eve gli fece compagnia, divorando salsicce, uova e patate con un appetito da camionista. Forse quella non era la sua colazione preferita, ma il locale non offriva alternative piu salutari.
«Lo fai spesso?» chiese Thorne.
«Cosa, ostruirmi le arterie con questa roba o alzarmi quando e ancora buio?»
«Il mercato…»
«Solo una volta alla settimana, grazie a Dio. Alcuni fiorai ci vengono ogni due o tre giorni, ma io preferisco di gran lunga restarmene a letto.»
Thorne bevve un sorso di te. Nelle due ore o poco piu trascorse con Eve, aveva bevuto piu te che in un’intera settimana. Lo sentiva sciabordare nello stomaco, come acqua sporca sul fondo di un bidone.
«Quindi quello che hai comprato stamattina ti durera per tutta la settimana?»
«Se fosse cosi, vorrebbe dire che gli affari vanno malissimo. No, il resto della roba mi arriva direttamente dall’Olanda. C’e un olandese pazzo con un grosso furgone che passa il venerdi e fa il giro di tutti i piccoli fiorai della parte orientale di Londra. Mi costa un po’ piu che venire qui di persona, ma cosi posso dormire, percio me ne frego.»
Eve infilo la mano nel suo zainetto di pelle, estraendone un pacchetto di Silk Cut. Lo tese a Thorne. «Ne vuoi una?»
«No, grazie.» Risposta non del tutto vera. Thorne aveva smesso di fumare quindici anni prima, ma gli capitava ancora di avere voglia di una sigaretta.
Lei accese e aspiro una lunga boccata, facendo scendere il fumo nei polmoni ed esalandolo lentamente, con un sospiro appagato. «Lunedi prossimo e il tuo compleanno, giusto?»
«Hai una buona memoria» si stupi Thorne. «La mia peggiora con il passare degli anni.» Fece una smorfia di finto dispiacere. «Grazie per avermi ricordato che sto invecchiando.»
Una scintilla gli si accese di colpo nella mente, ma si spense subito. C’era qualcosa che cercava di ricordare, qualcosa che sapeva essere importante per il caso Remfry. Qualcosa che aveva letto. O forse qualcosa che non aveva letto…
Torno a guardare Eve, che gli aveva appena rivolto la parola. «Scusami, cosa…?»
Lei si chino verso di lui. «Sarebbe un bel regalo di compleanno se riuscissi a risolvere il caso, eh?»
Thorne annui lentamente e sorrise. «In realta, avevo intenzione di comprarmi alcuni CD…»
Lei ruoto la punta della sigaretta contro il bordo del portacenere. «Non ti piace parlare del tuo lavoro, vero?»
Lui la fisso per qualche istante, prima di rispondere. «Ci sono cose di cui non posso parlare, soprattutto con te, che in qualche modo sei implicata nella faccenda. E cio di cui, invece, posso parlare non e molto eccitante.»
«Credi che mi annoierei, come tu ti sei annoiato durante il giro che ti ho fatto fare al mercato?»
«Non mi sono affatto annoiato…»
«I criminali che interroghi mentono da schifo come fai tu?»
Thorne rise. «Magari!»
Eve schiaccio la sigaretta nel portacenere, si appoggio allo schienale della sedia e disse: «Mi interessa. Quello che fai, voglio dire».
Lui si ricordo di come si era sentito quando avevano parlato in quella sala da te. Era passato molto tempo dall’ultima volta in cui aveva parlato cosi con una donna. E ancora piu tempo da quando aveva parlato del suo lavoro. «I casi di omicidio si raffreddano in fretta.»
«Percio e importante catturare l’assassino al piu presto?»
Thorne annui. «Di solito, se c’e la possibilita di venire a capo della faccenda, il risultato si raggiunge nel giro di pochi giorni. E qui sono gia passate due settimane…»
«Non si sa mai…»
«Purtroppo, invece, si sa.»
Lei spinse indietro la sedia e si alzo in piedi. «Devo andare in bagno. Ho bevuto troppo te.»
Si allontano e Thorne si mise a guardare fuori dalla vetrata fumosa. La caffetteria si trovava in una traversa tra Wandsworth Road e Nine Elms Lane. Dal suo tavolo, Thorne vedeva il traffico dell’ora di punta che scorreva lentamente sul ponte di Vauxhall. Decine di persone dirette a nord, verso Victoria e Piccadilly, o a sud, verso Camberwell o Clapham. Verso negozi, uffici o magazzini dove si sarebbero lamentate e avrebbero fatto le solite battute sul lunedi. Ma non avrebbero passato la giornata cercando inutilmente di catturare un assassino.
Cio nonostante, Thorne non avrebbe voluto essere al loro posto.
Eve torno proprio mentre stava passando il treno per Waterloo. «Ho dimenticato di chiedertelo. Come sta la pianta?» chiese, alzando la voce per sovrastare il rumore.
«La pianta?»
«L’aloe…»
A Thorne ritorno in mente la visione che lo aveva accolto quella mattina, quando era entrato nel soggiorno all’alba, con gli occhi ancora semichiusi per il sonno: Elvis, accucciata sul secchio di metallo in modo da non pungersi con le spine, lo aveva fissato prima di pisciare con gusto sui sassolini bianchi che coprivano la terra